Le giornate, al Giro d’Italia, a volte si evolvono in modo strano. Iniziano con delle notizie, magari non troppo buone, e terminano con altre che ti fanno dimenticare quello che è successo precedentemente. Una bella Cuneo-Pinerolo, non paragonabile a quella vinta da Fausto Coppi ma comunque vivace, ha finalmente acceso un Giro d’Italia che sembrava essere aperto solo ai velocisti. E infatti questi ultimi, quando hanno visto la strada impennarsi, hanno deciso di tagliare la corda. Già me li immagino, dopo il traguardo di ieri: “C’è una salita da affrontare? Non ci pensiamo neanche a soffrire. Meglio andare a preparare il Tour”.
Elia Viviani ha preso una decisione che è stata, probabilmente, una diretta conseguenza del fatto che per tutto il Giro d’Italia non è mai riuscito a raggiungere il top della forma. In volata cambiava traiettoria, non si fidava dei suoi compagni e quelli della giuria gli hanno pure tolto (giustamente) un successo. E’ difficile da affrontare tutto questo, meglio abbandonare il Giro, in barba alla maglia tricolore.
Ma ancora peggiore è stato il gesto di Caleb Ewan. Il “vinco e mi ritiro”, per il tifoso del ciclismo, è quasi paragonabile a un tradimento. Fino a ieri ci hai fatti divertire e oggi non ci sei più? E così anche i tifosi sono costretti a ingoiare bocconi amari.
Poi, alla fine della tappa, vedi esultare un ragazzo che non è mai stato un vincente. Uno di quelli che devono fare fatica quando le telecamere sono ancora spente: perché il ciclismo è uno sport di squadra, e il gregario deve rispettare certe gerarchie. Cesare Benedetti lo sa bene: una vita passata tra NetApp e Bora-hansgrohe, sempre a lavorare per gli altri. Cosa puoi fare quando in squadra hai Sagan, Formolo e Majka? Nulla, lavorare per loro. E guai a prenderti una giornata libera. Gli obiettivi sono tanti, ci sono anche le volate con Ackermann.
Benedetti non disobbedisce: ha la giornata libera, va in fuga, attacca, va in crisi, si gestisce e vince in maniera formidabile. I tanti anni vissuti come gregario si trasformano in una giornata di gloria.
Molto probabilmente, da domani, le luci della ribalta per Benedetti si spegneranno. Ma, forse, questa vittoria non è venuta a caso. Quelli che dicono “vinco e poi mi ritiro” dovrebbero imparare da gente come Benedetti e Cataldo, che ogni giorno si sacrificano e che ogni tanto hanno una libera uscita. Il ciclismo è saper soffrire, saper conquistare il traguardo. Questa è la sua essenza. Ecco perché non bisogna mai mollare.
A cura di Carlo Gugliotta per InBici Magazine