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FELICE GIMONDI, NON CHIAMATELO “ETERNO SECONDO”


Con l’improvvisa scomparsa di Felice Gimondi l’Italia del ciclismo perde uno dei suoi campioni più celebrati, uno di quegli “artigiani della fatica” che, nei trionfi e nelle sconfitte, hanno segnato un’epoca e fatto appassionare un intero paese. Dal Tour vinto da debuttante alla rivalità con Merckx, Gimondi ha sempre vissuto il ciclismo con garbo e serenità a dispetto di una carriera sportiva senza eguali in Italia e con pochi paragoni nel mondo.

I detrattori gli affibbiarono l’etichetta di “eterno secondo”, in realtà Gimondi aveva vinto tutto: tutti e tre i grandi giri (quello d’Italia tre volte), il mondiale, Roubaix, Sanremo e Lombardia. E’ arrivato secondo al Fiandre, a Gand e alla Freccia, dei podi “monumento” gli manca solo la Liegi. Se non avesse incrociato sul suo cammino un certo Eddy Merckx, il Cannibale sarebbe stato lui.

Eppure, quando riavvolgeva il nastro della sua vita sportiva, non tradiva il minimo rimpianto e, anzi, si dichiarava “lusingato” di aver lottato tante volte con il “più grande ciclista di tutti i tempi”. Lo stesso che, poche ore dopo la scomparsa, visibilmente segnato dal lutto, gli ha dedicato un pensiero toccante: “Questa volta – ha detto il Cannibale – perdo io, perché con Felice se ne va un amico e un grande uomo”.

Un campione sui generis per l’Italia del ciclismo, elegante e sempre educato, lontano anni luce dai mugugni alla Bartali o dal lirismo epico di Coppi, un bergamasco schivo e poco mediatico che, con la forza delle sue imprese, regalò all’Italia del dopoguerra alcune vittorie leggendarie. Un campione a 360 grandi, capace nei circa quindici anni vissuti da professionista di imporsi in tutti i modi: in fuga, da grande scalatore, in volata, da sprinter, e anche nelle prove a cronometro.

E, appesa la bicicletta al chiodo, fedele alla sua passione, restò nel mondo del ciclismo e – nelle vesti di presidente della Mercatone Uno – percorse un po’ di strada al fianco di un certo Marco Pantani, troppo diverso da Felice per far scoccare la scintilla: “Fra di noi – si rammaricava – non c’è mai stato feeling e questo mi è sempre dispiaciuto molto”.

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