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GIULIANA LAMASTRA



FONDISTA, PODISTA, CICLISTA, MA SOPRATTUTTO MOUNTAIN BIKER DELLA PRIMA ORA. VERA E PROPRIA AMANTE DELLO SPORT, GIULIANA E’ ANCHE TRIATHLETA E ORGANIZZATRICE DI EVENTI. UNA “DONNA IN BICI” CHE INCARNA PERFETTAMENTE IN SE STESSA LO SPIRITO DEL MOVIMENTO DELLE DUE RUOTE.

 

Ci sono donne “in bici” la cui storia vale la pena di essere raccontata, per mille motivi. La “Donna in bici” del mese arriva dalla Valle d’Aosta e fa parte di una famiglia che vive facendo sport di fatica ogni giorno, per il gusto di stare bene. Giuliana Lamastra, è di lei che parliamo, è figlia di Paul, un maestro di sci appassionato di bicicletta e di Mariella, fondista e ciclista. Giuliana ha una sorella minore, Lucrezia, che è stata nazionale di mountain bike sul finire degli anni ’90 (per molti era l’erede di una certa Paola Pezzo) e un fratello, Giuseppe, meglio conosciuto come Pippo, a sua volta nazionale di mountain bike (18° in una prova di coppa del mondo a Canberra qualche anno fa). Giuli, come la chiamano gli amici, ha iniziato molto presto a fare sport, facendo parte del comitato regionale ASIVA di sci di fondo, prima di passare alle ruote grasse. Nello sci ha ottenuto anche alcune vittorie di peso, come la Marciagranparadiso. Nella mountain bike ha fatto parte della nazionale italiana durante i mondiali del Ciocco nel 1991 e di Bromont in Canada nel 1992. Ha poi proseguito la sua carriera nel mondo delle gran fondo su strada, prima di passare al winter triathlon, specialità nella quale ha vinto svariati titoli nazionali e vestito la maglia azzurra. Da poco tempo è scesa in campo anche in politica ed è impegnata nell’organizzazione di eventi sportivi, dalle manifestazioni di winter triathlon alla Granparadisobike, in programma a Cogne il 30 agosto 2015. Giornalista e professoressa di italiano, Giuliana è un fiume in piena con la mente rivolta sempre allo sport.

 

Buongiorno Giuliana, come è iniziata la sua passione?

Buongiorno a voi, sono salita in bici a sei anni, poi ho incominciato a fare le prime gite con la famiglia in bici da corsa. Sportivamente parlando, le prime gare le ho fatte con gli sci da fondo. Quando è arrivata la mountain bike, è stato naturale usarla come preparazione. I primi percorsi delle gare di  mountain bike erano proprio sulle piste da sci di fondo. Diciamo che vanto il titolo di “giovane vecchia gloria”, perché ho iniziato giovanissima a fare mtb ed ero la più giovane dei pionieri di questa specialità. In bici mi ci ha messo mio papà, da sempre appassionato di novità. La prima bici seria è stata una Cinelli Sentiero, la seconda una meravigliosa Specialized Stumpjumper che mio papà regalò a mia mamma in occasione dei suoi 40 anni. Ho vissuto il mountain biking nella sua prima era, quella pionieristica, la più bella e suggestiva. L’epoca pionieristica è la più bella di ogni sport, perché è in quel momento che tutti provano, testano, si vestono a loro modo. Diciamo che sino a quando non arrivano gli specialisti veri, ogni sport vive l’epoca più bella.

 

 

 

 

Lei arriva da una famiglia di sportivi, soprattutto ciclisti, giusto?

Si, senza dubbio. La bici ha tradizione maschile e, tolto il caso di Alfonsina Strada, è sempre stato un mondo molto maschile. La mtb invece è arrivata tardi in Italia, in un momento in cui anche le donne hanno potuto iniziare a praticarla, al pari degli uomini. Nella mia famiglia oltre a me e mia mamma, anche la mia sorella Lucrezia ha praticato sci di fondo e mountain bike ad alto livello. Il movimento italiano del fuoristrada ha potuto contare sulle vittorie di Paola Pezzo, elemento che è stato da traino per il settore femminile.

Facciamo un bel passo indietro. Lei ha partecipato a due mondiali di mountain bike: Ciocco 1991 e Bromont 1992.

 

Che ricordi conserva di quegli anni?

