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BRUNO FILIPPI



Da Biagio Cavanna a Giannetto Cimurri il mondo del ciclismo è da sempre “legato” alle mani dei massaggiatori che lavorano incessantemente per aiutare i corridori nel recupero e dopo gli infortuni.

 

Bruno Filippi è uno di loro, un personaggio che gravita attorno alle due ruote, non solo a pedali. Fisioterapista, segue i corridori della formazione francese Ag2R, oltre ad essere uno degli uomini della prestigiosa Clinica Mobile del MotoGP.

 

Buongiorno Bruno e benvenuto tra i lettori di INBICI. Vuole presentarsi sinteticamente ai nostri lettori?

Buongiorno a tutti. Sono nato nel 1969, sono un romagnolo appassionatissimo di bicicletta. Fisioterapista da ormai 20 anni, divido la mia professione tra il mio studio privato, il motomondiale e il world tour di ciclismo.

 

Fisioterapista, dunque. Un ruolo importantissimo sia per il ciclismo sia per il motociclismo. Che differenza c’è tra questi due mondi a livello generale e a livello muscolare?

Si tratta dello stesso ruolo in due contesti completamente differenti per logistica, struttura e gestione degli atleti.

All’ interno della clinica mobile ovvero su un bilico speciale parcheggiato all’interno dei circuiti in prossimità di pista e paddock, che in funzione ha una superficie di ben 70 mq e una disponibilità di 7 lettini, tutti i piloti delle diverse categorie vengono assistiti da 6 o 7 fisioterapisti.

Nel ciclismo, invece, un solo fisioterapista più 4 massaggiatori gestiscono gli 8 o 9 corridori di un solo team  nelle camere degli alberghi, dove si pernotta, con strumenti facilmente trasportabili.

“Muscolarmente” parlando è difficile fare un confronto. Sostanzialmente chi corre in moto deve essere preparato su forza e resistenza di ogni distretto, mentre al ciclista occorrono gambe ben preparate sotto tutti i punti di vista. Anche se non rientra nella domanda sottolineo per entrambi i casi anche il discorso psicologico, importantissimo e strettamente legato alla prestazione muscolare.

 

Lavorare alla Clinica Mobile significa, immaginiamo, essere sempre pronti ad intervenire. Cosa passa nella testa di un fisioterapista quando si accinge a prendersi cura dei piloti più carismatici del mondo?

E’ molto gratificante potersi esprimere professionalmente con i top-biker del motociclismo. Le emozioni devono essere controllate per dar posto alla concentrazione sul problema da gestire. La cosa predominante è riuscire nell’ intento, contribuire alla buona prestazione del pilota che, ovviamente, apprezza tale sforzo.

La soddisfazione più grande è quando il pilota fa risultato e viene a ringraziarci con lo champagne del podio in clinica.

 

Parliamo ora di ciclismo. Lei “presta” le sue mani ad una squadra World Tour francese: l’Ag2R. Come si svolge in questo caso la sua attività?

La mia presenza è importante nelle corse a tappe, dove assieme a me lavorano anche un medico sportivo e 4 massaggiatori. In albergo, nel post tappa si eseguono sempre prima i massaggi a tutti i corridori; solitamente a me vengono affidati quelli di punta, coloro che “fanno classifica”. Ma durante la serata, prima e dopo cena, sono a disposizione per gestire i problemi di chiunque abbia bisogno. Tratto di tutto: cervicali, mal di schiena, contratture particolarmente ostili e dolorose, ferite, abrasioni, contusioni irritazioni cutanee e altro ancora. Per svolgere queste mansioni uso strumenti e metodiche che fanno parte della mia esperienza professionale: bendaggi, medicazioni, terapie manuali e strumentali e anche supporto psicologic. Gli atleti vanno sempre incoraggiati e stimolati. Il mio compito è quello di fare in modo che ogni singolo  possa partire nella tappa successiva con la condizione migliore possibile.

 

 

 

Nel ciclismo si dice che le mani del massaggiatore siano in grado di “tastare” e misurare la cilindrata e lo stato di forma del corridore. E’ vero?

Chi ha la capacità di riuscire a tradurre ciò che sente attraverso la sensibilità delle proprie mani e comportarsi di conseguenza utilizzando la giusta tecnica per risolvere il problema è sicuramente in grado di farlo. Che poi sia un fisioterapista oppure un massaggiatore non è importante. Occorrono passione per la propria professione, buona preparazione, esperienza e intuito.

Una frase che mi sento ripetere spesso da chi tratto è: “il tuo modo di massaggiare le gambe è diverso da tutti quelli che ho provato fino adesso, capisci quali sono i punti che danno più fastidio.”

Questo dovrebbe essere normale; non si lavora sulle gambe con manovre a memoria, ma ascoltando ed agendo di conseguenza.

 

Carlos Alberto Betancur, Jean Christophe Péraud e Domenico Pozzovivo: mica tre sprovveduti. Lei ha l’onere e l’onore di curare tre corridori straordinari. Uno scattista che va fortissimo in salita, un ex biker specialista di corse a tappe e uno scalatore puro. Come si differenziano a livello muscolare?

Diciamo che le caratteristiche muscolari spesso non collimano con la specialità dell’atleta. In questo caso, ad esempio, l’impressionante massa delle gambe di “Beta”, così lo chiamiamo, a tutto farebbe pensare meno che a un ciclista che non teme nessun tipo di salita, anzi, più è ripida e meglio è.

Anche Péraud, non più giovanissimo, con una struttura piuttosto leggera, ci ha stupito più volte per la sua altissima resistenza sule lunghe pendenze.

“Pozzo” è un ciclista particolare. Tutti mi chiedono come possa, con la sua particolare anatomia, essere cosi forte. Non dimenticate, oltre alle salite, cosa è capace di fare nelle crono.

