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PANTANI, CONSULENTI FAMIGLIA: “NON ERA SOLO AL MOMENTO DELLA MORTE”


“Qualcuno era con lui quando la morte è arrivata”. Così Umberto Rapetto, già generale di brigata della guardia di finanza, davanti alla Commissione parlamentare antimafia parlando della morte del ciclista Marco Pantani. Rapetto ha fatto riferimento in particolare “delle macchie di sangue” e di come, al momento del ritrovamento del cadavere, “era posto il braccio: non si può pensare che sia stato lo stesso ciclista a spostarlo”.
“Pantani sapeva benissimo, lo diceva lui stesso, che tutti i prelievi per i test antidoping venivano fatti sui primi dieci. Non sarebbe mai stato cosi’ stupido da esporsi ad un rischio cosi’ grande”. Lo hanno detto oggi in audizione davanti alla Commissione Antimafia, il generale Rapetto e l’avvocato Cocco, consulenti della famiglia Pantani. “Delle 10 provette – hanno fatto notare i consulenti – una sola è stata trattata secondo procedura, le altre non risultavano conformi agli standard. Tutto questo merita comunque un approfondimento per capire se il ciclista era effettivamente dopato o no”. I risultati dei controlli antidoping portarono il Pirata all’esclusione dal Giro d’Italia del ’99.

I consulenti della famiglia Pantani, il generale Rapetto e l’avvocato Cocco, auditi oggi in Commissione Antimafia, hanno evidenziato una serie di ambiguità relative alle analisi che seguirono la morte del Pirata. In particolare, una sulla quale si sono soffermati riguarda i prelievi effettuati dal medico legale, il dottor Giuseppe Fortuni, dell’Università di Bologna.

“Il dottore racconta che quando ha terminato le operazioni relative all’autopsia – ha detto Rapetto – si è sentito seguito (solo dopo ha capito che si trattava di giornalisti) e anziché portare il cuore e i campioni nella struttura ospedaliera se li è portati a casa, in una cantina che aveva un frigo idoneo per la conservazione dei prelievi. Certo, nelle procedure di gestione tutto questo suona inconsueto”.

Altre ambiguità, secondo i consulenti, sono legate al ritrovamento del corpo del Pirata che, secondo quanto riportava la stampa del tempo “presentava solo microscopiche ecchimosi”. E ancora, “il dottor Fortuni escluse la morte per l’uso dei farmaci, che sarebbero solo una concausa, la concentrazione di antidepressivi era modesta. Un’altra perizia dice invece che ci sarebbe stata una overdose da psicofarmaci: delle due l’una”, osservano i consulenti della famiglia.

La tesi dei consulenti è che la camorra possa aver voluto la morte del Pirata per motivi legati alle scommesse clandestine. Di questo è traccia persino in una vecchia intercettazione tra un ex detenuto e Renato Vallanzasca.

 

Fonte: ANSA

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