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ALIMENTA LA TUA SALUTE. ZUCCHERO E DOLCIFICANTI , QUELLO CHE C’È DA SAPERE


Perché siamo attratti dal sapore dolce?

Desiderare e consumare fonti naturali di zucchero ogni volta che venivano reperite nell’ambiente esterno ha permesso alla specie umana di formare scorte di grasso e aumentare le probabilità di sopravvivenza durante periodi di carestia. Per questo motivo, grazie all’evoluzione, abbiamo sviluppato un sistema della ricompensa cerebrale o “via mesolimbica dopaminergica” che collega il consumo di zuccheri al rilascio di dopamina e a sensazioni di piacere nel cervello che avrebbero spinto l’essere umano a ripetere l’azione vantaggiosa di consumarli.

Questo meccanismo è risultato conveniente finché il cibo è rimasto scarso, ma adesso che viviamo nell’abbondanza alimentare con gli zuccheri aggiunti (saccarosio e sciroppo di mais) che sono ormai penetrati nei cibi di ogni angolo del mondo, rischia di ritorcersi contro noi stessi perché la specie umana non si è ancora adattata agli eccessi. Ne consumiamo troppi in ogni caso e abusarne altera i meccanismi di autocontrollo dell’organismo sviluppando una vera e propria dipendenza.

Zucchero-dipendenza

Al giorno d’oggi la raffinazione dello zucchero crea una sostanza chimica in forma di cristalli puri e bianchi caratterizzati per creare dipendenza e avere effetti psicoattivi simili alle droghe d’abuso. Lo dimostrano studi sperimentali condotti su modelli animali murini i quali indotti prima al consumo di zucchero e posti successivamente di fronte alla scelta se continuare a consumare acqua zuccherata oppure scegliere mangime per roditori standard, continuano inconfutabilmente ad abbuffarsi della bevanda zuccherina. Smettono di fare ciò, manifestando sintomi di astinenza, soltanto dopo somministrazione di naloxone, un farmaco antagonista degli oppioidi che viene generalmente somministrato in casi di overdose.

Questo dimostra che quella da zucchero è una vera e propria dipendenza la quale si viene ad instaurare nei confronti di oppioidi endogeni rilasciati dall’organismo in risposta all’assunzione di zucchero. Il consumo cronico inoltre innesca modifiche neurochimiche – come la diminuzione dei recettori della dopamina – tali per cui dosi via via crescenti di zucchero occorrono per ottenere lo stessa sensazione di piacere iniziale e quando si smette di consumarlo, il “deficit di dopamina” creato nel cervello induce al consumo compulsivo di zucchero per evitare sintomi di astinenza come: iperattività, distrazione, diminuzione delle capacità intellettive e depressione.

Dolcificanti: una falsa promessa per la salute

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda una quantità massima di zuccheri pari al 10% delle calorie giornaliere assunte, ma gran parte della popolazione supera questa soglia, soprattutto bambini. Difronte alle numerose evidenze scientifiche che collegano il consumo eccessivo di saccarosio e bevande zuccherate a obesità, malattie metaboliche ed altri esiti avversi sulla salute, in molti si astengono dagli zuccheri e li rimpiazzano con dolcificanti artificiali come strategia popolare per salvaguardare la salute e gestire il peso corporeo. Infatti, poiché questi dolcificanti – aspartame, acesulfame-potassio, saccarina, sucralosio, glicosidi steviolici, neotame, advantame – contengono poche o zero calorie, ci si potrebbe aspettare che possano contribuire a risparmiare energia e quindi a dimagrire senza però rinunciare al piacere del gusto dolce e all’appetibilità di cibi e bevande.