 

Si dice anche che il momento dei massaggi sia, soprattutto durante le corse a tappe uno dei pochi momenti di “svago” dei corridori, nel quale gli stessi quasi si confessano col massaggiatore, andando a creare un rapporto personale anche forte. Giusto?

Come dicevo prima è importantissimo il supporto psicologico dei ragazzi, soprattutto nei momenti difficili. Psicologia e sociologia fanno parte della base scolastica del fisioterapista, il quale deve essere in grado di sostenere moralmente ogni tipo di paziente. Instaurare un buon rapporto e ottenere fiducia significa avere già margine nel successo nel trattamento. Poi, ovviamente è anche una questione di feeling.

Nel motociclismo (forse per superstizione) se si tratta un pilota e questo fa risultato, accade spessissimo che continui a farsi gestire dallo stesso fisioterapista.

E’ normale che se un atleta si trova bene con un operatore, chieda di esser seguito costantemente, ma per una serie di problematiche gestionali non è sempre possibile.

 

 

 

Il massaggio, a livello ciclistico, si differenzia anche a livello di tipologia del corridore?

Più che per tipologia per esigenze e necessità. Ad esempio se mi riferiscono di sentire le gambe dure, che non girano bene, devo fare in modo che l’indomani non ci sia più la stessa sensazione e che girino decisamente più leggere. Un bravo operatore deve essere in grado di farlo. Comunque le differenti caratteristiche corporee richiedono un adattamento nell’approccio di trattamento.

 

Qual è il corridore o comunque l’atleta muscolarmente più impressionante che lei abbia mai curato?

Beh, è chiaro che “cronomen”, passisti e velocisti hanno quasi sempre una struttura mostruosa. Damien Gaudin e Patrik Gretsch sono particolarmente imponenti ad esempio. Ma sottolineo ancora una volta le gambe di Betancur: quelle, quando le vedi e ci lavori, non le scordi più.

 

A volte il vostro lavoro è incredibile ed impressionante: nella motoGP, per esempio, certi centauri riescono a risalire in sella a distanza di pochi giorni da incidenti pazzeschi. Questo è quello che stupisce i comuni mortali. Com’è possibile?

Niente di magico. E’ proprio la potenzialità e la capacità di chi li segue e li cura che rende possibile quello che sembra un miracolo. Chiaramente ci devono essere le condizioni cliniche per poterlo fare, ed anche una buona dose di… pazzia.

Nel ciclismo questo aspetto è ancora molto contraddetto; a mio avviso non si conosce ancora bene il potenziale della fisioterapia moderna. Questo anche a causa degli innumerevoli ciarlatani che vendono fumo ovunque e che inquinano la qualità di chi, invece, sa fare bene il suo mestiere assumendosi le proprie responsabilità.

 

Tra i recuperi più veloci, lei è stato artefice di quello di Domenico Pozzovivo, rientrato a tempo di record per il Lombardia 2014 dopo un grave incidente. In questo caso qual è stato il “cammino” di Domenico sulla via del rientro?

Questo episodio testimonia un pò quello che dicevo sopra.

Domenico ha subito una complessa frattura di tibia e perone durante l’allenamento prima della Vuelta. Dopo 3 giorni dall’ intervento di fissaggio con placca e viti è venuto da me con le idee molto chiare: “Voglio fare Milano-Torino e Lombardia, si può?”

Si può fare tutto se ci sono i requisiti giusti. Così ho attuato un piano terapeutico intensivo che rispettasse la situazione clinica, senza alcun rischio ma difficile, e dopo 5 giorni era già sui rulli.

Ho lavorato in sequenza su fase infiammatoria con crio-terapia e linfodrenaggio, scarico dell’edema, medicazione ed elasticizzazione della cicatrice. A seguire mobilizzazione dell’ intero arto, recupero dell’ articolarità del ginocchio, elettrostimolazione del quadricipite. Due trattamenti al giorni intervallati da una fase attiva su rulli, tavolette propriocettive e messa in carico.

Tutto è andato benissimo fino a che siamo usciti su strada. La grande determinazione di “Pozzo” ha fatto il resto, e dopo poco più di un mese era presente alle due corse quando la prognosi giornalistica parlava di almeno 70 giorni prima del ritorno su bici. Abbiamo subìto critiche di ogni genere, forse perché tale percorso non coincideva con i protocolli ortopedici standard (a mio avviso decisamente retrogradi) e perché un rientro così inaspettato ha dato fastidio a qualcuno, ma la determinazione e le ottime condizioni hanno dimostrato che non c’è nulla di strano ne pericoloso. Domenico sta benissimo, la sua gamba è come prima e soprattutto il suo entusiasmo per la prossima stagione è altissimo. Cosa c’è di meglio per il morale di un atleta?

 

 

Quanto è importante, oggi, il massaggio nella bici e quanto nella moto?

Nella bici è fondamentale, anche nei periodi di allenamento. Le gambe devono essere sempre “pulite”, se si lasciano riempire di tossine queste vanno in accumulo e disturbano il percorso di ricerca della condizione rendendo poi il lavoro di smaltimento più complesso.

Nel motociclismo, vista la gestualità della disciplina, si lavora più su braccia, spalle e schiena con l’obiettivo di contrastare la tendenza alla rigidità e alla congestione di tali distretti. C’è da dire che una buona parte dei motociclisti si allena su bici per quanto riguarda le gambe, quindi lavoriamo anche su quelle.

 

Grazie Bruno! Le auguriamo un grande 2015!

Grazie a Voi per avermi dato la possibilità di sottolineare informazioni spesso confuse. 

 

 

Fonte  PAOLO MEI Copyright © INBICI MAGAZINE

 

 

 

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