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Edita Pucinskaite 1

Edita Pucinskaite:



Alla fine di una carriera nella quale ha corso in ogni parte del mondo vincendo 98 corse ufficiali, Edita Pucinskaite è l’unica donna nella storia del ciclismo ad avere vinto il Tour de France (nel 1998 maglia gialla dalla prima all’ultima tappa), il Giro d’Italia e un campionato del mondo su strada.

 

Arrivata molti anni fa in Italia dalla Lituania (nel 1996), suo paese natale,e dopo una vita intera in sella a una bicicletta da corsa, Edita ha ottenuto sua la vittoria più bella: è diventata mamma di Tomas, il suo bambino che le ha cambiato la vita e portato quella gioia immensa, indescrivibile, unica, che ancora le mancava.

 

La bicicletta è comunque sempre presente nella vita di Edita sotto forma di volontariato, beneficenza e divertimento insieme ai suoi amici dell’Avis Bike Pistoia.

 

D) Negli ultimi tempi, prima di quest’intervista, ti avevo chiamato almeno 3 o 4 volte ma non mi hai mai risposto. Ok, posso capire che il pargoletto ha fame e vuol mangiare per crescere in fretta, ma non si trattano così i vecchi amici… A proposito, Tomas pedala già?

R) Hai proprio ragione, sai come faccio a farmi perdonare? Invito te e la tua compagna da me in Toscana, terra di buon vino, eccezionale olio d’oliva e ciclismo. Vedrai che dopo una bella pedalata tra le colline della Valdinievole, dopo una fiorentina al sangue (che cucinerà mio marito Roberto), un bicchiere di chianti e un sorriso di Tomas mi avrai perdonato tutte le chiamate perse e avrò un “bonus” per il futuro. Il pargoletto pedala anche quando dorme e ha tanta di quella forza nelle gambe che mi domando se devo essere contenta o se preoccuparmi.         

 

D) A parte le battute, cara Edi, so benissimo quanto tu sia impegnata nel nuovo ruolo di mamma a tempo pieno. E’ una domanda scontata ma penso sia d’obbligo: com’è cambiata la tua vita dopo la nascita di Tomas? Avevi pensato che fosse tutto così e quindi ti eri già preparata o hai dovuto affrontare una realtà completamente diversa di quanto immaginavi?

R) Mi piace la versione di Edita dopo Tomas; Edita di ora riesce a gustare la vita invece di aggredirla come faceva una volta. Riesce ad assaporare gli attimi senza fretta invece di vivere a tutta in corsia di sorpasso come quando gareggiava. Certo, senza il mio passato agonistico, fatto di rinunce, di sofferenza infinita in gara, di ritiri, viaggi, trasferte, di cadute che aprono in due un ginocchio o freddo che entra nelle ossa e se ne va soltanto sotto una doccia bollente o caldo africano che scioglie l’asfalto e che ti porta a toccare i limiti (solo per fare due esempi, ma potrei andare avanti all’infinito), senza ovviamente le sconfitte e le conquiste, la mia maternità sarebbe ugualmente bella ma diversa. Invece vivo l’armonia tra i ricordi del passato e la gioia del presente e questo mix di sensazioni è semplicemente perfetto. Insomma, facendo un bilancio e guardandomi  allo specchio mi viene da dire: non potrei chiedere altro dalla vita.

Se avevo pensato che fosse tutto così? No, non ero sicura di riuscire a gioire così tanto la mia quotidianità odierna, sapevo che la realtà spesso è molto più grigia dei sogni quando si tratta di pannolini, pianti e notti insonni ma almeno per ora, grazie cielo, il mio bambino è estremamente solare. Ride spesso e piange poco, non ha avuto le “colichine” e tutto sommato mi fa anche dormire la notte e poi cresce senza disturbi a vista d’occhio, pure lui ha voluto mettere del suo per vedermi sempre di buon umore. Certo, arriveranno momenti difficili: malattie infantili e problemi di ogni genere ma supererò tutto come solo le mamme sanno fare. Se ho vinto sul Tourmalet staccando tutte con un tempo infernale posso anche resistere alle botte future che la vita di mamma mi riserverà…

 

D) E Roberto, tuo marito, come se la sta cavando con pannolini e biberon? Che marito e che papà si sta dimostrando dopo la nascita di vostro figlio?

R) Roberto se la cava benissimo, soprattutto quando la mamma bacia il piccolo, prende la bici e esce fuori a prendere una boccata d’aria. Accade nei week end: i due uomini rimangono da soli e al ritorno li ritrovo tranquilli e sdraiati sul divano, uno che guarda il calcio e l’altro che dorme, sgambetta o pedala (e ride…) al suo fianco.    

 

D) Sia ben chiaro che non voglio monopolizzare l’intervista sulla tua maternità ma, conoscendoti, sono sicuro di non sbagliarmi: questo evento meraviglioso rappresenta, come ho voluto sottolineare nel titolo, la tua vittoria più bella. Potessi tornare indietro nel tempo lo faresti prima o è stato giusto aspettare fino a ora?

