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TESTATO PER VOI AIR-LINER, L’INSERTO ANTIFORATURA DI VITTORIA


di Ezio freakrider Baggioli

Sono un utilizzatore degli inserti Air-Liner dalla loro nascita. Appena li applicai nei pneumatici della mia E-Mtb fu come la folgorazione di San Paolo sulla via di Damasco. So che il paragone potrà sembrare azzardato ma ci ho creduto subito visto gli innegabili vantaggi in termini di guida e salvaguardia del cerchio.

Gli inserti non sono un sistema antiforatura come spesso erroneamente alcuni pensano. Hanno tutt’altra funzione: in primis, quello di innalzare il livello di godimento nelle vostre uscite in MTB a picchi sconosciuti.

Ho sempre reso tubeless i pneumatici che monto sulle gravel, ma mi è sempre mancato qualcosa in fuoristrada: la pressione di esercizio è sempre troppo alta e la guida ne risente così come la mia colonna vertebrale che scricchiola come una casa infestata dai fantasmi (che sia il fantasma della gioventù?) togliendomi una bella fetta di divertimento.

Trovare il punto di bilanciamento per una pressione delle gomme che possa essere soddisfacente in and out è quasi come fare un terno al lotto: anelavo l’avvento di un inserto Gravel e sono stato premiato.

Vittoria Gomme, forte della sua consolidata esperienza con gli Air liner (ormai un must nel mondo E-MTB), ha prodotto un inserto per le gommine delle baldanzose Gravel che stanno vivendo un momento di particolare spolvero nel mercato della bicicletta.

Aperto il sacchetto che li contengono, mi son trovato di fronte due inserti che non avevano alcun grado di parentela costruttiva con quelli dedicati al mondo fuoristrada a parte il colore di Kermit la Rana del muppet show: minimali come una gravel è nell’anima. Per lo show il tempo non era ancora arrivato visto che avrei dovuto tagliarli a misura in base alla dimensione del cerchio, in questo caso un 650B.

Il montaggio richiede poco tempo, basta avere un taglierino, una confezione di cianoacrilato per incollare le estremità e un punteruolo per fare passare la fascetta di sicurezza contenuta nella confezione in buona compagnia di una valvola tubeless dedicata. Per completare l’opera una dose generosa di liquido sigillante e, dopo una shakerata vigorosa agli inserti, il nostro cocktail Gravel è pronto.

Se avete poca dimestichezza con queste operazioni credo che sia sempre cosa buona e giusta rivolgervi al vostro Biketender di fiducia.

A questo punto ho preparato la mia E-cavalcatura e ho iniziato a giocare con i numeri: quale sarebbe stata la pressione ideale anteriore e posteriore in relazione con il mio percorso di riferimento? In maniera fin troppo empirica ho deciso di stare a 2,7 bar al posteriore e 2,2 bar all’anteriore in relazione al ridotto volume dato dall’inserto. Per questo percorso davo 1,6 bar in più ma avevo deciso di puntare ad un confort adeguato e ad una trazione superba. In ogni caso, se non avessi osato, non avrei mai avuto i riscontri di cui vi sto rendendo partecipi.

Adoro l’autunno. Quel viscidume che al mattino si adagia infido sui sentieri mentre si risvegliano dalla bruma che lucida le radici come fossero stivali da corazziere sempre pronte a rammentarvi che la bicicletta è il postulato della insostenibile precarietà dell’equilibrio, mi fa l’effetto di una moka da dodici a colazione. Le condizioni di precarietà mi esaltano. Devi riporre la tua fiducia su un paio di gommine semi slick per le quali non daresti una banconota del Monopoli salvo poi ricrederti al primo giardino di radici.

Aveva piovuto tutta la notte in modalità incessante quindi al mattino di buon ora mi aspettava una scivolosissima ed umida uscita… che altro desiderare?

Dopo un tratto di asfalto trasformato dalle piogge in un canale scolmatore, sono entrato nel bosco. Nonostante il fondo pesante e pozzanghere grandi come piscine olimpioniche, la pressione delle gomme non tradisce. La guida era fluida, il confort decisamente di altro livello e, consapevole di avere i salsicciotti pur quanto minimali a dare man forte, il pacchetto mi consentiva di guidare senza alcun timore. Le gomme mi regalavano fiducia ed io aumentavo la velocità in ogni condizione che il tracciato mi proponeva.

