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GINO GAROIA, STORIA DI UNA CARRIERA DEDICATA AI GIOVANI


Da circa 50 anni aiuta i ragazzi a diventare uomini e in alcuni casi grandi ciclisti. Lui è Gino Garoia, l’attuale presidente della società Unione Ciclistica Scat Forlì che, dal 1947 (anno della sua fondazione) ad oggi, ha accolto fior di corridori, da Ercole Baldini a Matteo Montaguti. 

La sua passione parte da lontano, da quando – negli anni ’80 – visse una memorabile esperienza alla Giacobazzi fino alla chiusura del team nel 1992, anno in cui un certo Marco Pantani vinse il Giro d’Italia Dilettanti. 

Fu coinvolto in questa avventura da un suo caro amico, Pino Roncucci, altro nome legato a doppio filo all’epopea del Pirata. 

Dal 1988 al 1992 ricoprì la carica di vicepresidente del team. Si doveva spostare spesso tra Forlì e Nonantola per sbrigare le varie pratiche burocratiche e il mercoledì ed il giovedì portava i ciclisti, assieme al Direttore Sportivo Bosi, alle corse. Il team, a quei tempi, era forte e molti ciclisti desideravano correre sotto le insegne gloriose della Giacobazzi. 

Il presidente Giancarlo Giacobazzi durante un’intervista disse: “Nel ciclismo ci vogliono muscoli, forza, volontà e sacrificio, ma soprattutto bisogna vincere!”. E il team in quegli anni vinse tantissimo. 

Con queste premesse il giovane Pantani scelse la Giacobazzi e arrivò con la fama di scalatore molto forte. Roncucci che era al timone della squadra, oltre ad essere il Ds, fu un secondo padre per Marco e Gino un valido supporto. 

Gino ricorda Pantani come “un solitario” al quale non faceva difetto una certa maturità. Sempre concentrato sui suoi obbiettivi, desiderava vincere il Giro d’Italia Baby ed era capace di divorare gli spaghetti con tre mastelline di miele per avere la forza di affrontare le dure salite. 

All’epoca il meccanico era Lelli e Marco era già molto esigente: gli chiedeva di alzare la sella, cambiare la pipa, aggiustare la forcella, insomma era già meticoloso e consapevole dell’importanza di avere la giusta postura sulla bici. 

Nel 1991 Pantani chiese e ottenne da Walter Dosi (fornitore ufficiale 1990-1991 delle biciclette del Team Giacobazzi) la sua prima bici fatta a misura che doveva essere molto leggera. 

Gino, che lo seguiva in moto, ricorda quando Pantani a fine agosto nella gara Gran Premio Città di Meldola, durante una discesa impegnativa all’ultimo giro, si permise di fermarsi per cambiare la bicicletta che si era rotta sotto l’incessante pedalata del fuoriclasse. Pantani vinse, anzi stravinse quella corsa, con un bel vantaggio contro l’intero, temibilissimo squadrone della “Zalf EuromobilFior”. 

Pantani diventò un campione e Gino continuò a seguirlo come super-tifoso. 

Nel Giro del 1994 l’allora presentatore Vianello non parlava spesso in tv del giovane campione e allora Gino inviò un telegramma alla Rai nel quale si lamentava che non si parlasse mai di Pantani (Vianello lesse il telegramma di Gino in diretta TV). 

In un’altra circostanza (tappa Merano-Aprica) Gino, non potendo avvicinarsi al traguardo per le troppe persone presenti, si mise a circa un chilometro dall’arrivo e Pantani – quando passò – lo salutò e gli diede un cinque. Riuscire ad individuare una persona amica tra le migliaia di spettatori assiepati lungo i lati della strada, fa capire quanto riuscisse a restare lucido nonostante il grande sforzo. 

Gino seguì Pantani per tutta la sua brillante carriera e dopo di lui continuò a crescere giovani ciclisti credendo fermamente in questo grande sport educativo e ricco di valori. 

Per l’anniversario dei 50 anni della Scat, Gino decise di invitare l’angelo della montagna – il leggendario Charly Gaul – che era scomparso dalle scene pubbliche da circa 25 anni. 

Grazie alla sua tenacia riuscì in questa impresa e, durante un’intervista, lo scalatore lussemburghese disse che non era mai venuto in Italia “semplicemente perché nessuno mi ha mai invitato” e, indicando Gino, aggiunse “lui è un mio grande amico…”. 

Gino riuscì anche a mettere in contatto i due scalatori più forti di tutti i tempi Charly Gaul e Marco Pantani e fra loro, malgrado il gap generazionale, nacque una bella amicizia. 

L’ultima volta che Charly fu visto in pubblico fu al funerale di Pantani e in quell’occasione disse: “Ora che è sceso dalla bicicletta posso dirlo, forse lui era più forte di me”. 

Oggi, anche a causa del coronavirus, i ciclisti sono pochi ma Gino si è fatto una promessa: “Fino a quando vivrò la Scat rimarrà aperta”. 

Il grande pregio di Gino, oltre alla lunga esperienza, è sempre stato quello di stare vicino ai ragazzi che vanno piano: “L’importante – ripete sempre – è che facciano le cose con serietà”. 

Per raccontarlo in maniera fedele estrapoliamo qualche verso di una lettera scritta da un suo ex corridore e tratto dal libro “GREGARI SI DIVENTA – vietato arrendersi): “Gino è un grande uomo che ama profondamente il ciclismo, che ha passato gran parte della sua vita in favore di questo sport… Spesso come volontario che mette a disposizione degli atleti il suo tempo prezioso e la sua lunga esperienza! Il suo carattere è forte e caparbio, a volte cocciuto, ma fa sempre valere le sue opinioni e i suoi pensieri; a Gino piace questo mondo e a me piacciono gli uomini come ‘GINO’ che non si fanno scrupoli per dare una mano ai giovani e agli altri in generale. Concludo dicendo che Gino ha una passione infinita per questo sport che gli ha permesso di conoscere grandi campioni e di allenare tanti giovani senza mai chiedere nulla in cambio. 

A cura di Sergio Biunno Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata

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