Un ricordo bellissimo di un’epoca straordinaria. Devo ammettere che, per quanto io sia onorata di aver vestito la maglia azzurra, devo riconoscere che rispetto alle ragazze che oggi fanno parte del team Italia, il nostro livello era senz’altro più basso, proprio perché non esisteva la specializzazione. Era un altro livello. Mia sorella, che corse in nazionale sette anni più tardi, andava certamente molto più forte. Quello che ricordo con più affetto è stata certamente la mia prima partecipazione al mondiale, non solo di XC, ma anche a quello di DH. Fu emozionante mettere il casco integrale e sfidare le migliori del mondo. Poi, ricordo i personaggi famosi, John Tomac, Ned Overend, Juli Furtado, Ruthie Matthes. Essere li con loro era comunque motivo di orgoglio. Vederli da vicino era emozionante.

 

Qual è stato il suo miglior risultato ottenuto da biker?

Ricordo l’edizione dei campionati europei a Metabief nel 1994 in Francia, feci una gara di alto livello, avevo solo vent’anni. Mi sentii per la prima volta una biker vera. Riuscii a battere una certa Annabella Stropparo. Mi sentii davvero “in gara”, parte del movimento.

 

Quanto è cambiata la mountain bike?

E’ cambiata tantissimo tecnicamente, si è specializzata. Il livello si è alzato, proprio per la specializzazione che una volta non esisteva. Una volta i migliori bikers arrivavano, dal ciclismo, dallo sci, dal pattinaggio, dall’alpinismo, dall’atletica. Oggi sono tutti livellati. Vi dirò di più: oggi i biker sono tutti simili, nella scelta della bici e dei vestiti. Negli anni 90 Tomac si distingueva per il manubrio da strada, Overend per le appendici. Per non parlare poi dell’abbigliamento, dove ognuno si sbizzarriva e diventava originale a suo modo. Diciamo che una volta si cercava di distinguersi dalla massa, oggi è l’esatto contrario. L’amatore oggi si veste come Marco Aurelio Fontana, con i pantaloni larghi.

 

 

 

 

Ha avuto un modello a cui ispirarsi?

Non ho avuto un modello. Anche se nel tempo ho conosciuto Gunn Rita Dahle. Quel suo essere norvegese in mezzo al gruppo in qualche modo la distingueva. Poi ho apprezzato Katarina Neumannova, che ha partecipato alle Olimpiadi di sci di fondo e anche a quelle di MTB ad Atlanta. Diciamo che non a caso la mia vita è stata sempre sci di fondo e mountain bike, proprio come lei. Forse le assomigliavo anche, bionda e alta come me.

 

Perché una ragazza dovrebbe pedalare?

Perché pur essendo sport individuale, è una disciplina che ti permette di faticare, ma ti fa divertire. In mountain bike soprattutto. Le donne sanno fare tante cose, no? Si può pedalare per 5 ore come per un quarto d’ora, la pedalata da sempre molte emozioni.

 

La naturale evoluzione della sua carriera ha trovato sbocco nella triplice disciplina invernale. Il winter triathlon. Che cosa ci può dire in merito?

Beh, certamente il winter triathlon (corsa, sci di fondo e mtb) è la disciplina cucita perfettamente in base alle mie caratteristiche. Ha molte potenzialità questo sport, ma purtroppo non è olimpico e i numeri non crescono. Forse anche perché è molto tecnico. I big sono troppo forti, mentre la massa rischia di fare delle figuracce rispetto ai big stessi. Rimane comunque un’ottima opportunità di vivere la montagna. In questa specialità ho vinto alcuni titoli italiani e sono stata organizzatrice di tre edizioni dei campionati del mondo.

 

Organizzatrice, dunque. Ma non solo di Winter Triathlon.

Esattamente. Ho acquisito delle competenze con il tempo che mi sono state utili in questi ultimi anni. Sono nata fondista, sono diventata biker e poi triathleta. Ho iniziato a fare sci di fondo sulle nevi di Cogne da giovanissima. La mia nuova sfida da organizzatrice è la Granparadisobike, che andrà in scena a Cogne, guarda caso. Proprio dove, trent’anni fa, incominciai a fare fatica sugli sci. Un cerchio che si chiude insomma. Oltre a questo insieme a mio fratello ho incominciato a insegnare mountain bike ai bambini. Insomma, la mountain bike fa parte di me.

 

Che cosa si aspetta dalla prossima edizione della Granparadisobike?

La speranza è quella di ritrovare ai nastri di partenza i bikers della prima ora, che nel tempo si sono un po’ allontanati da queste gare. E’ il nostro obiettivo per il 2015, sperando ovviamente di avere almeno 500 iscritti.

Grazie davvero Giuliana, è stato un piacere incontrarla.

Grazie a voi, buone pedalate!

 

Fonte  PAOLO MEI Copyright © INBICI MAGAZINE

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