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DONNA IN BICI. “IN FONDO AL TUNNEL HO SCOPERTO… L’IRONMAN”


Lo sport può diventare terapia non solo per il corpo ma anche per la mente. Parola di Sabrina Schillaci, atleta e donna coraggiosa che – dopo le dure prove della vita – ha scoperto la strada per colorare le sue giornate

 

“Proprio nello sforzo enorme e coraggioso di vincere la fatica riusciamo a provare, almeno per un istante, la sensazione autentica di vivere…” (Murakami Haruki)

 

Sabrina ha 49 anni. Non è mai stata una atleta nel senso vero del termine, per mantenersi in forma, sceglieva qualche corsetta e seduta in palestra. Ma senza velleità agonistiche. Come molte donne. Dalla vita aveva tutto: un bel matrimonio, un bel lavoro, una vita felice. Poi, di colpo, dieci anni fa, in un attimo tutto cambia, inesorabilmente. La sua vita cambia: “Mio marito, a seguito di un tuffo sbagliato, è diventato tetraplegico e completamente dipendente da me. Io ho abbandonato la professione di architetto, ho chiuso l’attività commerciale che insieme gestivamo, ho ristrutturato casa e mi sono dedicata a lui, giorno e notte, tutti i giorni, diventando le sue gambe, le sue braccia e annullandomi completamente. Cercavo di lavorare il più possibile, così da stancarmi e non avere il tempo di pensare e ogni giorno, ogni notte speravo di risvegliarmi da quell’incubo… ma intanto trascorrevano i mesi, gli anni e la disabilità diventava sempre più ingombrante.”

Nonostante il profondo amore che Sabrina provava per il marito, la sua vita stava diventando un vecchio e triste film in bianco e nero. Una battaglia continua, ogni giorno, cercando una luce fuori da questo tunnel pieno di tristezza, responsabilità opprimenti e stanchezza.

Ed è nell’estate 2012 che qualcosa cambia. In meglio. Arriva la luce: “Una mattina all’alba a Nizza, mentre passeggiavo sulla Promenade, fui attratta da una folla concitata di persone che osservava strani individui, vestiti di neoprene, schierati verso il mare che scrutavano l’orizzonte in attesa del via.  Lo start, il tuffo, l’energia, l’adrenalina, le onde, mi catturarono, finendo per ridestarmi da quell’anestesia emozionale di cui ero diventata ostaggio. Fu come se la linfa vitale ricominciasse a scorrere e in quell’istante decisi che sarei diventata un Ironman senza neanche sapere cosa fosse il triathlon. Fu amore a prima vista…”.

Da lì i primi allenamenti e le prime gare. Quattro anni dopo, Sabrina tagliava il traguardo dell’Ironman di Zurigo, rinata, più forte fisicamente e mentalmente.

RACE ACROSS LIMITS

Lo sport per lei è stato una vera e propria terapia dell’anima: “Lo scorso anno, mentre preparavo Ironman di Nizza, durante le lunghe ore trascorse ad allenarmi, nuotando nel lago, macinando km sui pedali e a correre, mi resi conto che tutta la rabbia che avevo provato, nei confronti di un destino così avverso, era svanita nel nulla, lasciando il posto ad un sentimento di gratitudine per l’opportunità che mi era stata concessa: diventare una persona migliore, forte e coraggiosa, ma soprattutto entusiasta della vita”.

Questa consapevolezza e l’incontro fortuito con il presidente della Fondazione C.O.ME  Collaboration Onlus sono stati i generatori della nascita del progetto Race Across Limits, 2200 km in bici da Besana in Brianza a Santiago de Compostela, per promuovere l’attività della Fondazione che si occupa di trattamenti osteopatici, gratuiti, a neonati e bimbi disabili in Italia e nei paesi più poveri del mondo e per dimostrare che qualsiasi limite, fisico o mentale che sia,  può essere affrontato e superato.

Doveva essere un’impresa personale accompagnata solo dal marito, ma la condivisione con amici e conoscenti ha fatto sì che diventasse un’esperienza molto più ampia, tanto da trovare molti atleti pronti a supportare Sabrina e il progetto.

(maggiori informazioni sulla pagina FB https://www.facebook.com/raceacrosslimits/)

 

Sabrina, come ha cambiato lo sport la tua vita? In cosa trovavi beneficio dopo un allenamento in bicicletta o una corsa?

Lo sport ha restituito colore alla mia vita. A parte i benefici fisici del movimento, la maggiore conquista è stata dal punto di vista caratteriale. Essere stata in grado di mettermi in gioco, nel triathlon, senza esperienze pregresse, superare lo scoglio di allenarmi in solitudine, in bici, per tante ore, su percorsi semi sconosciuti, mi ha resa più coraggiosa, temeraria. Questa consapevolezza è stata determinante per superare il trauma di mio marito, ma soprattutto per ridare entusiasmo alla vita di entrambi. Ogni traguardo raggiunto mi arricchisce e mi sprona ad osare qualcosa in più.

