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FRATELLI DI DESTINO


La Montagna. Rispettoso e reverenziale soprannome che gli abitanti di Catania hanno voluto regalare all’Etna.

Vulcano attivo, ma buono. Fa paura, ma non troppa. Sanno, i siciliani, che vuol loro bene. E loro la rispettano, temendola e venerandola.

Il Giro è già stato da queste parti, ma mai prima d’ora si era trovato al cospetto dell’Osservatorio Astrofisico. E’ dura, ragazzi, è un massacro. Di testa, di gambe, di tutto. E fa freddo, tanto che un giaccone imbottito quasi non è sufficiente per chi è a bordo strada. Si battono i denti assieme alle mani. La Montagna non perdona.

 

Esteban Chaves al Giro d’Italia è legato, anche se qualche anno fa gli è stata negata la gioia della vittoria finale ad una sola frazione dalla fine. “Ma abbiamo perso solo una corsa in bici, la vita è così”, il suo commento dopo la sconfitta. Esteban Chaves oggi ha attaccato su quelle rampe che incendiano i muscoli come lava dentro il vulcano che gli stava sotto le ruote. Irresistibile, Esteban.

Alle sue spalle, c’è battaglia. Il primo colpo è di Simon Yates, suo compagno di squadra. Sembra una pantera, da come scappa e si dilegua. E’ sempre più vicino a Esteban, tant’è che a 500 metri dal traguardo lo raggiunge. Si guardano, non serve dire niente. Sono compagni, sono fratelli di destino. Si conoscono, sanno solo loro quello che c’è da fare. Simon si mette davanti, sa che al di là della linea bianca c’è la Maglia Rosa che lo aspetta. Simon si mette a tirare, la vuole a tutti i costi. Esteban sta a ruota, sa che dietro le spalle del compagno c’è la vittoria. Esteban sta lì, sa che la vuole a tutti i costi. Simon si sposta, a pochi metri dall’arrivo, Esteban lo supera. E’ questione di centimetri, ma arrivano assieme.

Ha vinto Esteban, che “Questo è uno sport, non è una guerra: è amore”. Esteban, che è un inno alla vita. Esteban, che è una storia difficile, costruita su tante cicatrici, esterne ed interne. Ma se volete capire come uscire dai momenti bui, scioglietevi nel guardare il suo sorriso, perenne e bellissimo. E’ saggezza ingenua, la sua, talmente pura da poter essere la base di un mantra. Abbraccia un suo tifoso, posizionato dietro le transenne alle spalle del palco. Lui piange, ha le lacrime agli occhi dalla gioia, gli dice “Sei un mito” infreddolito e col naso arrossato. Esteban gli sorride. “Grazie dalla Colombia, Chaves” gli urla una donna.

“Grazie dal ciclismo, Esteban”.

 

A cura di Giulia Scala per InBici Magazine

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