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TRENTIN: “I DS ITALIANI NON CAPISCONO CHE CICLOCROSS E PISTA FANNO BENE”


Finalmente ce l’ha fatta. Matteo Trentin ha inseguito davvero a lungo questa vittoria al Tour de France con la maglia di campione d’Europa: “ci ho provato praticamente su ogni terreno: in salita, in pianura e in volata. Oggi era la giornata perfetta per lanciare degli attacchi da lontano e ci ho provato. Ottenere così tanti piazzamenti mi ha confermato di stare bene, ma è stato anche frustrante”.

Al traguardo, Trentin ha baciato una catenina che portava al collo. Era del suo bisnonno, e ci sono sopra dei ciondoli legati alle persone più importanti della sua vita, come sua nonna, la sua compagna Claudia e i suoi figli. “Bisogna partire dal presupposto che il ciclismo, di questi tempi, non ti permette di essere al 99%, ma devi essere al 100%. Magari qualche volta ho sbagliato io, a volte ho avuto sfortuna, possono essere tanti fattori che mi hanno impedito di vincere. Certo, non alzare mai le braccia al cielo ti fa girare le scatole”.

Nelle prime tappe del Tour de France, Matteo Trentin ha lanciato parecchie “frecciatine” ai direttori sportivi italiani, in quanto molti di questi preferiscono non far fare attività diverse dal ciclismo su strada ai propri ragazzi: “In Italia c’è un grande problema che riguarda la multidisciplinarietà – spiega Trentin – e riguarda solo la nostra nazione. Io ho sempre corso in squadre piccole quando ero Juniores e Under 23 perchè altrimenti i direttori sportivi non mi avrebbero fatto fare ciclocross. E non andavo malissimo, me la cavavo: ho anche ottenuto un terzo posto in Coppa del Mondo. Questo, ovviamente, non riguarda solo il ciclocross, ma anche la pista o la mountain bike. Andiamo a vedere chi ha vinto, quest’anno, le varie tappe del Tour: quasi tutti, nel loro passato, hanno fatto una disciplina diversa dalla strada. Alaphilippe ha fatto ciclocross, Viviani pista, Sagan mountain bike e ciclocross, per non parlare di Van Aert e di Teunissen. All’estero tutti sanno che fare multidisciplina fa bene, solo in Italia non si riesce a far capire questa cosa ai direttori sportivi, anche se è una cosa conclamata. Io, personalmente, vado da solo a fare qualche gara di ciclocross in inverno, poche ma ci vado, ed è frustrante vedere 100 Allievi al via che, quando passano Juniores, se tutto va bene diventano 40. Bisogna fare qualcosa”.

La vittoria di Matteo Trentin è la seconda ottenuta dall’Italia in questo Tour de France dopo quella di Elia Viviani. A questo bottino, bisogna aggiungere la maglia gialla di Giulio Ciccone: “Ci manca un grande interprete nei grandi giri che possa fare da successore a Nibali. Spero che Aru possa riprendersi e sarebbe bello magari avere una o due squadre World Tour: noi emigranti di lusso, però, ce la stiamo cavando bene. Insomma, la situazione del ciclismo italiano è tutt’altro che disastrosa”.

Il campione europeo della Mitchelton-Scott, tornando a parlare della tappa, spiega: “Sicuramente, il corridore più pericoloso nella fuga era Asgreen, sapevo che era in ottima forma ed era pericoloso anche al momento del mio attacco sull’ultima salita. Essere da solo in salita è stato un vantaggio per me perché ho potuto imporre il mio ritmo, mi sono detto: “all in”, tutto o niente”.

Infine, il problema del grande caldo che ieri ha reso difficile la tappa: “Anche oggi alla partenza c’era davvero molto caldo, ero partito con del ghiaccio sotto il casco e nei calzini. Ho cercato in tutti i modi di tenere bassa la temperatura del mio corpo. La pioggia è stata come una piccola doccia, ha reso un po’ più semplice il finale”.

 

Da Gap, Carlo Gugliotta per InBici Magazine

 

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