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DONNA INBICI 9

DONNA INBICI



Definirla “eclettica” e’ riduttivo: ciclista, impiegata amministrativa, presidente di un velo club, organizzatrice di eventi, ma soprattutto mamma di una bambina di 10 anni. Storia di una “wonder woman” che sui pedali ha trovato il suo equilibrio

 

Silvia, perché ha deciso di salire INBICI?

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Sono sempre stata un’appassionata dello sport in genere. Mi piace molto praticarlo e seguirlo in tv. Il ciclismo mi ha sempre affascinato particolarmente per la sofferenza della disciplina, per la sfida con se stessi, prima che con gli altri. Per questo ho deciso di provare. Mi sono avvicinata pian piano ad un mondo che mi era del tutto sconosciuto. Ho scoperto che mi piace, mi piace tanto. Ogni allenamento una corsa, ogni corsa un allenamento, una sfida con me stessa quotidiana, ma anche un modo per staccare da tutti gli altri impegni.

 

Qual è il suo impiego lavorativo?

Sono un’impiegata amministrativa, quindi la concentrazione è fondamentale: i numeri non ti perdonano. Il ciclismo mi aiuta ad ‘alleggerire’ la mente dal lavoro. E il lavoro a non pensare troppo alla bici. Le due cose convivono abbastanza bene. Gli orari mi permettono di non rinunciare al mio hobby, anche se a volte mi è capitato di cambiarmi al lavoro e di scaricare la bici dall’auto per un allenamento in compagnia.

 

Un lavoro, una figlia. Come si fa a trovare le motivazioni e soprattutto il tempo da dedicare alle due ruote?

Io credo che, comunque e nonostante tutto, “se vuoi puoi”. Certo, devi correre, non far mancare nulla a casa, cercare la concentrazione migliore sul posto di lavoro, ma se vuoi arrivare ce la puoi fare. Il ciclismo è uno sport che richiede molto tempo se lo vuoi fare a livello agonistico, quindi non sempre è facile far combaciare il tutto. Non nego l’importanza di una famiglia che mi sostiene e supporta (… sopporta anche!). Le motivazioni trovano te: quando ami così tanto uno sport non ti preoccupi del perché lo stai facendo, ma pensi già a quando lo farai la prossima volta. Mi piace trovare ogni volta una nuova sfida, superare me stessa, pormi nuovi obiettivi.

 

 

Per lei il ciclismo è anche prendere decisioni, amministrare. Una donna moderna che, oltre a pedalare, è anche presidente di uno dei Velo Club amatoriali più prestigiosi della sua zona. Mettiamo l’accento sul V.C. Valsesia?

Il Velo Club Valsesia è una delle mie più grandi soddisfazioni e gioie. Volevo costruire una squadra amatoriale diversa dalle altre: spesso il prestigio (giustamente!) nello sport, anche quello amatoriale, lo si raggiunge e conquista con le vittorie. L’essere amatori però, dovrebbe farci riflettere anche su altri valori, ben più importanti. Il mio obiettivo principale era quello di creare un gruppo di amici, magari anche vincenti, ma principalmente felici di pedalare insieme. Non è stato facile. Servono le persone giuste e, soprattutto, basta poco a far vacillare un equilibrio creato con il lavoro di anni. Ci sono state sconfitte pesanti e momenti di sconforto. Ma oggi posso dire di aver raggiunto il mio obiettivo. Siamo un gruppo di venti corridori, decisamente affiatato e collaborativo sotto tutti gli aspetti. Abbiamo affrontato organizzazioni decisamente importanti, tra le quali un Europeo di Ciclocross nel 2015 e un Italiano Super A B e Donne nel giugno di quest’anno. Riuscendo a offrire, me lo conceda, oltre ad un’organizzazione impeccabile sotto tutti i punti di vista, il valore aggiunto della passione per il ciclismo, che solo le persone come ‘i miei ragazzi’ posso trasmettere. Ecco, probabilmente, chi ha partecipato alle nostre manifestazioni, è tornato a casa con un sorriso in più, indipendentemente del piazzamento in corsa. La differenza la fanno le persone, sempre!

