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DIARIO DI VIAGGIO. CESARE BENTIVOGLI: “HO SCALATO LA SALITA PIÙ DIFFICILE DEL MONDO”


Nel New England ho scoperto la “Mount Washington”, l’inferno dei grimpeur. Pioggia incessante, vento record e freddo improvviso. Ma tra le nuvole ho realizzato il mio “italian dream”

Tutto comincia nel 2010. Io e Alessandra siamo in Colorado con il gruppo “Born to run” per uno stage in altura e la gara in salita al Monte Evans, una delle strade asfaltate più alte del mondo: 4392 metri sul livello del mare.

Facciamo amicizia con una famiglia di Albuquerque, con padre e figlio di 10 anni appassionati scalatori. Ci dicono: “Perché in agosto non venite a fare il Mount Washington. E’ la salita più difficile del mondo”. La salita più difficile del mondo? Non ci posso credere. E in New England, che non è certo famosa per le sue montagne. Ma la sfida va colta. Mi documento e i 12 km al 12%, in effetti, appaiono intriganti. Prima o poi ci voglio provare.

 

Gli anni passano e questo sembra l’anno buono. Anche se Alessandra non vuole essere della partita, appena aprono le iscrizioni, a febbraio, decido di partecipare. Il sogno comincia. Il sito internet ti aiuta a comprendere un po’ meglio cosa sia il Mount Washington. E’  alto solo 1917 m. Ma, essendo il più elevato della zona, è soggetto a costanti correnti fredde, violente e umide provenienti dal Canada. Alcuni dati rendono l’idea: nel 1934 è stato registrato il massimo picco di vento del mondo: 372 km orari! E del resto per 80 giorni all’anno si registra un vento superiore a quello di un uragano: 120 km/ora. Per il 60% dell’anno è fra le nuvole e ogni anno cadono 6,5 metri di neve. Questi dati consentono di comprendere perchè l’organizzazione abbia previsto il weather day: se al sabato le condizioni sono proibitive si posticipa alla domenica. In caso di ulteriore impossibilità anche la domenica l’organizzazione ringrazia per le quote di iscrizione, non rimborsabili, che vanno al Tin Mountain Conservation Center, un’associazione che si occupa di educazione ambientale con i giovani.

Con queste premesse bisogna prepararsi bene, anche psicologicamente. E per facilitare il confronto con alcune delle ascese italiane più difficili, per verificare se sia veramente la salita più difficile del mondo,  scalo Lavaredo, Zoncolan e Monte Grappa dalla strada degli alpini. Anche brevi ma ripide salite romagnole consentono di prendere confidenza con le pendenze elevate.
Il Mount Washington si trova in New Hampshire, a 250 km da Boston, in una zona turistica dove d’inverno si scia fino a 200 mt sul livello del mare, a riprova del clima eccezionale di queste montagne. Fa parte del parco delle White mountains, interamente ricoperte di foreste.

La strada, normalmente a pagamento e percorribile solo in auto, nel giorno di gara viene riservata alle bici che, però, per ragioni di sicurezza, non possono assolutamente scendere (ognuno quindi deve dotarsi di un passaggio per il ritorno con un’auto che deve salire prima).

La gara consiste in una scalata di 12 km con partenza a gruppi distanziati di 5 minuti in base all’età. Presto ci si mescola ma ci si riconosce per il colore del pettorale. L’organizzazione non ha niente a che fare con quella delle nostre gran fondo, a cominciare dall’expo, quasi inesistente. Ma il calore dei volontari ti fa sentire parte di un avvenimento importante.

Dopo il ritiro del pacco gara, al venerdì, comincia, come da previsioni, a piovere. Prima leggermente poi sempre più insistentemente durante la notte. Tanto per facilitare il sonno. Almeno non fa freddo, per cui la motivazione resta alta. Ma a ridosso della gara la pioggia intensifica e l’osservatorio della cima, costantemente inquadrato dagli schermi, segnala vento a oltre 60 km/ora. La gara viene posticipata di 2 ore e, da questo momento, come d’incanto, la pioggia cessa. I partecipanti appartengono a tutte le tipologie e le età, dai professionisti ai signori sovrappeso, facilitati da combinazioni incredibili: 30×36. Alcuni utilizzano bici customizzate per la salita e si scaldano sui rulli. Poi ci sono due tipi con il monociclo. Ma quello veramente originale sono io: l’unico non nordamericano a partecipare.

Però in passato non è stato così: il record femminile, ad esempio, è detenuto da una certa Jenny Longo, che ha impiegato meno di 1 ora per i 1.440 mt di dislivello!

Finalmente ci siamo. Una ragazza canta l’inno americano e cala un silenzio assoluto. Gli americani sono veramente patriottici! Poi i vari gruppi partono, finché tocca agli over 50 come me.

Prendo subito il ritmo e cerco di mantenerlo fino in cima. L’asfalto è perfetto e questo facilita un’andatura regolare. A tratti molto ripidi fanno seguito pezzi più facili, pur sempre al 10%, che consentono di prendere fiato. Devo utilizzare molto il cambio in quanto la bici che ho noleggiato monta il 34×32: aiuta molto nei tratti ripidi, ma rischia di far imballare le gambe in quelli facili. Poi arriva il miglio in sterrato che, mantenendo la pendenza, si rivela molto ostico in quanto il fondo, inumidito dalla pioggia, fa l’effetto colla.

Infine si entra nelle solite nuvole, si alza il vento e la temperatura si abbassa, ma chi se ne frega: ormai è fatta. La conclusione è spettacolare e sembra costruita apposta per il pubblico, che fa un tifo infernale per tutti. Gli ultimi 50 metri sono rappresentati da 2 tornanti in rapida successione con pendenza del 22%. Un ultimo scatto a beneficio del pubblico ed è fatta.

Mi fanno i complimenti, ma me li faccio anch’io da solo in quanto la soddisfazione è tanta. Sono commosso: il sogno si è avverato e ho fatto la scalata più difficile del mondo. A dir la verità, secondo me Zoncolan, Punta Veleno e Strada degli alpini sono più dure, per la lunghezza dei tratti più ripidi. In più la Strada degli alpini, la più difficile salita che abbia mai fatto, presenta un fondo molto sconnesso che rende ancor più ardua l’ascesa. Ma io ho scalato nel nuovo mondo; vuoi mettere?

di Cesare Bentivogli

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