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INFERNO, CRUDA TERRA IN VERTICALE


Oltre lo spazio dell’immaginazione, oltre il velo della paura, vive una creatura.

 

Respira l’ossigeno dei 1700 metri e qualcosa. Nemmeno troppi, nemmeno tantissimi. Ha tre versanti, due asfaltati, da Sutrio e Ovaro, uno accessibile a piedi o con gli sci. Ha un nome che non possiede traduzione, vuol dire tutto e niente. Ad ognuno la propria interpretazione. A vederla così, questa creatura, potrebbe somigliare ad un piccolo paradiso, così limpida, incastonata nella Carnia friulana, brillante di un verde incontaminato. E poi sale su, aspira a toccare il cielo. Non può essere altro che, appunto, un paradiso.

 

Invece no.

Il Monte Zoncolan è una sfida. Al cielo aspira, ma troppo in fretta. Sono dieci chilometri, da Ovaro. Ma sono terribili. Fregatevene delle percentuali di pendenza, vi faranno del male. Ma se ci tenete proprio, ha una pendenza media del 12%, con punte al 22. Brutta storia, per un paio di esili gambe. Serve incoscienza e un Ave Maria, prima di partire. O un Padre Nostro, o quello che volete. Potrebbe capitare di ascoltare anche qualche ingiuria, ma è normale. Qui, le leggi divine, vanno al contrario. All’Inferno si sale, e senza ascensori. Dimenticate Dante, qui l’Inferno è cruda terra in verticale.

Ha voluto conoscerla qualche tempo prima del Giro, Chris Froome. Ha voluto provarla, quasi chiederle consigli e strapparle qualche segreto. Ne aveva paura, forse. “E’ la salita più dura d’Europa”, almeno così dicono. Meglio prevenire, meglio guardarla da vicino. Tutto questo ti sarà utile, Chris, tienilo nelle gambe. Ed è servito per davvero.

Perché Chris Froome, così odiato, così preso di mira da una gogna mediatica che non fa sconti e non lascia respiro, quell’Inferno di cruda terra verticale, ha capito come affrontarlo. Chris, che magari non avrà dormito molto bene la scorsa notte. Chris, che a colazione sarà stato in silenzio. Chris, che al foglio firma avrà sorriso solo di convenienza. Chris, che aveva così tanta voglia di riscatto. Chris, che ce l’ha fatta. E’ andato oltre quel velo di paura, oltre i dubbi e le incertezze, e ha rischiato. Di piantarsi, di essere ripreso, di fallire di nuovo.

Invece no. Perché qui, non ci sono programmi o progetti. Qui, arriva primo, solo chi sa improvvisare e disegnare a mano libera lo scatto migliore. Qui, è resistenza e sopravvivenza. Qui, è incendio. E’ apnea e parolacce. E’ fatica, della più cruda e crudele. Qui è Giro d’Italia. E Chris Froome, che ha lo Zoncolan nei ricordi, è capace di improvvisare meglio di altri. Allunga, li lascia lì. Va via, è sempre solo.

Ancora un po’, Chris, adesso spiana. Respira un momento, ma attento, c’è un tornante brutale. Ancora uno, solo uno, poi è finita, promesso. Eccolo il traguardo, dietro la curva, è l’ultima. Sei arrivato, Chris. E’ la salita più dura d’Europa, Chris, ma tu sei in cima. E sei il primo. Sorridi, goditela, credici per davvero. E’ la salita più dura d’Europa, Chris, e sei più vivo che mai.

Alza le braccia, Chris, è finita.

 

A cura di Giulia Scala per InBici Magazine

 

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