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L’ITALIA CHIAMÒ


Sono lastre di marmo di lunghezza variabile, la più corta è due metri. Sono squadrate e irregolari, sembrano le fondamenta di tante case. E, in un certo senso, è proprio così.

Questa performance di Land Art, si chiama Cretto di Burri, e nasce dalle ceneri della città vecchia di Gibellina, distrutta durante il sisma del Belice. A questa catastrofe ancora viva negli occhi degli abitanti della zona, ferita ancora aperta nel territorio, è dedicata questa frazione.

Ma oggi, che c’è così tanto bisogno di ricordare, c’è anche un’altra storia importante. Oggi, nel 2011, il Giro si era fermato, per lunghi chilometri di sofferenza, per la perdita di Wouter Weylandt. Oggi, nel 2018, il tempo sembra volato via, come i palloncini che riempiono i cieli durante i giorni di festa, ma Wouter non lascerà mai il gruppo. Il ciclismo ha grande memoria, sa sempre chi ha bisogno di una coccola, e lo va a trovare.

Avrebbe forse bisogno di un abbraccio Andrea Vendrame, ventitré anni, maglia Androni Giocattoli Sidermec. In fuga sin dal mattino, assieme a Didier, Zhupa e Mullen, è stato ripreso a tre chilometri dal traguardo. Sarebbe stato bello vederlo primo al traguardo, come un riscatto da quel brutto incidente di due anni fa, che gli ha lasciato qualche cicatrice. Il Giro è lungo, la voglia è tanta. Chissà.

“Sarebbe bello se oggi, più che mai, vincesse un corridore italiano” si diceva in giro. E’ bastato pensarlo. E’ bastato Enrico Battaglin, che il Giro d’Italia lo ama alla follia. Ed è un sentimento ricambiato. Perché Enrico ha vinto al Giro nel 2013 e nel 2014. Poi uno stop, di quattro anni. Emozionato e senza parole dopo il traguardo, forse ancora incredulo e incapace di realizzare quello che è riuscito a fare, Enrico ha stappato lo spumante e se lo è goduto tutto, sempre con la sua riservata dignità. Bravo Enrico, ci eri mancato.

Secondo è arrivato Giovanni Visconti, il cui sangue parla il dialetto locale. Non proprio stretto, perché le sue origini sono in parte siciliane sì, ma di Palermo. Però, quanta gente per lui lungo tutto il percorso. Papà Nino in primis. A 500 metri dall’arrivo ha tentato il colpo grosso, dopo aver lavorato per il capitano. Le energie erano ancora lì, ha provato, non è andata, va bene così.

L’umiltà del gregario la riconosci subito, e in Giovanni grida, grida forte.

“Sarebbe bello se oggi vincesse un corridore italiano”. In effetti è stato bello, bellissimo.

Oggi è la vigilia dell’Etna, c’è adrenalina pura nelle gambe di Pozzovivo e Aru, lì davanti fino alla fine. “Io ci sono” dicono agli altri.

E’ la vigilia dell’Etna, la vigilia di un versante inedito, duro, con gli “attributi”. Non tutti lo hanno provato, e a volte, il “buona la prima” potrebbe essere anche la chiave giusta. Vedremo chi sapranno risparmiare quelle rampe micidiali.

Tanta ancora la gente sulle strade, tante le speranze di veder brillare il tricolore agli arrivi di tappa. Siamo già a tre. Dunque, l’Italia chiamò, e il Giro ha risposto sì!

E infine, un pensiero a L.D, motociclista del servizio d’ordine di Agrigento, vittima di un grave incidente. E’ stato operato, tutt’ora è ricoverato in gravi condizioni, ma lotta. Tenga duro, come un ciclista sull’Etna.

A cura di Giulia Scala per InBici Magazine

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