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SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO: L’UCI RIFLETTE SU SE STESSA


Zurigo è una bellissima città, di fondazione medievale, centro bancario e finanziario della Svizzera ma oseremmo dire anche mondiale. Nelle sue linee della metro, del tram e della ferrovia che non sgarra nemmeno di un secondo, nella parte sotterranea si viaggia costeggiando muri dove si immagina al di là ci siano nascosti forzieri carichi di lingotti d’oro.

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È una città d’affari e di banche dove si corre in continuo senza soluzione di continuità. Ma dal punto di vista sportivo sembra alquanto sonnacchiosa. Venerdì nella corsa degli under23, la gente che si soffermava a vedere la gara non era tantissima. I divieti qui in Svizzera infatti sono davvero infiniti, parlando di sport.

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Niente camper lungo il percorso come si è invece abituati a vedere nei mondiali del Nord Europa o nelle classiche del Nord o al Giro e al Tour de France. I camper sono da poveracci e sia mai che si possa rovinare l’erba rigogliosa e verdeggiante dei prati svizzeri dove allegramente pascolano le mucche pronte a produrre il latte, ingrediente necessario al confezionamento di tavolette di profumato cioccolato fondente.

Ma soprattutto i parcheggi li devi pagare a peso d’oro. A Zurigo, in questo mondiale svizzero, l’unica cosa gratis e in abbondanza che c’è, è la pioggia assieme al vento e al freddo. Da almeno una settimana i corridori ci devono convivere. La pioggia il comitato organizzatore di questo mondiale sfortunato, funestato dalla morte improvvisa della povera Muriel Furriel, non la può fermare.

È scesa copiosa su quasi tutte le gare comprese le paraolimpiche. Forse la data della collocazione dei mondiali sarebbe davvero da rivedere così come le partenze e gli arrivi delle gare. Dislocazione complicata quella di Zurigo, dove più o meno ogni giorno cambiava il posto di partenza.

Per quasi una settimana al Media Centre tutti i delegati mondiali della UCI si sono riuniti per il congresso annuale e affrontare tematiche legate ai calendari, alle discipline in continuo aggiornamento, alla sicurezza e alle tante problematiche del ciclismo.

Troppe volte in questa UCI si guarda alla lunghezza del calzino o alle strisciate sulle maglie, all’iper innovazione tecnologica per poi scoprire che si stava meglio quando si stava peggio. Non si può essere sempre rigorosamente schiavi degli sponsor ma è necessario agevolare il lavoro dei team, dei corridori, dei tifosi e anche dei giornalisti.

La partenza di una gara a quindici chilometri da dove è collocato il traguardo ti costringe ad una scelta: meglio intervistare i corridori alla partenza o beccarli in modo sparuto all’arrivo sempre che arrivino tutti? Lo stesso vale per i tifosi: meglio una foto strappata alla partenza o veder sfilare un arrivo dove il corridore lo vedi solo in cartolina?

Il ciclismo resta l’ultimo sport romantico dove puoi ancora avvicinare l’atleta e farti la foto o dargli un incitamento. Perché trasformare il ciclismo nel braccio “violento” dello sport come accade nel calcio senza permettere il contatto dei corridori con i propri tifosi?

Nel congresso dell’UCI si è discusso come tornare al passato. Quando nel 1996 Giuliano Figueras vinse a Lugano il primo campionato del mondo under23 sembrava di assistere a una rivoluzione. Dopo quasi trent’anni ci si è accorti che forse era stata fatta una scelta per certi aspetti non del tutto corretta.

Nei decenni l’under 23 ha preso una piega strana, con il rischio di far scomparire questa categoria, assieme a numerose squadre ormai quasi alla chiusura dei battenti. Tanto che proprio in questi giorni a Zurigo si sta in un certo senso tornando indietro. Si al mondiale under23 ma non con corridori professionisti di team world tour e professional.

Si discute anche se allargare la categoria junior alzandola alla under21. Il ciclismo è in continua evoluzione però alcune regole del passato andrebbero ancora rispettate. Come le famose radioline. Se ne parla tanto. Sicurezza per i corridori o corridori telecomandati da dicesse, tecnici e ammiraglie?

Intanto si pensa al mondiale in Rwanda….il ciclismo allarga la sua famiglia ma deve ancora sistemare il suo cuore, quello in Europa.

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A cura della redazione di Inbici News24 e Tina Ruggeri
Copyright © Riproduzione Riservata Inbici Media Group

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