Che messaggio vorresti dare alle donne che ci leggono?

Sembrerà banale ma il messaggio che vorrei dare è che la vita va goduta, che non bisogna aspettare di essere pronti, di essere in forma, di essere capaci… per sfidare i propri limiti. Bisogna metterci un pizzico d’incoscienza e buttarsi… e qualsiasi sia il risultato è comunque stata una conquista. La cosa che più temo è l’avere rimpianti.

Ci illustri una tua giornata tipo?

La mia giornata inizia molto presto per incastrare il “monte ore” necessario ad affrontare gare sulle lunghe distanze. In settimana d’inverno la sveglia è alle 6, colazione abbondante, qualche faccenda di casa, di solito stiro e lavatrice. Aiuto mio marito ad alzarsi, lavarsi, vestirsi, per poter andare a lavorare. Una volta uscito cominciano i miei allenamenti, generalmente due. Uno intorno alle 8.30 e subito dopo il secondo. Tipo nuoto e corsa, oppure rulli e nuoto o palestra ecc ecc. complessivamente circa 3h al giorno.  Quindi un pranzo veloce e pomeriggio in ufficio. Spesa e cena per concludere la giornata non più tardi delle 22. Il fine settimana è dedicato ai lunghi e ai combinati bici/corsa ma la sveglia rimane invariata. Con l’arrivo della bella stagione la sveglia è anticipata di un’ora in settimana per praticare il primo allenamento all’alba e avere la possibilità poi di uscire in bici o di andare a nuotare in acque libere. Il fine settimana mi alzo alle 4, esco in bici col buio e mi dirigo verso il lago per assistere al levarsi del sole e per essere in casa all’ora di pranzo.

Hai avuto il supporto della tua famiglia in questo tuo nuovo stile di vita?

Inizialmente mio marito era contrario al fatto che praticassi triathlon perché pensava che mi sarei allontanata definitivamente da lui. Le ore trascorse fuori, le compagnie soprattutto maschili, non erano ben viste e spesso si discuteva. Quando invece capì che la mia era non solo passione ma anche un’esigenza e che oltretutto rappresentava un generatore di energia positiva, lui cambiò. Non solo accettò di buon grado ma cominciò a reagire alla sua disabilità. Divenne più autonomo, riprese la patente e oggi decide con me dove andare e quali gare partecipare.

Che sensazioni hai provato dopo aver concluso il tuo primo IM?

Dopo il mio primo IM di Zurigo del 2016 mi sono sentita invincibile, un supereroe. E’ stata un’emozione incredibile. Mi sono goduta ogni istante di quella gara, sono stata orgogliosa di aver vinto qualsiasi ostacolo mi si sia parato davanti, anche quando, a causa del caldo e dell’inesperienza, durante la corsa sono stata male di stomaco e ho dovuto rallentare per cercare di sistemarmi. Ero consapevole che l’avrei finita e che nulla mi avrebbe fermata. Inoltre la presenza di mio marito in carrozzina, che cercava di spostarsi da un lato all’altro per sostenermi, è stata determinante. Quella mattina mi aveva fatto una bellissima sorpresa. Visto che era il mio primo IM ed essendo consapevole che avrei avuto bisogno di tutte le mie energie mentali e fisiche, avevamo deciso che a Zurigo sarei andata sola e lui mi avrebbe raggiunta solo per l’ultima frazione, così avrei potuto concentrarmi, riposare senza il pensiero di stare dietro a lui. Il mattino del grande evento, mentre con gli amici stavamo raggiungendo la zona cambio, me lo trovai all’ingresso del campo gara. Aveva viaggiato con un amico, di notte, dormito in auto, per poter essere lì a salutarmi prima della partenza. Questa cosa mi diede una grande forza.

Cos’è per te la bicicletta e perché hai scelto la bici per il tuo viaggio?

La bici per me è stata ed è la sfida maggiore. Ho cominciato a pedalare tre anni fa ed è ancora una scoperta continua. Inoltre è sinonimo di libertà, ti permette di assaporare tutto ciò che ti circonda. Quando ho pensato ad un’impresa mi è venuta in mente subito quella ciclistica come superamento dei limiti e degli ostacoli. La fatica e il caldo saranno sicuri compagni di viaggio, visto la partenza a luglio. Non mancheranno le incognite dei percorsi, delle presenze, insomma sarà un viaggio da tutti i punti di vista. L’unica cosa che mi preoccupa è che Race Across Limits è nata durante un lungo di bici, non oso pensare cosa ne verrà fuori dopo 18 giorni a pedalare.

 A cura di Ilenia Lazzaro – A cura di Ilenia Lazzaro

 

Chi è Ilenia Lazzaro

Giornalista sportiva ed addetta stampa, commenta da circa 15 anni il ciclismo fuoristrada. Specializzata nel ciclocross, lo pratica da quasi 20 anni, prima come elite ora come master. Co conduce con Nicola Argesi “Scratch”, programma tv nazionale su Canale Italia.

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