Hanno digerito di tutto, radici, pietraie, strade bianche in realtà color caffellatte dove lo slalom per evitare le piscine di fango era l’esercizio del giorno. Insomma a parte essere una pizza di fango infreddolito quanto basta, avevo nel volto un sorriso scolpito.

La mia E-cavalcatura con le tarature che avevo scelto mi pareva essere un altro mezzo. Vuoi che fosse un effetto placebo? Dopo aver percorso una settantina di chilometri, ho avuto la voglia di percorrere un single track simpaticamente insidioso quando asciutto; in modalità umida diventa un percorso dove bisogna essere sempre felpati e muoversi come un gatto sul corrimano di un balcone. Peccato che io mi sia mosso come un elefante in un negozio di cristalleria: sentendomi invincibile grazie ai superpoteri dei salsicciotti, sono sceso da un tratto di gradini naturali abbelliti da un muschio smeraldo con molta decisione. Risultato: gomma posteriore che sembrava la sacca di una zampogna floscia, liquido sigillante sparso a nuvolette sul telaio e sulle mie scarpe. Ovviamente avevo una camera di emergenza ma, date le generose razioni di liquido all’interno delle gomme, ho deciso di giocarmi una bomboletta di CO2. Nulla. il taglio era probabilmente troppo grande e la gomma di riprendere vigore non ne aveva intenzione.

Quindi ho pensato, mettendomi i guanti di lattice, che la soluzione era la buona vecchia camera d’aria poiché temevo che l’inserto – essendo totalmente diverso da quello MTB – non ce la potesse fare a riportarmi a casa. Ma non sono riuscito a stallonare il copertone, non c’era verso, vuoi per le condizioni in cui versava la gomma che al tatto sembrava un’anguilla, vuoi per la mia inefficienza. Quindi ho scelto di tornare a casa in quello stato: mi separavano diciotto chilometri e qualche centinaio di metri di cui almeno la metà in fuoristrada. Se fosse peggiorata la condizione avrei fatto come ET, avrei chiamato casa…

Temevo in cuor mio che si stazzonasse il copertoncino dato che ha lo spessore di un’ostia ma più passavano i metri e più mi fidavo. L’inserto stava facendo il suo sporco lavoro, mi stava salvando il cerchio e il rotolamento non era poi tanto male. Guidavo sulle uova, appena mi si parava una buca mi alzavo per evitare ogni sorta di problema.

Dopo una decina di chilometri in fuoristrada che nella mia mente erano eroici come la ritirata di Napoleone dalla Russia, mi sono ritrovato finalmente sull’asfalto. Terreno che non amo ma in questo caso benvenuto!

Sono riuscito a mantenere una velocità di 25 chilometri orari e visto che le prove vanno fatte fino in fondo ho mancato i cinquanta all’ora per un chilometro in un tratto di discesa. Avevo riposto molta fiducia nel salsicciotto… che in questo caso mi ha riportato a casa. La E-gravel che stavo utilizzando pesa 18 kg ed io 90 per cui posso sostenere senza contestazione alcuna che il loro compito lo hanno svolto discretamente.

Certo se il profilo fosse come quello dell’Air liner da MTB avrei concluso il giro tranquillamente: in questo frangente sono tornato con una certa apprensione ma, dopo aver finalmente tolto il copertone, ho controllato il cerchio che non ha avuto alcun danno e ho trovato L’airliner Gravel intonso.

Il problema è dato dalle gomme che non hanno spalla a sufficienza: ritengo che per la mia visione Gravel sia necessario rivedere questo aspetto creando carcasse che siano più massicce e, nello specifico, delle E-Gravel dove il peso è un fattore relativo, un salsicciotto più corposo sarebbe auspicabile e necessario.

Il fatto di essere tornato a casa senza dover chiamare in soccorso i caschi blu dell’ONU fa tanto onore al prodotto. Impedisce di stallonare anche ad alte velocità e questa è una nota di merito per la sicurezza. Ovvio che potrei dire che con le camere d’aria hai meno problemi, niente lattice e difficoltà nel togliere il copertoncino. Credo che il gravel necessiti di un’evoluzione votata al fuoristrada anche non leggero, quindi ben vengano gli Airliner.

a cura di Ezio freakrider Baggioli – Copyright © iNBiCi magazine

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