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Davide Cassani

CASSANI: “IL CAMPIONE DI CICLISMO NASCE E CRESCE CON LA MULTI-DISCIPLINARITÀ”


“Il campione di ciclismo nasce e cresce con la multi-disciplinarità”. Parola di Davide Cassani che, dopo un’approfondita riflessione ed un’accurata analisi esperienziale, ha affidato alla sua pagina facebook una verità destinata a far discutere: “I grandi campioni del pedale – scrive il Ct della nazionale Italiana- sono arrivati ai successi su strada (nel professionismo) facendo, da ragazzi, specialità diverse: calcio, pista ciclocross, mountain bike, ecc…”. Ergo: “La poliedricità sportiva in età giovanile è un valore prezioso che aiuta a diventare campioni”.

Cassani cita, in particolare, gli esempi dei giovani Remco Evenepoel, Egan Bernal e Mathieu Van Der Poel: “Remco – ricorda il ct – 3 anni fa era il capitano della nazionale belga di calcio. Smette e si dedica al ciclismo. Egan Invece è bravissimo in Mountain Bike a tal punto che, nei due anni da Juniores, conquista un argento ed un bronzo ai campionati del mondo. Mathieu con la bici ci gioca. Non sa mai quale tipo prendere. Quella da strada? Oppure una per il ciclocross? Ma anche il mountain Bike è divertente. Da juniores, nel 2012 vince il mondiale ciclocross e si ripete anche l’anno dopo ma, nello stesso anno (2013) vince anche il mondiale su strada a Firenze. Nonostante questo successo decide di incentrare le stagioni successive sul ciclocross partecipando qualche volta a corse su strada. Poi però c’è la MTB. Che fa? Corre e vince anche lì. Domenica scorsa ha portato a casa la maglia di campione europeo. Lo so che sono 3 fenomeni ma, a parte le loro doti fisiche ci sono un paio di elementi che mi fanno pensare”.

Cassani dunque cristallizza due verità: “La prima è che sono arrivati ai successi su strada facendo, da ragazzi specialità diverse. La seconda è che vivono per il ciclismo”.

Un modello che, secondo Cassani, potrebbe essere esportato anche all’Italia del ciclismo: “Noi abbiamo tanti giovanissimi, un buon numero di esordienti e allievi, un bel gruppo di juniores promettenti e alcuni Under 23 pronti al passaggio ma penso che il ciclismo su strada sia troppo prevalente rispetto alle altre specialità. Per questo in Federazione parliamo e cerchiamo di indirizzare il movimento alla multidisciplinarietà”.

Egan Bernal

“I giovanissimi – precisa – sono bambini, non sono piccoli corridori, attenzione. Giusto avvicinarli al ciclismo ma il nostro obbiettivo è quello di consolidare in loro quella passione che li ha portati al ciclismo. Come? Facendoli giocare e quindi non fare solo ciclismo su strada”.

Per suffragare la sua teoria, Cassani porta anche la sua esperienza personale: “Quando ho cominciato a correre – ricorda – avevo 14 anni e quando ho finito la mia prima stagione, da allievo, ho continuato a giocare a calcio anche l’inverno successivo. Penso che sia sbagliato per un giovanissimo fare solo ciclismo su strada. Anche gli esordienti dovrebbero fare altro. Parlo di pista, ciclocross, Mtb ma anche altri sport. Gli esordienti sono ragazzini, facile farli andare forte, li alleno tutti i giorni. Ma poi? Da allievi si comincia ad allungare il tiro, le corse sfiorano i 100 km, ma a questa età è ancora importante fare qualità piuttosto che quantità ed è per questo che pista Mtb e ciclocross sono ideali. Da juniores si comincia a fare sul serio. Le prime corse a tappe, un confronto internazionale che aiuta i ragazzi a crescere. Ma continuare a fare specialità alternative sarebbe perfetto”.

Mathieu Van Der Poel

Ma, come detto, per diventare campioni serve anche altro: la determinazione, la voglia di arrivare.

“Fin da piccolo – conclude – avevo un sogno, diventare professionista, partecipare ad un Mondiale. Quel sogno mi ha indicato la strada da prendere. Quando ero ragazzino e qualche falso amico mi derideva perché andavo a letto presto il sabato sera oppure perché non prendevo una sigaretta in bocca perché non era quella che mi faceva sentire grande, non me la prendevo più di tanto. Anzi, quelle provocazioni mi rendevano più forte. Purtroppo non ero fortissimo ma ho dedicato la mia gioventù a quel sogno. Vivevo per la bici. Non lasciavo nulla al caso. Oggi le cose sono cambiate, ma in peggio nel senso che solo chi ha fisico e carattere emerge. Gli altri no. Cosa vuoi che sia una serata di sballo, un ora in più di allenamento? Domani, forse. Il recupero? Si, dopo l’aperitivo. Penso che Evenepoel, Bernal e Var der Poels siano dotati di un fisico straordinario ma di straordinario hanno anche la capacità di vivere per la bicicletta. Senza quella non vai da nessuna parte”.

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