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Giro D'Italia 2018 - 101th Edition - 9th stage Pesco Sannita - Gran Sasso d'Italia 224 km - 13/05/2018 - Scenery - photo Luca Bettini/BettiniPhoto©2018

CANTO ANTICO


Fosco Maraini, scrittore fiorentino nato nel primo decennio del Novecento, ha definito Campo Imperatore un Piccolo Tibet d’Abruzzo.

 

Grande altopiano di origine glaciale, che regala un paesaggio alpino in centro Italia, con prati verdi ai piedi del Gran Sasso ancora innevato. Due muri di neve hanno accolto i corridori negli ultimi chilometri della salita che, a contarli tutti, ne misura circa 40, che si arrampicano fino ad arrivare a oltre duemila metri di altitudine.

 

Oggi, Campo Imperatore, è Cima Pantani.

La strada canta strofe leggere, come in una ninna nanna, come in un canto antico. Si ripete sempre lo stesso nome, declinato in sinonimi. “Pantani”, “Pirata”, “Panta”. Era il 1999, e le frasi erano sempre uguali. Era il 1999, e Marco vinse qui, e a qualche visionario potrebbe sembrare di scorgerlo ancora in mezzo alla carreggiata, a scattare a due chilometri dalla vetta e a lasciare il vuoto tra sé e il resto del mondo. Due file di persone ad accompagnarlo verso l’ennesimo, indimenticabile successo.

Ci manchi, Marco.

E’ il 2018, e i n testa alla corsa, fino a tre chilometri dalla cima, c’è stato Fausto. Fausto Masnada, bergamasco del team Androni Giocattoli Sidermec. “Un uomo solo al comando”, come quell’altro Fausto. Tra due muri di neve, come quell’altro Fausto. Al nostro Fausto, però, è andata male, perché da dietro, il gruppo, svegliatosi dal torpore iniziale, ha menato talmente tanto che la fiammella di speranza si è lentamente spenta. E tre chilometri, sul Gran Sasso, fanno male alle gambe, per poter resistere. Il nostro Fausto si è voltato, li ha visti, si è lasciato sfilare, guardando la vetta.

E’ il 2018, dal gruppo che ha appena ripreso Fausto, parte Giulio. La testa gira veloce, all’inizio, le gambe leggermente meno. Ma Giulio, che di cognome fa Ciccone, è nato in Abruzzo, e questa tappa la vuole a tutti i costi. Qualche metro lo prende, è convinto a voler andare fino in fondo. Alle sue spalle, però, scattano e lo vanno a prendere. Lui li guarda, si mette in coda, e aspetta. Aspetta ancora qualche metro.

Aspetta, Giulio, aspetta.

Poco più di un chilometro all’arrivo, Giulio ci prova ancora. Accanto a lui passano i muri di neve, colorati di scritte blu che recitano il suo nome. E’ figlio di questa terra, ci tiene troppo. Respira, per quanto può. Accumula ossigeno e scatta di nuovo. Sembra andare avanti, ma gli altri gli vanno addosso. Arriverà con 24” di ritardo.

E’ il 2018, davanti a tutti arriva Simon Yates, che la Maglia Rosa la ama ogni giorno di più. Voleva una vittoria, a tutti i costi. Voleva rispondere a chi continua a chiedergli se pensa di poter vincere il Giro. Voleva rispondere anche alle sue paure, alle sue insicurezze interiori. E’ sempre più Rosa, e da oggi, sempre più blu.

La prima settimana è andata, iniziano i conti a farsi più seri. Qualcuno ha le ossa ammaccate. Ma domani c’è il giorno di riposo e i muscoli che oggi scricchiolano, potrebbero guarire e smettere di far male.

A cura di Giulia Scala per InBici Magazine

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