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Joya Ecuatoriana


E’ accaduto tutto all’improvviso.

Le nuvole, la pioggia, la maglia bianca davanti a tutti. E’ esploso tutto in pochi minuti, nemmeno il tempo di girare lo sguardo per capire chi del gruppo stesse tirando per cercare di andare a riprendere l’ultimo fuggitivo di giornata, l’olandese Koen Bouwman. A lui sono mancati mille, stupidissimi, metri per completare il miracolo iniziato la mattina presto. Qualche colpo di pedale, qualche curva e poi l’arrivo, ma il miracolo è rimasto incompiuto. A scongiurarlo, un’intuizione. 

L’intuizione geniale di uno scatto bruciante, inaspettato, incontrollato. E incontrollabile. Richard Carapaz, maglia Movistar coperta dalla Maglia Bianca di miglior giovane.

Richard viene dall’Ecuador, paese dalla scarna storia ciclistica, ma che, probabilmente, sta impazzendo grazie a questo ragazzino dal viso da uomo maturo.
E’ chiamato “Joya Ecuatoriana”, e non potrebbe esserci termine più adatto a questo ragazzo unico. Cresciuto ciclisticamente in Colombia, dove ha anche iniziato a vincere, e ha estasiato la gente, che lo ha subito amato. In suo onore, è nata una squadra, che porta anche il suo nome, dove corrono 15 ragazzini dai 6 ai 14 anni. Per loro, Richard, è un idolo, un mito, qualcuno da cui imparare. Forse avranno le sue foto appese in camera, come il migliore degli esempi da seguire.

Richard, non un nome prettamente ispanico, è già di per sé una storia speciale. Questo Giro d’Italia si sta dimostrando un forziere stracolmo, in questo senso. Un’azione come la sua, non è comune, non è per tutti. Coraggio, da sfidare i grandi. Sfacciataggine, da scattare loro in faccia. Resistenza, da arrivare la traguardo da solo, sotto il diluvio.

Qui, a Montevergine, è già accaduta una consacrazione. Nel 2004, Damiano Cunego vinse sullo stesso traguardo, andando ad indossare la Maglia Rosa. Montevergine che, anche quell’anno, era il secondo arrivo in salita del Giro e che ha lanciato un futuro campione. Non si può che augurare lo stesso a questo ragazzino dal viso da uomo, ormai già diventato grande. Ma grande veramente.

A cura di Giulia Scala per InBici Magazine

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