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ANDREA TAFI: “VI RACCONTO L’INFERNO DEL NORD”



E’ l’unico italiano ad aver centrato la doppietta Giro delle Fiandre – Parigi Roubaix. Dalle prime pedalate sul pavé con Gianni Savio alla consacrazione nel Velodromo francese nel 1999, il passista di Fucecchio racconta i segreti delle classiche monumento. Con un rimpianto (Franck Vandenbroucke) ed una certezza: “Quest’anno le vince tutte Boonen”

 

 

Sulle grandi classiche del Nord Andrea Tafi, palmares alla mano, potrebbe tenere una lectio-magistralis perché, a cavallo del millennio, pochi ciclisti al mondo hanno ottenuto i suoi risultati nelle gare monumento. Sul pavé di Roubaix, passando nella foresta di Arenberg, pedalando sui muri delle Ardenne o sulle pietre bagnate dalla nebbia fiamminga, Andrea Tafi è sempre stato un fuoriclasse. 

Il suo anno d’oro è stato il 1996 quando in maglia Mapei (la squadra con cui ha corso per nove fantastici anni) inanellò, uno dopo l’altro, il Trofeo Melinda, la Parigi-Bruxelles, Giro di Lombardia, Giro del Lazio e Coppa Placci. Ma anche negli anni successivi, mantenendo una formidabile costanza di rendimento, il passista di Fucecchio ha sempre concesso l’acuto, vincendo nel 1999 la Parigi-Roubaix (dopo il 3° posto del 1996 ed il 2° del 1998), nel 2000 la Parigi-Tours, nel 2001 la Vuelta a Burgos e nel 2002 il Giro delle Fiandre.

E così, alle prime avvisaglie di primavera, quando il ciclismo dei professionisti comincia a guardare al nord, è quasi doveroso sentire il suo parere. 

 

Andrea Tafi, cosa ti viene in mente se le dico Roubaix?

“Grande sofferenza, qualche lacrima, ma anche una gioia che mi ricorderò finché campo”. 

 

Cosa ricordi della tua prima Roubaix?

“Era il 1990 e mi sentivo come al primo giorno di militare. Ricordo i consigli paterni di Gianni Savio, il freddo e, finalmente, le prime pedalate sul pavé. Un’emozione incredibile: c’era la paura di affrontare un’avventura con mille incognite, ma anche la gioia indescrivibile di correre la corsa che, qualche anno prima, il mio idolo dell’epoca – Francesco Moser – aveva vinto”. 

 

Andrea Tafi in azione alla Parigi – Roubaix 1999

 

 

Qual è la vera differenza tra Roubaix e Fiandre?

“Sul piano ambientale sono due corse molto simili. Grande pressione mediatica, un oceano di folla festante che ti incita dal primo all’ultimo chilometro, tutti i migliori interpreti al via. Non perché le ho vinte io, ma credo che, per storia e difficoltà tecniche, siano le due corse più affascinanti del mondo”. 

 

Qual è la più difficile da interpretare?

“Sicuramente la Roubaix, perché il tratto in pavé, anche se in pianura, è un’incognita che storicamente può fare la differenza. Il Giro delle Fiandre, con i suoi muri e le condizioni climatiche spesso estreme, è durissimo ma forse nasconde meno insidie”. 

 

Nel tuo palmares alla Parigi – Roubaix una vittoria e due podi. Qualche rimpianto per quel 2° e 3° posto?

“Il secondo posto dietro al grande Ballerin per me non potrà mai essere un rimpianto. Anzi, ancora oggi ricordo con grande affetto quella formidabile impresa di Franco con cui ho condiviso tanti anni meravigliosi. Sul terzo posto del 1996, invece, qualche recriminazione ci sarebbe, ma bisogna anche dire che quel podio, in prospettiva, mi è servito tantissimo”. 

 

In che senso?

“Mi ha permesso di scalare all’improvviso le gerarchie della squadra, ho guadagnato credito e rispetto, tant’è che, qualche settimana dopo, un certo Johan Museeuw mi fece praticamente da gregario per farmi vincere la Parigi-Bruxelles. Ancora oggi sono convinto che quel gesto di grande generosità sia nato, in un certo senso, da quel podio alla Roubaix”. 

 

 

Andrea Tafi solleva il trofeo alla Parigi – Roubaix 1999

 

 

Petacchi, a proposito della Sanremo, sostiene che per vincerla, prima bisogna perderla. E così anche per Roubaix e Fiandre?

“In parte sì, perché non sono vittorie che puoi improvvisare. L’esperienza è determinante, ti aiuta a dosare le forze e a spalmare le energie. Due aspetti che, su quei terreni, sono sempre determinanti”. 

 

Tu sei ancora oggi l’unico italiano ad aver vinto Roubaix e Fiandre: dovremo aspettare ancora tanto per vedere un italiano centrare questa formidabile doppietta?

“Da italiano, mi auguro sinceramente di no. Non vinciamo una Roubaix dal 1999 e questo, per una paese ciclisticamente all’avanguardia come l’Italia, non è francamente tollerabile. Nelle corse a tappe con Nibali ed Aru siamo al top, nelle classiche sicuramente ci mancano i grandi interpreti che avevamo qualche anno fa, anche se il Moscon visto l’anno scorso, in prospettiva, può sicuramente fare grandi cose”.

 

Chi è il favorito della prossima edizione della Parigi-Roubaix e del prossimo Giro delle Fiandre?

“Boonen e Boonen”. 

 

Così convinto?

“E’ un corridore fortissimo ed esperto, che conosce molto bene le due corse. Se è in condizione non vedo grandi avversari, anche se un Sagan, che ha vinto il Fiandre ma a cui manca la Roubaix, in Francia potrebbe sempre regalarci qualcosa di grande”. 

 

Nei tuoi nove anni di Mapei hai corso con grandissimi campioni: da Franco Ballerin a Michele Bartoli, da Johan Museeuw a Paolo Bettini. Qual è il ciclista più forte con cui hai corso?

“A questi permettetemi di aggiungere Bontempi e Rominger con cui ho vinto nel 1995 un Giro d’Italia togliendomi grandi soddisfazioni. In effetti, ho avuto la fortuna di avere in squadra tantissimi fuoriclasse. Ognuno con le sue caratteristiche e con la sua personalità. Credo però che, sul piano delle potenzialità, il motore migliore fosse quello di un certo Franck Vandenbroucke”.

 

foto di testa, Parigi – Roubaix 1996, Johan Museeuw, Gianluca Bortolami e Andrea Tafi

credit foto by Bettiniphoto

 

a cura di Mario Pugliese Copyright © INBICI MAGAZINE

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