R) E’ una bella domanda… Ho sempre voluto separare le due cose, ciclismo per professione e la maternità. Questo perché la vita che conducevo mi portava lontano da casa per duecento giorni all’anno circa e, oltre a chiedere la massima concentrazione e dedizione (non poteva essere diversamente), era la mia priorità assoluta. Smettere presto, allontanandosi bruscamente dal mondo che mi apparteneva, dalle squadre che continuavano a corteggiarmi per ingaggiarmi come  leader delle corse a tappe mettendomi a disposizione l’intero team, sarebbe stato un controsenso. Fermarsi per un figlio per poi rientrare in carreggiata non era da me.

Qualcosa da dentro mi diceva che, per come sono fatta, non sarei riuscita a vincere e anzi avrei fallito sia come atleta che come mamma. Lo so che qualcuna ci riesce, beate loro; io sarei stata ammazzata mentalmente dai miei stessi sensi di colpa visto che al solo pensiero di non essere al fianco del mio bambino nei momenti di bisogno cominciavo a stare male.

Così rimandavo sia il pensiero che le voglie e pensavo tra me e me ai miei ex colleghi uomini, dei veri privilegiati in un certo senso. Un bimbo potrebbe nascere magari mentre uno di loro si trova in fuga in una tappa del Tour, lui riceve la notizia via radio e fa di tutto per poter alzare le braccia al cielo e dedicargli la vittoria. Tu invece sei li, piena di dubbi se fai bene o male ad aspettare. Ho aspettato e ho fatto sicuramente la scelta migliore che rifarei: realizzarmi prima nella mia professione per dedicarmi, in totale serenità alla nuova vita, è stata per me la formula ideale. Tomas è la mia vittoria della vita (quella “più bella”,come dici tu nel titolo) proprio perché di una vita si tratta.              

 

D) Conosco alcune tue ex colleghe che per non smettere di correre da giovani o di interrompere la carriera decidono a priori di non avere figli. Pensi sia una scelta giusta o è solo dettata dall’egoismo e dalla paura di restare senza contratto? Ne vale la pena?

R) Anch’io in un certo senso ho tirato abbastanza avanti, chiudendo l’attività a 35 anni. Potevo benissimo continuare almeno per altri cinque, ma ho tirato i freni scendendo dalla bici agonistica per due motivi: il primo legato ai pensieri della maternità che bussavano sempre più forte, il secondo per i motivi d’orgoglio. Ho sempre stimato i campioni che hanno intuito il momento dell’addio, sapersi fermare in tempo, da vincenti, senza essere sul viale del tramonto è una bella qualità. Perché attenzione, da fuori sembra facile ma non lo è per niente, quella vita che fai coinvolge e trascina, cambiare tutto bruscamente significa capovolgere e sconvolgere totalmente ogni cosa.  Per quello che riguarda le ex colleghe che rinunciano ai figli per la bici… non mi sento di giudicarle, è veramente difficile fare una scelta, la prerogativa dei tempi moderni è quella di aspettare l’ultimo treno per poi tentare di saltarci sopra, questo vale sia per le sportive che per le donne in carriera in generale. Non sempre si tratta di egoismo, siamo sempre più esigenti verso il partner e per questo talvolta non lo troviamo proprio, senza toccare il triste capitolo della questione economica… Ognuna ovviamente è libera di fare ciò che vuole, l’importante è non pentirsi delle scelte fatte come spesso succede, d’altra parte tutti facciamo le mosse che pensiamo siano giuste in quel momento, proprio perché è difficile prevedere il futuro o vedere la nostra fotografia tra qualche decennio. La vita, alcune volte, è come un gioco d’azzardo, nel bene e nel male. Ne vale la pena rinunciare consapevolmente a un figlio per il lavoro? No, per me no, la vita è la cosa più bella che esiste.              

 

D) Un uccellino, forse un gabbiano, un giorno mi disse che una della canzoni che ricordi in assoluto con più piacere è “Vorrei incontrarti tra cent’anni” di Ron, giusto? Allora Edi, penso sarà impossibile ma, se per un assurdo scherzo del destino dovessi mai rincontrarti tra cent’anni, cosa mi diresti nella prossima intervista?

R) Ti direi “ciao Roby, ma che bel sogno che ho avuto stanotte, ero io nella vita precedente, avevo sui trentasette – trentott’anni, abbracciavo il mio bambino piccolo piccolo e sorridevo. La cosa più strana è che mi sentivo leggera, come il gabbiano Jonathan Livingston, capace di staccarsi dalla precedente vita e intravedere una nuova via da poter seguire… Poi mi sono svegliata… Che bella sensazione”  

 

  

fonte Roberto Zanetti  Copyright © INBICI MAGAZINE

1) Cena di Pasqua
3) Edita e Tomas
4) Gruppo Ciclistico Avis Pistoia 2013
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