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DONNA INBICI



Un’anima ciclistica particolare, fuori dagli schemi e con una naturale propensione ad aiutare il prossimo. Così è nato un viaggio speciale tra Milano e Parigi per aiutare i bambini ciechi del terzo mondo

 

 

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Laura Romano ha 26 anni e vive in provincia di Milano, a Bollate. Quando l’abbiamo contattata ci ha raccontato quella che era la sua “pazza” idea: partire dall’Arco della Pace, a Milano, e arrivare, da sola, all’Arco di Trionfo, a Parigi. Oltre 1000 km attraversando la pianura padana, la Val di Susa, il Moncenisio, Chambery, Lione, la Loira per chiudere nella capitale francese.

Laura per sua stessa ammissione non assomiglia minimamente al ciclista della domenica. In possesso di una MTB front, con quella ha iniziato ad innamorarsi delle due ruote. Non è un’agonista, non è un’atleta disposta a vendere l’anima al diavolo per aumentare le sue performances, semplicemente una ragazza normale che ha deciso di realizzare questo sogno.

 

Laura, perché questo viaggio in bici?  

Diciamo che si sono unite due strade. Sono stata sempre un’amante della natura, delle montagne, dell’avventura. E molto spesso vado per monti da sola, di notte e di giorno, con il sole, con la neve, a vedere le stelle, alba, tramonto. Forse complice la passione per la fotografia.  Fatica e attesa del momento non sono di certo passioni che coinvolgono tante persone, quindi ho sempre deciso di andare da sola piuttosto che non andare. Sono fidanzata da 5 anni con un ragazzo di Lecco, che da un paio di anni abita a Parigi per motivi di lavoro.  Quasi per scherzo un giorno ho detto: “Beh vengo a trovarti in aereo, in autobus, manca solo la bicicletta…”. Non ho mai dato peso a quello che avevo detto… Poi ho incontrato sulla Grignetta Stefania Valsecchi detta Steppo. Avevo seguito le sue imprese di unificare l’Italia in bici e le sue corse in Himalaya. Lei scendeva dalla Grignetta, io salivo. Entrambe da sole. Mi sono fermata e le ho fatto i complimenti per quello che faceva, buttando lì un “mi piacerebbe andare a Parigi in bici, il mio ragazzo ora abita lì”. E lei, prendendo sul serio la questione mi ha incoraggiato a farlo. Tutto si può fare. E così ho cominciato a pensarci sul serio, ad allenarmi più o meno seriamente. Ho cominciato a dirlo ai primi amici, sentendo sempre le stesse parole: “tu sei matta!”. La prima strada è proprio questa.

 

 

 

E la seconda strada?

La seconda strada è più lunga, meno immediata. Sono sempre stata sensibile ai temi della solidarietà, dell’aiuto agli altri. Ho sempre sognato di prendere parte a un progetto che potesse in piccola parte cambiare in meglio il mondo. Da 6 mesi sto facendo uno stage in una ONLUS: CBM Italia (https://www.cbmitalia.org) e mi sono da subito appassionata alla “mission”, ai programmi di aiuto, al vivere il posto di lavoro come una grande famiglia. CBM è la più grande organizzazione umanitaria internazionale impegnata nella prevenzione e cura della cecità e della disabilità nei Paesi del Sud del mondo. Allora ho deciso che avrei pedalato con CBM, per CBM. La mia idea iniziale è stata quella di lanciare una raccolta fondi per sensibilizzare le persone a donare 1€ per ogni km che faccio: pertanto 1000km = 1000€ 

 

Ci spieghi meglio…

Le faccio un esempio: un’operazione di cataratta per un bambino costa in media 125€, quindi riuscirei a far operare 8 bambini. 8 bambini che potrebbero vedere per la prima volta i loro genitori, potranno andare a scuola, giocare, difendersi da tutti i pericoli che possono sorgere se si vive in un luogo non sicuro come le case in Africa, Sud America, India. Insomma l’idea è di aiutare i bambini che soffrono.

 

Allora perché la partenza da Milano e l’arrivo a Parigi?

Partenza e meta, rispettivamente Arco della Pace e Arco di Trionfo, diventano quindi simbolo degli archi che si usano per costruire i ponti. Ponti di solidarietà anche tra i Paesi ricchi e quelli poveri.  Sicuramente ci sono persone che fanno imprese più estreme di questa. Io ho voluto farlo da sola, senza alcun tipo di aiuto al seguito. Ma la vera impresa è quella di poter concretamente aiutare questi bambini. La bicicletta è il mezzo più bello per fare questa cosa: ti costringe al movimento per non perdere l’equilibrio. L’azione per cambiare un po’ il mondo. Mettersi in gioco anche senza essere dei fenomeni per realizzare dei piccoli sogni. 

 

Al termine del viaggio, quanti km ha effettivamente percorso e quanto ha potuto raccogliere?

In totale sono 1089 i chilometri percorsi, 9199 metri di dislivello affrontati, 1350 euro raccolti. 

I soldi sono stati devoluti per procurare medicinali alla clinica Buluk di Juba, in Sud Sudan. 

 

C’è qualcuno che vorrebbe ringraziare?

Ho avuto degli sponsor che mi hanno aiutato per il materiale, tra cui Enervit per tutte le barrette energetiche e i sali minerali, DAMA sportswear che mi ha creato un completino apposta per l’impresa, Roberto Motta che mi ha aiutato a sistemare la bicicletta e il grande Niki Giussani (avevo il logo della ditta in cui lavora CW Bearing) che si è dimostrato un grande campione anche fuori dalle corse. Ha preso a cuore la vicenda e mi ha aiutato a cercare gli sponsor e mi ha dato consigli tecnici. Davvero un gran cuore, lo ringrazio infinitamente. 

 

Che cosa le rimane di questa esperienza?

Ho fatto tutto il viaggio fisicamente da sola, come da programma, ma ho avuto il sostegno davvero di tanta gente. Alla partenza, all’Arco delle Pace, i miei colleghi di CBM Italia Onlus mi hanno preparato uno striscione e mi hanno salutato con tanto affetto. Sul tragitto ho incontrato persone davvero speciali. Ringrazio il gruppo di ciclisti che hanno corso la Susa-Susa Randonnée e che mi hanno incoraggiata sul progetto di raccolta fondi e mi hanno incitata sulla salita al Moncenisio. Un gruppo davvero speciale. Ringrazio Lauro Scagnolari, l’organizzatore.

 

a cura di PAOLO MEI 

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