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ADDIO GIORGIO SQUINZI, BENEFATTORE DEL CICLISMO


La scomparsa di Giorgio Squinzi ha lasciato l’amaro in bocca a tutti gli appassionati di ciclismo. Chi è che non ha mai sentito parlare, per almeno una volta nella vita, del glorioso team Mapei, squadra che non è mai passata inosservata nel gruppo dal 1994 al 2002. Una formazione capace di competere su tutti i terreni, e che ha trovato, nel corso degli anni, particolare fortuna nel Nord Europa, con i tantissimi successi ottenuti sui muri del Fiandre e sulle pietre della Parigi-Roubaix.

Era il 1994 quando Mapei entra in gruppo. La squadra può vantare corridori come Franco Ballerini, Andrea Tafi, Valerio Tebaldi, Gianluca Bortolami, Daniele Nardello, Andrea Noè e Fernando Escartin. Era solo l’inizio di una squadra che, nel corso degli anni, avrebbe dominato il ciclismo mondiale. E’ difficile fare paragoni con il presente, ma la formazione messa in piedi dal patron Giorgio Squinzi è stata inarrivabile.

Abraham Olano, Tony Rominger, Johan Museeuw, Franck Vandenbroucke, Adriano baffi, Dario Nicoletti, Davide Bramati, Gianni Bugno, Oscar Camenzind, Gianni Faresin, Nico Mattan, Stefano Zanini, Giuliano Figueras, Pavel Tonkov, Michele Bartoli, Paolo Bettini, Rinaldo Nocentini, Luca Scinto, Fabian Cancellara, Daniele Bennati, Stefano Garzelli, Stijn Devolder, Luca Paolini, Filippo Pozzato, Michael Rogers, Cadel Evans. Sono nomi messi in ordine sparso, e chiaramente non sono tutti, ma ci fanno capire quanto sia stata grande la Mapei nel corso di questi lunghi anni.

Senza dubbio, l’immagine più iconica di Mapei nel ciclismo è la famosa tripletta ottenuta alla Parigi-Roubaix 1996: primo Johan Museeuw, secondo Gianluca Bortolami, terzo Andrea Tafi. La Mapei fece di nuovo tripletta nel 1998, con primo Ballerini, secondo Tafi, terzo Wilfried Peeters.

La Mapei era la squadra più forte sulle classiche del pavé, una tradizione che attualmente viene portata avanti dalla Deceuninck-Quick Step, che nel corso degli anni ha preso in mano l’eredità della Mapei da quando, negli ultimi anni di sponsorizzazione, Quick Step divenne il secondo nome della squadra, diventando Mapei-Quick Step. Un legame con il nord Europa fortissimo, viste le 5 vittorie della Mapei alla Parigi-Roubaix e i due successi al Giro delle Fiandre.

Giorgio Squinzi decise di lasciare il ciclismo nel 2002. «Al ciclismo – spiegò Squinzi nel momento di lasciare questo sport – abbiamo dato molto in questo decennio; ma abbiamo anche ricevuto tanto in termini di soddisfazioni agonistiche. Nel movimento si intravedono finalmente segnali di cambiamento, indispensabili per ridare allo sport della bici quella credibilità che la sua popolarità e la sua storia meritano: ma si tratta di segnali ancora troppo deboli, di progressi lenti, rispetto alla gravità della situazione, non più tale da giustificare un impegno come il nostro». Squinzi ha lamentato poi «amarezza per essere stati troppe volte incompresi e non di rado osteggiati per quanto abbiamo cercato di fare e per i nuovi modelli che abbiamo proposto, sia nell’organizzazione della squadra, sia riguardo la lotta al doping. Rimane pure l’ amarezza di non poter vedere pienamente i frutti dell’ importante impegno che ci ha portato alla creazione di un gruppo di professionisti molto giovani, cresciuti nella logica che, mi auguro, possa caratterizzare il ciclismo del futuro; e il dispiacere di non aver mai vinto Sanremo e Tour, uniche perle che mancavano al nostro palmarès»

La stampa generalista ricorderà senza dubbio Squinzi come un imprenditore visionario, capace di portare il Sassuolo calcio dalla serie C2 alla sede A, ma noi vogliamo ricordarlo per aver creato da zero una squadra di ciclismo che ha regalato gioie immense all’Italia. Ed è curioso vedere come la divisa Mapei sia ancora una delle più ricercate da chi ama andare in bici, quasi come fosse un oggetto di culto.

Tutti i rivenditori Mapei, tra l’altro, venivano omaggiati con delle divise di questa squadra, e una leggenda nata nell’ambiente del ciclismo vorrebbe che tutti i rivenditori che amavano uscire in bici venivano invitati a pedalare con quella divisa. Del resto, anche da qui nasce il senso di appartenenza ad un gruppo così importante.

A cura di Carlo Gugliotta per InBici Magazine

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