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DONNA IN BICI: LO “SGARRO” SETTIMANALE


Perché concedersi qualche vizio a tavola (ogni tanto) fa bene. Ne parliamo con due esperti.

“Qualcuno ha scritto che in Italia lo stomaco ha una valenza metafisica, come l’erba del prato in Inghilterra. Vero. Ma la nostra ossessione è più vitale: gli inglesi l’erba non la mangiano. Noi parliamo del cibo prima di mangiarlo, quando lo mangiamo e dopo averlo mangiato”.

Ho pensato di aprire questo articolo con una citazione di Beppe Severgnini perché riflette in toto un’indole tipicamente italiana: che si parli di vita, lavoro o sport, il cibo resta uno dei punti d’incontro universalmente riconosciuti.

Nello sport è convivialità quando ci si trova a tavola con gli amici e le compagne di squadra, è il premio dopo un allenamento impegnativo o dopo una gara tanto agognata, è il nutrimento per i nostri muscoli e il nostro motore di atlete. A volte, però, è anche una croce: quante donne cominciano ad andare in bici per buttare giù qualche chilo?

Prima che il cibo diventi nostro nemico (rischio molto alto secondo gli ultimi sondaggi nel mondo amatoriale femminile), facciamo un po’ di chiarezza assieme ad alcuni professionisti del settore.

Premesso che la maggior parte delle ragazze che va in bicicletta, lo fa per star bene, stando attenta a tavola e privilegiando la classica “dieta dello sportivo” che altro non è che un regime alimentare sano, basato sull’utilizzo di frutta e verdura fresca, cereali integrali e materie prime di alta qualità (riscopriamo, quando possibile, i mercatini a “km zero”, la coltivazione in casa e i prodotti stagionali), lo “sgarrare” una volta ogni tanto fa bene al corpo, allo spirito e anche ai nostri obiettivi.

Per chi segue un regime alimentare mirato alla perdita di peso, un “pasto più libero” nella settimana può essere utile, ovviamente se fatto con buonsenso.

Dottor Zonza, quando potrebbe essere utile il cosiddetto “pasto di sgarro”?

“Quando sono alla ricerca di un calo ponderale importante, molte persone utilizzano schemi o diete che vanno molto al di sotto  del loro basale, scendendo anche troppo con l’apporto calorico settimanale. Questo può determinare alcune variazioni a livello del nostro metabolismo e della situazione ormonale generale, situazione tutt’altro che vantaggiosa. La mia alimentazione dovrebbe essere in grado di sostenermi durante tutti gli allenamenti intensi, se questo non avviene, se faccio i classici errori come, ad esempio, quello di togliere completamente i carboidrati, si finisce col far calare il metabolismo e col perdere ciò che non si dovrebbe, ossia anche quella massa muscolare tanto agognata. Morale della favola? Non posso stare perennemente in restrizione calorica. In questi casi un pasto di sgarro o Refeed può aiutare a riportare un po’ di equilibrio facendo estrema attenzione e lasciando così più spazio ai tanto amati carboidrati. Il pasto di Refeed o sgarro va impostato come la dieta e deve essere personalizzato per ogni atleta. Può dipendere dalla nostra composizione corporea, dai nostri obiettivi, da quanto vogliamo essere specifici, da come mangiamo di solito nella quotidianità, ecc. Chi segue ad esempio regimi alimentari con molti carboidrati, diciamo indicativamente il 50-60% delle calorie e con un apporto calorico sostanzioso, è un buon ‘ossidatore di zuccheri’ e molto probabilmente tollera meglio uno sgarro glucidico, come ad esempio un piattone di pasta. Chi normalmente si alimenta con molti grassi e pochi carboidrati, probabilmente tollera meglio uno sgarro lipidico (le classiche patatine fritte).

Quando è meglio sgarrare dunque?

“E’ importante programmare la settimana. Se sono consapevole che la domenica sera sforerò di 1500 kcal, queste vanno ridistribuite durante gli altri giorni. Dopo l’allenamento, quando le scorte di glicogeno sono depletate, abbiamo una finestra d’opportunità in cui i carboidrati saranno diretti al muscolo. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che ricariche glucidiche anche di 600-700g non facevano ingrassare, ma l’eccesso veniva trasformato in calore dal corpo.  Sgarrare così coi carboidrati è la scelta migliore che si possa fare. Ma i grassi devono rimanere bassi. Se si mischiano i due macro-nutrienti, come avviene col cenone di Natale, l’insulina farà subito depositare i grassi. Dopo una deplezione di glicogeno, se sappiamo scegliere gli alimenti, possiamo avere un forte surplus glucidico per 48h, prima che la sensibilità all’insulina ne risenta. Insomma, è risaputo che il vero sgarro è mangiare di tutto incondizionatamente, ma un buon compromesso potrebbe essere quello di prediligere dolci non grassi ma zuccherini.”

Dott.ssa Faè, per una ciclista che gareggia, cosa può rappresentare “uno sgarro”?

“La vita attiva, gli allenamenti tutti i giorni, più volte al giorno o tre volte a settimana non devono portare l’atleta ha dire ‘ho consumato, adesso mangio quello che voglio e fino a scoppiare’. L’attività fisica non serve per pulire la coscienza, ma per farci stare meglio e mantenerci in salute o per raggiungere obiettivi e traguardi che ci siamo prefissati.  Il fatto di aver consumato calorie non significa rimpiazzarle con cibi fritti, con zuccheri raffinati, caramelle, gelati, patatine fritte e alcool; questi alimenti sono molto calorici, ma di pessima qualità. Il pasto sgarro ha una sua funzionalità che è sicuramente il relax mentale! Mangiare quello che ci piace, ma non tutto in un momento, l’importante è non esagerare. Una volta apprese le sane abitudini, un’infrazione ci sta, ma non deve poi farci sentire in colpa oppure non dobbiamo mangiare tutto in un giorno. Si parla di 90/10… 90% dei pasti è sano, il 10% no e possibilmente lontano dagli allenamenti, facciamo uno sgarro 24 ore dopo una gara, permettiamo al nostro corpo di recuperare tutto quello di cui necessita in maniera corretta e poi aggiungiamo quello di cui abbiamo voglia dopo che il recupero è andato a buon fine”.

A cura di Ilenia Lazzaro

hanno collaborato il Dott. Andrea Zonza (biologo nutrizionista) e la Dott.ssa Annalisa Faè (R&D ProAction).

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