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© Gian Mattia D'Alberto - LaPresse: il museo del ciclismo del Ghisallo

I LUOGHI SACRI DELLA BICICLETTA: IL SANTUARIO DEL CICLISMO


Viaggio nel Museo del Ghisallo dove Fiorenzo Magni ha creato uno straordinario museo dedicato alla storia dei “cavalli d’acciaio”

 

Dici o scrivi Ghisallo e la mente va subito al ciclismo. Ecco perché proprio qui, al Passo del Ghisallo, Fiorenzo Magni ha voluto creare un museo in omaggio allo sport che gli ha regalato fama e notorietà.

Sia ben chiara una cosa, però: tutti i grandi successi in ambito sportivo e imprenditoriale che il campione toscano ha conquistato sono frutto di tanti sacrifici, della sua raffinata intelligenza, del suo saper prevedere il futuro e muoversi nella giusta direzione in netto anticipo rispetto agli altri. Eppure ha sempre ritenuto il ciclismo “il regalo più grande che abbia mai ricevuto”.

Il Museo si lega quindi in modo indissolubile a Fiorenzo Magni e soprattutto al Santuario della Madonna che potremmo considerare l’antenato di questa modernissima struttura pensata nel 1994, iniziata nel 1999, inaugurata nel 2006, in piena attività a partire dal 2015 dopo alcuni anni di grave crisi a seguito della morte del leggendario Leone delle Fiandre avvenuta il 19 ottobre 2012.

Il Ghisallo è una montagna che tocca quota 754 metri, sorge quasi in mezzo ai due rami del Lario meglio conosciuto come Lago di Como, si affaccia sul ramo di Lecco ed ha come sfondo le Grigne considerate “le Dolomiti della Lombardia”. Deve il suo nome a un conte cacciatore che per sfuggire ai briganti si rifugiò presso un’icona mariana eretta dai contadini di Magreglio. Scampato il pericolo il conte Ghisallo tenne fede alla promessa, fece costruire un tempietto in onore della Vergine che poi si trasformò in chiesetta abbellita negli anni successivi da un portico a tre archi. A quell’epoca (si calcola che la parte originaria della chiesetta risalga al 1623) non esistevano le biciclette, ma a cavallo tra l’800 e il 900 “il cavallo d’acciaio” aveva fatto proseliti in tutto il mondo e si organizzavano gare su gare a tappe o in linea per appagare le richieste di corridori e di spettatori sempre più numerosi e interessati.

Fiorenzo Magni al Museo del Ghisallo

 

Armando Cougnet, organizzatore del Giro d’Italia e delle maggiori corse ciclistiche, cercava sempre nuovi percorsi per le sue manifestazioni, Giro di Lombardia compreso. Nel 1919 inserì per la prima volta il passo del Ghisallo nel tracciato di quella che sarebbe stata definita “la classica delle foglie morte” e da allora lo si è sempre affrontato. E visto che in vetta spicca la chiesetta della Madonna, le testimonianze fotografiche di allora hanno fatto scoprire all’immenso pubblico del ciclismo quello che sarebbe diventato il Santuario della Madonna, patrona dei ciclisti.

La piccola chiesetta poco a poco è stata sommersa da bici, maglie, ex voto che i ciclisti, italiani e stranieri, lasciavano o facevano pervenire a don Ermelindo Viganò cuore pulsante del Santuario. La ristrettezza della struttura, l’impossibilità di esporre tutto il materiale che i ciclisti offrivano dette l’idea a Fiorenzo Magni della costruzione del Museo, non in antitesi al Santuario ma a corollario. Sicuramente fu un cammino lungo, tortuoso, una salita difficile come è appunto il Ghisallo, ma come una volta arrivati in cima lo spettacolo che si ammira è davvero mozzafiato così il museo incanta per quello che sa offrire al visitatore.

La realizzazione del Museo del ciclismo è stata affidata a due architetti. Davide Bergna ha realizzato l’opera muraria, tenendo ben presente i criteri di integrazione con il paesaggio. Pier Federico Caliari ha invece progettato la parte espositiva. Senza addentrarsi in particolari troppo tecnici, si può dire che il Museo è sorto organizzato in cinque “isole-sezioni”: la grande enciclopedia del ciclismo, cimeli, ciak campioni – film sul ciclismo, “24 + 24” e design della bicicletta da corsa. I titoli sono decisamente esaustivi, una spiegazione sicuramente merita il “24 + 24”: si tratta di una sezione a carattere retrospettivo.

I quarantotto ciclisti dal migliore palmares vengono proposti all’interno di due ambienti circolari attraverso una selezione di immagini storiche, un quadrante biografico ed un dettagliato palmares.

Osservando le pareti non si può evitare di essere catturati dal rosa di una collezione molto particolare. Su una di esse, infatti, spicca la raccolta di maglie rosa più grande del mondo. Una raccolta cominciata in collaborazione col il Giro d’Italia e che si arricchisce di anno in anno con pezzi del passato e delle nuove edizioni.