La loro diffusione nell’industria alimentare è aumentata a dismisura: dalla bustina per addolcire il caffè, alle bibite, succhi di frutta, yogurt, biscotti, barrette energetiche, marmellate, caramelle e gomme da masticare, tutti prodotti etichettati come “light” o “senza zuccheri”, nella convinzione generale che siano surrogati sani dello zucchero con il potenziale di combattere l’aumento mondiale del diabete e dell’obesità. Ma allora come mai, nonostante l’ampia diffusione di tali prodotti “dietetici”, la prevalenza globale dell’obesità e delle malattie metaboliche continua a crescere? Quali sono le reali conseguenze del consumo di questi sapori ingegnerizzati sulla salute e peso corporeo? Rimane ancora un argomento molto dibattuto all’interno della comunità scientifica, ma è da escludere che i dolcificanti siano composti inerti per l’organismo. Infatti molte evidenze scientifiche li associano a disregolazione metabolica, alterazione dell’appetito e degli stimoli di fame e sazietà, obesità, sindrome metabolica e diabete di tipo II.

Perché i surrogati dello zucchero non sono migliori

Non contengono calorie ma sono fino a migliaia di volte più dolci del saccarosio e capaci di influenzare negativamente diversi processi fisiologici coinvolti nella regolazione del peso corporeo. Dopo l’ingestione, l’informazione gustativa è regolarmente recepita dai recettori del gusto dolce T1R2/T1R3 presenti nelle papille gustative della cavità orale, ma il messaggio biochimico veicolato è falsato perché tale sapore, sebbene così intenso e persistente, non è coerentemente associato alla presenza di nutrienti e calorie per l’organismo. Di conseguenza i meccanismi endocrini e nervosi che consentono di processare il cibo e regolarne l’assunzione si alterano, perturbando la risposta dell’organismo all’ingestione e riducendo la secrezione degli ormoni della sazietà. Anche l’impatto sul cervello non è positivo, perché nonostante la loro dolcezza intensa, attivano debolmente il sistema della ricompensa e gratificazione cerebrale, alimentando la ricerca di ulteriore cibo per essere più soddisfatti. Dunque, il rischio che si incorre consumando cibi dolcificati è di andare in contro ad una compensazione energetica, ovvero l’organismo reso così insaziabile e insoddisfatto, tenderà entro breve tempo a ricercare altro cibo e ad incamerare più calorie di quanto realmente necessiti, aumentando in questo modo il peso corporeo.

Ad aggravare queste conseguenze biologiche concorre anche il meccanismo psicologico per cui ingerire bibite o snack zero calorie consenta di risparmiare calorie e quindi autorizzi automaticamente a mangiare porzioni maggiori di cibo e a concedersi “sgarri” in più. Forse l’unico indiscutibile vantaggio dei dolcificanti è che aiutano a ridurre le carie dentali grazie alla loro capacità di inibire la crescita microbica dei patogeni parodontali. Il problema però è che questo effetto batteriostatico non è limitato agli abitanti microbici della bocca, ma si estende anche a quelli nell’intestino, fondamentali per molti aspetti della salute come metabolismo, bilancio energetico e sistema immunitario. A tal proposito è stato dimostrato che l’esposizione a saccarina modifica la composizione dei taxa batterici del microbiota intestinale aumentando il rapporto firmicutes/bacteroidetes, marcatore tipico dell’intestino di soggetti affetti da obesità.

Si ritiene che questa disbiosi prodotta sia responsabile di alterare il modo in cui l’organismo metabolizza gli zuccheri, promuovendo intolleranza al glucosio, obesità e diabete di tipo II. Vi sono anche prove preoccupanti che i dolcificanti possano influenzare lo sviluppo delle preferenze per gusti dolci nei bambini. Contrariamente alle aspettative, questo problema origina molto precocemente perché l’imprinting dei gusti inizia durante lo sviluppo fetale, per cui una alimentazione materna ricca di dolcificanti potrebbe formare la preferenza per gusti dolci nel proprio bambino e avere importanti implicazioni per il suo futuro dal momento che si associa ad una elevata probabilità di sviluppare precocemente sovrappeso e obesità.

Ascolta la Dott.ssa Isabella Lelli 

a cura della Dott.ssa Isabella Lelli biologa nutrizionista – Copyright © Inbici Magazine ©Riproduzione Riservata

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