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ANCONA. SUCCESSO ED INTERESSE AL CONVEGNO “LE COMPETIZIONI CICLISTICHE SU STRADA” NEL NOME DELLA SICUREZZA


Ad Ancona si è svolto il convegno “Le competizioni ciclistiche su strada” ospitato presso la Sala Terzo Censi CONI al Palaprometeo, grazie alla proficua sintonia tra la Polizia di Stato e la Federazione Ciclistica Italiana.

L’interessante iniziativa, in omaggio ai 75 anni dalla nascita della Polizia Stradale, ha rivolto la sua attenzione su argomenti di estremo interesse riguardo alla riuscita delle manifestazioni sportive per la salvaguardia del risultato sportivo e alla sicurezza degli atleti, nel rispetto di tutte le normative vigenti.

Alla presenza agli addetti alla sicurezza nelle gare ciclistiche tesserati in vari ruoli con la Federazione Ciclistica Italiana, agli organizzatori di gare ciclistiche affiliati alla FCI agli organizzatori di gare ciclistiche affiliati alla FCI, i temi affrontati sono stati il panorama normativo, i rapporti con gli Enti territoriali e le Autorità di Pubblica Sicurezza, gli aspetti di safety e di security, la gestione delle gare sotto il controllo del direttore di corsa e del caposcorta.

Sono intervenuti nel dibattito Darco Pellos (Prefetto di Ancona), Cesare Capocasa (Questore di Ancona), Michele Rocchegiani (Prefetto di Fermo), la dott.ssa Maria Primicieri (Comandante Regionale Dirigente Superiore della Polizia di Stato), Rita Padovani (Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato), Eugenio Amorosa (Dirigente Polizia Stradale sezione di Trieste), Mauro Vegni (direttore dell’Area Ciclismo di RCS Sport), Raffaele Babini (direttore di corsa e collaboratore di RCS Sport Ciclismo), Lino Secchi (presidente del comitato regionale FCI Marche) e la dott.ssa Ornella Lupo (Capo Gabinetto della Questura di Ancona e Primo Dirigente della Polizia di Stato).

Dott.ssa Maria Primiceri: “La Polizia Stradale è impegnata nel garantire le scorte agli eventi ciclistici e continua a lavorare in sinergia con tutti gli attori istituzionali e con la Federazione Ciclistica Italiana per garantire sicurezza. Questo significa mettere insieme le professionalità e la formazione tecnica di tutti coloro che intervengono nell’organizzazione e nell’esecuzione dei servizi di scorta delle gare, affinché sia garantita la sicurezza non solo degli atleti ma anche degli spettatori e degli utenti della strada. È una tradizione che qui nelle Marche si sta riproducendo nel tempo con ottimi risultati. I pericoli possono arrivare dalla mancata informazione alle popolazioni circa i percorsi e il mancato controllo degli incroci. Questa è una tipologia di lavoro preventiva per evitare qualsiasi difficoltà degli utenti nelle strade. Oltre alle gare, cerchiamo di tenere sotto controllo anche l’attività non agonistica a traffico aperto. Manca la consapevolezza della pericolosità della propria condotta di guida. Come compartimenti della Polizia Stradale, in tutta Italia, siamo impegnati nelle campagne di prevenzione che iniziano fin dalle scuole primarie per far crescere i nostri futuri cittadini e gli automobilisti nella maniera migliore e nel rispetto delle regole. Purtroppo nella popolazione adulta abbiamo degli atteggiamenti di superficialità che denotano una scarsa consapevolezza del rischio”.

Lino Secchi: “Le principali problematiche legate alla gestione della sicurezza sono diverse tra le varie manifestazioni. Negli eventi come Tirreno-Adriatico e Giro d’Italia c’è un percorso ben consolidato e ben definito con Questure, Prefetture e Forze dell’Ordine. Abbiamo tante gare di livello inferiore che sono ancora più complesse da gestire dal punto di vista organizzativo ed hanno lo stesso format per quanto riguarda la sicurezza. Ci sono iter diversi tra la preparazione delle autorizzazioni, il rilascio dei decreti di sospensione della circolazione temporanea del traffico, disponibilità di personale che deve essere adottato per la sicurezza come le scorte tecniche e gli Asa. Questo è un dettaglio che ha bisogno di essere uniformato a livello regionale. Credo che il convegno voluto dalla Federazione Ciclistica Italiana con la collaborazione della Polizia Stradale, possa essere un punto di partenza per fare dei tavoli di concertazione, in cui stabilire quali sono le linee da portare avanti per semplificare gli iter autorizzativi e dare più certezze a chi organizza le gare. Ci sono degli aspetti che non condividiamo di fronte ai gruppi di ciclisti amatoriali. Gli incidenti più gravi si verificano quando i ciclisti viaggiano da soli e recentemente ci ha lasciato Davide Rebellin mentre si allenava vicino casa per conto proprio. Su questo stiamo lavorando di concerto con la commissione dei Direttori di Corsa e la FCI per rivedere il codice della strada e dare protezione agli utenti deboli della strada come i ciclisti e i pedoni. Serve l’obbligo al rispetto della distanza di 1,5 metri quando si sorpassa una bici, garantire ai giovani allenamenti protetti con una sorta di autorizzazione, nell’intento di tranquillizzare le famiglie che affidano i figli alle società sportive. La tutela del ciclista deve essere anche materia nella scuola guida perché bisogna sapere come comportarsi quando ci si trova al passaggio di una manifestazione ciclistica”.

Mauro Vegni: “La sicurezza diventa un elemento imprescindibile perché ne vale della credibilità di un organizzatore e di un evento. Sulla sicurezza investiamo tanto come Giro d’Italia sia in risorse umane che economiche. Il rischio è legato maggiormente alla circolazione viaria. Il Giro per il suo appeal mediatico ha un maggior occhio di riguardo. Nelle gare minori, le attenzioni sono rivolte sulle piccole organizzazioni che fanno veramente i salti mortali. La precarietà della sicurezza all’infuori della gara, visti gli ultimi accadimenti, allontana i ragazzi all’utilizzo per la bicicletta e diventano un motivo in più di preoccupazione per i genitori che non vogliono mandare i figli ad allenarsi per strada. Michele Scarponi e Davide Rebellin rimarranno nel cuore dei tifosi di ciclismo e non spariranno dall’immaginario collettivo. Michele è stato un personaggio unico nel suo genere mentre Davide era un punto di riferimento per i giovani. I suoi 51 anni non li sentiva sulla carta d’identità e voleva dimostrare la sua eterna giovinezza. Il suo momento di dire basta e di appendere la bici al chiodo è arrivato nel modo peggiore”.

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