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COSA RESTERÀ DEL 2017



Wladimir Belli ripercorre gli episodi salienti dell’anno ormai al crepuscolo: “Froome un marziano, ma nessuno nella storia del ciclismo aveva mai vinto tre mondiali di fila. Per l’Italia un plauso a Moscon, ma nelle grandi classiche, ancora una volta, abbiamo fatto troppo poco”

 

Oscar a Sagan (“Perché mai nessuno nella storia del ciclismo aveva mai vinto tre mondiali di fila”) e tapiro a Quintana (“preparazione completamente sbagliata”).

Wladimir Belli, fine conoscitore del ciclismo moderno, sintetizza così la stagione ormai al crepuscolo: “Quello che ha fatto Sagan nel 2017 – spiega il “regolarista” di Sorengo – resterà per sempre negli annali del ciclismo, perché tre mondiali consecutivi, in quasi un secolo di storia, non li aveva mai vinti nessuno”.

 

Dunque, una stagione segnata più da Sagan che da Froome?

“Sia chiaro, vincere quattro Tour de France è un’impresa straordinaria che va celebrata con tutta l’enfasi possibile, ma va detto che, nella storia del ciclismo, c’è anche chi ne ha vinti cinque (Indurain, Hinault, Merckx e Anquetil, ndr). Certo, il britannico si è aggiudicato anche la Vuelta ma, ripeto, i tre mondiali di Sagan sono un traguardo che, prima di Bergen, mai nessuno aveva conquistato”.

 

A proposito di grandi Giri, come valuti l’impresa rosa di Dumoulin?

“Senza dubbio il Giro d’Italia se l’è meritato fino in fondo, dimostrando in quelle tre settimane di essere il più forte. E’ stato il primo olandese ad arrivare in rosa a Milano, però solo il tempo ci dirà se siamo di fronte ad un campione vero”.

 

Tornando al Mondiale norvegese, il Nibali visto al Lombardia avrebbe potuto dire la sua?

“Non credo perché era un percorso molto veloce, dunque non particolarmente adatto alle caratteristiche di Vincenzo. Magari avrebbe potuto esserci lui, nella fuga conclusiva, al posto di Moscon assieme ad Alanphilippe, ma in ogni caso, non credo avrebbe avuto chance maggiori”.

 

Nelle classiche, invece, l’Italia ancora una volta ha recitato un ruolo da comparsa…

“A parte lo splendido quinto posto di Moscon alla Roubaix – un risultato che, trattandosi di un secondo anno, vale soprattutto in prospettiva – neppure quest’anno siamo riusciti ad invertire la tendenza che, ormai da troppi anni, ci vede lontano dal podio nelle corse di un giorno. E’ un problema generazionale che ci portiamo dietro da un po’. Certo ai miei tempi, nelle grandi classiche, l’Italia aveva ben altre credenziali…”.

 

Un giudizio su Fabio Aru?

“La sua vittoria al Tour è stata memorabile e, soprattutto, dopo tanti anni, ci ha fatto sognare. Se togliamo le imprese di Pantani e Nibali, al Tour de France era da tempo che non ci capitava”.

 

La delusione dell’anno?

“Direi Nairo Quintana. Per lui doveva essere l’anno della consacrazione, invece – dopo una prima parte di stagione molto promettente – nelle gare importanti, a parte il 2° posto al Giro d’Italia, ha combinato poco. E’ evidente che ha completamente sbagliato la preparazione”.

 

Un nome per il 2018?

“Dico il colombiano Bernal che, oltre ad avere un ‘grande motore’, rispetto ai suoi connazionali, mi pare abbia una tenuta mentale più affidabile”.

 

Qual è l’episodio del 2017 da tramandare ai posteri?

“Senza dubbio la tragica scomparsa di Michele Scarponi. Era un atleta di valore mondiale, ma anche un uomo particolarmente stimato all’interno del gruppo. La sua tragedia ha varcato i confini del ciclismo ed il suo ricordo, lo dico senza alcuna retorica, resterà impresso per sempre nell’immaginario di ogni sportivo”.

 

a cura di Wladimir Belli Copyright © INBICI MAGAZINE

Wladimir Belli ex ciclista professionista e commentatore per il ciclismo di Eurosport

 

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