 

Tornando all’aspetto agonistico, il suo 2016 le ha portato il titolo provinciale e quello regionale di categoria. Non male per una donna eclettica come lei…

Poteva andare meglio! Non ci si accontenta mai. Sono, in ogni caso, abbastanza soddisfatta della stagione appena conclusa, anche se, sinceramente, speravo di ottenere un risultato migliore soprattutto nell’italiano su strada organizzato proprio dalla mia società. Ma, chi è dell’ambiente lo sa perfettamente, non è possibile correre, organizzare e ottenere un buon risultato. Ci ho riprovato con l’italiano della Consulta, ma una brutta caduta, per fortuna senza gravi conseguenze, mi ha impedito di finire la gara. Per cui va bene così. L’obiettivo estivo era mantenere e migliorare la forma in vista di una stagione invernale, si spera, ricca di soddisfazioni. Nel 2017 mi rimetterò ancora alla prova su strada… vedremo.

 

Quali sono le sue caratteristiche tecniche?

Chiariamo: non sono una professionista. Mi piace la salita, credo di riuscire meglio se ci sono delle pendenze, ma vere e proprie caratteristiche tecniche fatico a raccontarvele. Possiamo definire l’ottimismo e la perseveranza caratteristiche tecniche? Polini dice ‘testa, cuore e gambe’, le prime due ci sono. Le gambe le alleneremo in modo perpetuo, il resto è divertimento. Che si vinca o che si perda, l’importante è mettercela tutta, non mollare mai.

 

Silvia Bertocco

 

 

Chi è il suo modello sportivo?

Alessandro Zanardi. Un uomo che ha da insegnare molto, a mio avviso, non solo per quanto riguarda lo sport. La vita di tutti i giorni e la passione sportiva vanno a braccetto: la persona che sei al lavoro, con gli amici, in famiglia, rispecchia esattamente lo spirito sportivo che è in te: se sei una persona corretta e leale lo sarai sempre, in tutte le sfaccettature della tua vita. Zanardi è un esempio di uomo da seguire: un grande campione che si dovuto reinventare e lo ha fatto nel migliore dei modi. Un personaggio pubblico dovrebbe dare il buon esempio e lui ha messo al servizio di tutti il suo grande carisma, la sua voglia di vivere, la sua voglia di combattere e di vincere. Un vincente vero, puro, cristallino: un uomo che sorride alla vita, quando quest’ultima gli ha teso un’imboscata che avrebbe sconfitto molti. Mi piace pensare che la perseveranza sia una dote che puoi coltivare e far crescere, così come la voglia di vivere, nonostante tutto. Zanardi mi ha trasmesso tutto questo, per cui spesso mi chiedo che cosa farebbe lui al mio posto.

 

Novembre è il mese che tradizionalmente significa riposo. Oppure, come nel suo caso, ciclocross. Cosa ci racconta in merito?

Dice bene: tradizionalmente. Nel cross invece è il mese dello studio dell’avversario: si iniziano a definire bene le preparazioni e quello che è stato “messo in cascina” con gli allenamenti estivi inizia a dare i frutti. Ci si comincia ad allenare prevalentemente sui campi da cross, abbandonando del tutto la bici da strada. Si cerca la perfezione nella tecnica. Si spera in un po’ di pioggia per allenarsi e correre nel fango, così da non trovarsi poi spiazzati a gennaio con i campionati che sono solitamente molto ‘bagnati’ e ‘scivolosi’. Il cross è un mondo a sé stante, una disciplina molto particolare, dove non conta la scia o la strategia, o meglio non è spesso determinante, conti tu, devi avere una buona preparazione (45/50 minuti fuori soglia) con cambi di ritmo continui, devi avere acquisito una buona tecnica: essere un tutt’uno con la tua bici, deve esserci un’armonia, devi saperla guidare nel fango, la devi accompagnare in traiettoria e non te la puoi far sfuggire. Il cross è lo sport delle tre F: fango, freddo e fatica, e quando lo pratichi diventa tutto poesia.

 

Il 2017 è ormai alle porte, cosa chiediamo alla nuova stagione?

Un fine stagione crossistica da ricordare. Un po’ di riposo e una stagione su strada che porti nuovi traguardi e nuovi obiettivi. Chiederei anche che vada in porto un grande progetto organizzativo che per ora è solo un’idea da sviluppare (non vi anticipo niente per scaramanzia…), ma al quale tengo molto. Spero di continuare il mio percorso con il mio amato Velo Club, all’insegna della passione per il ciclismo.

 

 a cura di PAOLO MEI Copyright © INBICI MAGAZINE

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