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IL FISIOTERAPISTA DELLA UAE EMITARES: “CONTAGIATO A DUBAI, VI RACCONTO IL MIO INCUBO”


Con il ritorno a casa di tanti membri delle squadre, comincia a diradarsi la coltre di mistero che, per settimane, ha aleggiato su una delle più controverse vicende legate al mondo del ciclismo: il caso Uae Emitares.

A fare chiarezza è stato Dario Marini, fisioterapista ed osteopata di Montaletto di Cervia che, da tre anni, lavora per il team di Abu Dhabi. Intervistato dal Corriere di Romagna, Marini ha ripercorso la sua odissea, dal contagio al Covid 19 di fine febbraio al ricovero in ospedale in isolamento, la terapia intensiva e poi, finalmente, la guarigione ed il ritorno a casa dove attualmente sta trascorrendo, come impongono i protocolli sanitari, il suo periodo di quarantena.

“Il 19 febbraio – racconta – sono arrivato ad Abu Dhabi assieme al team. Ma dopo qualche giorno un mio collega milanese ha iniziato a stare male e sono iniziati i contagi, che alla fine hanno colpito 8 ciclisti e altri membri dello staff della nostra squadra. Sono stati messi i sigilli all’albergo e a tutti noi turisti all’interno è stato fatto il tampone. Inizialmente era parso negativo e invece il 29 febbraio il medico del nostro team ha detto a me e al mio compagno di stanza di prepararci, perché nel giro di mezz’ora sarebbe arrivata un’ambulanza e ci avrebbe portato in ospedale.

Dario Marini in ospedale

E così è stato. All’inizio avevo 37 e mezzo di febbre – riferisce il giovane – ma dopo tre giorni è aumentata, fino a salire a 39,8 e il focolaio si è diffuso in entrambi i miei polmoni. Sono finito in Terapia intensiva, dove sono rimasto 8 giorni, e mentre mi stavano per intubare un medico italiano ha deciso di aspettare un’altra notte e un lieve miglioramento non lo ha reso necessario. Mi hanno dato medicine di tutti i tipi, da quelle anti Hiv a quelle contro l’Ebola, da antibiotici ad antivirali, fino ad antiartritici, perché essendo una malattia nuova, si prova un po’ di tutto.

UAE Tour 2020 – UAE – Team Emirates – photo Dario Belingheri/BettiniPhoto©2020

Prendevo quattro volte al giorno antibiotici e antivirali e fino ad altre quattro volte paracetamolo per abbassare la febbre. Mi veniva fatto il tampone ogni 24 ore e dopo 12 giorni è arrivato il primo negativo, a cui ne sono poi seguiti un secondo e un terzo che hanno confermato che il virus non c’era più. Ma alla fine, per continuare a curare la polmonite, sono rimasto ricoverato per 18 giorni in quell’ospedale, in isolamento ma in una camera singola e sempre col conforto dell’appoggio del team e dei collegamenti via skype con mia moglie. Il 19 marzo mi hanno dimesso ed è iniziato l’iter per il rimpatrio”.

a cura della redazione

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