Dopo la morte di Fiorenzo Magni ed un periodo di grave crisi (sotto tutti i punti di vista, economico, organizzativo e societario) Antonio Molteni, ex corridore, grande amico di Magni cui è sempre stato al fianco fin dai tempi della progettazione dell’opera, ha assunto la presidenza della Fondazione Museo del Ghisallo e con i suoi preziosi collaboratori (la maggior parte volontari) ha dato nuova vita a questo straordinario angolo di storia e cultura. Dal 2015 al Museo vengono organizzati una quindicina di eventi e incontri tematici, tra questi la Biennale d’Arte Sportiva del Ghisallo e della Valassina, la ciclostorica “La Ghisallo” organizzata grazie alla collaborazione con il Comune di Magreglio e la Polisportiva Ghisallo insieme a numerose associazioni del luogo, per non parlare del classico passaggio durante il Giro di Lombardia che coinvolge migliaia di tifosi lungo la strada per il passaggio dei corridori. Dopo aver visto i campioni del giorno d’oggi sono in molti coloro che vanno a dare un’occhiata alle foto, ai reperti, ai filmati di quelli del passato, da Coppi a Bartali, da Gimondi a Merckx, da Moser a Saronni, da Bugno a Chiappucci, da Argentin a Fondriest.

Fu lo stesso Fiorenzo Magni a scegliere Carola Gentilini direttore del Museo perché come sempre aveva visto giusto: ragazza preparata, colta, intelligente non si arrende mai, affronta le avversità e gli aspetti positivi con la stessa grinta. Prima o poi qualcuno la soprannominerà la Leonessa del Ghisallo. Il binomio Molteni-Gentilini (con l’aggiunta di Luciana Rota, figlia d’arte) attira sempre più spettatori grazie a molteplici iniziative ma soprattutto grazie al coinvolgimento di campioni in attività, come accaduto con Vincenzo Nibali o scesi di bicicletta (è programmato in occasione del Giro di Lombardia 2018 un incontro con il belga Johan Museuw, straordinario cacciatore delle classiche del Nord) che attirano moltissimi tifosi. Giusto che “la casa del ciclismo” promuova incontri tra i protagonisti ed i sostenitori. Sotto questo aspetto la direzione del Museo ha trovato molta disponibilità presso i corridori.

Grazie a questa politica il 2018 si chiuderà con ulteriore record di affluenza (nel 2017 ci furono 13.000 visitatori, 8.000 dei quali provenienti dall’estero) secondo le previsioni si dovrebbe superare quota 20.000. Molto apprezzate sono iniziative quale “Tutti i colori della vittoria”, la rassegna che ripercorre tutta la carriera di Paolo Bettini, con maglie, bici, trofei che hanno accompagnato la sua lunga carriera, da allievo a campione olimpico e due volte campione del mondo. Così come grande interesse ha suscitato la mostra “Alessandria Città delle biciclette”. Particolare curioso: in genere gli stranieri visitano il Museo nei giorni settimanali, gli italiani, invece, preferiscono il week-end.

Il Museo si sostiene soprattutto grazie ad un gruppetto di sponsor fedelissimi (fra questi Gruppo Cimbali, Faema, MuMac. Valsecchi Arm. Ferr. e Alcar), alle esposizioni di biciclette nell’area Velodromo (l’ultima è quella di un nuovo brand di biciclette artigianali, Ti-Rex Bike) e all’operoso book-shop che quest’anno è stato ingrandito, dove si vendono anche gadget unici e le maglie griffate “Ghisallo”. Fra le iniziative “istituzionali” c’è stato quest’anno il patrocinio del Touring Club Italiano per i Campionati Giornalisti e il progetto di successo portato avanti con la Regione Lombardia e il Politecnico di Milano: l’Atlante Storico del Ciclismo in Lombardia.

Troppo lungo fare un elenco dei reperti storici ospitati nel Museo del Ghisallo, così come impossibile fare una classifica di quelli più prestigiosi. Ma è indispensabile proporre alcuni numeri:

oltre 2.000 sono gli oggetti inventariati, ma l’operazione non è ancora conclusa data la grande quantità di materiale che continua ad arrivare

80 sono le biciclette esposte, 30 delle quali usate dai campioni. Meritano una citazione la Legnano con cui Gino Bartali ha vinto il Tour de France del 1938 e la rivoluzionaria bici del record dell’ora (con le prime ruote lenticolari) di Francesco Moser che a Città di Messico nel 1984 portò il limite a 51.151

50 (numero in continuo aumento) le maglie rosa esposte e collezionate grazie ad un’iniziativa coordinata con la Gazzetta dello Sport

20 (anche in questo caso il numero è in continuo aumento) le maglie iridate

1000 le immagini digitali archiviate oltre a 200 audio e video. Al Museo del Ghisallo, tra l’altro, è possibile vedere il recentissimo film sulla vita di Francesco Moser

500 i libri che si possono consultare nella biblioteca del Museo oltre ad un considerevole numero di collezioni di riviste e di almanacchi

80 i titoli dei libri che si possono acquistare al book shop. Oltre 10 mila i follower sulla pagina ufficile di Facebook.

Per concludere, oltre alla possibilità di diventare amici sostenitori del Museo del Ghisallo con quote che vanno da 10 a 500 euro, il visitatore ha la possibilità di acquistare diversi gadget (i pezzi più gettonati sono la maglia tecnica da bici, la t-shirt e anche le vintage di lana).

Divertimento, sport e cultura: questa è la filosofia del ciclismo che, grazie ad un personaggio come Fiorenzo Magni, ha trovato casa al Ghisallo.

 

 

 

 

Di Gianfranco Josti – Copyright © INBICI MAGAZINE

CHI E’ GIANFRANCO JOSTI

Gianfranco Josti è uno dei più autorevoli giornalisti del mondo del ciclismo.

Decano dei giornalisti italiani, penna pungente e fine conoscitore del mondo dello sport,

Per anni firma di punta del Corriere della Sera, autore di tanti libri di successo.

 

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