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L’EROICA



Ad Ottobre, tra le vigne di Gaiole in Chianti, la ventesima edizione della corsa più attesa dell’anno. Dove il carbonio non esiste e i corridori sfidano gli sterrati con le stesse armi di 70 anni fa

 

Dimenticate la fibra di carbonio, i cambi elettronici, le maglie da gara in materiale Hi-Tech. Dimenticate le ruote ad alto profilo e anche i computer fissati sul manubrio. Dimenticate che siamo nel 2016. Dimenticate la tecnologia. Qui non si parla di una gran fondo qualunque: Questa è l’Eroica.

Giancarlo Brocci è un “toscanaccio” verace con due passioni: il suo paese – Gaiole in Chianti – con quelle colline che lo attorniano, famose in tutto il mondo per i panorami indimenticabili, e il ciclismo, quello autentico, fatto di fatica e di uomini d’altri tempi, che hanno scritto la storia dello sport.

La voglia di unire questi due amori nel 1995 fa nascere la Gran Fondo del Parco Ciclistico del Chianti, una manifestazione creata per raccontare ai cicloamatori quanto sia bello pedalare in quel lembo di Toscana racchiuso fra Arezzo, Firenze e Siena. Quando arriva il fatidico momento di intitolare la gara a un atleta particolarmente rappresentativo, per Brocci la decisione è più che naturale. La Toscana è da sempre la patria del ciclismo, qui sono nati fior di campioni ma ce n’è uno che – per carisma e palmares – eccelle su tutti, un protagonista dell’epica di questo sport: Gino Bartali.

La corsa chiantigiana ottiene immediatamente un buon successo e, solo due anni dopo la prima edizione, la fervida inventiva di Brocci genera un‘idea vincente: premiare gli iscritti regalando loro la possibilità di partecipare ad una seconda gara realizzata ad hoc, una corsa che possa riportarli indietro nel tempo per vivere di persona il ciclismo che fu, quello del duello fra Coppi e Bartali. Una competizione che faccia toccare con mano agli atleti di oggi quanto fosse difficile quel ciclismo “eroico”.

Si dà l’addio all’asfalto e si traccia un percorso sulle strette serpentine bianche disegnate su e giù per questi colli, punteggiati di castelli e vigne a perdita d’occhio da cui si ricava un vino straordinario. Anche le bici devono essere in linea con lo spirito della corsa: l’epopea del ciclismo non è certo stata fatta su mezzi progettati in laboratori fantascientifici, ma su biciclette costruite dalle mani degli artigiani in piccole officine. Va da sè che l’abbigliamento degli atleti in gara debba rifarsi a questo stile. Banditi i completini fluo in cui i cicloamatori sciamano sulle strade la domenica, si torna alle maglie di lana dai colori pastello, ai berretti con la visiera alzata, agli occhialoni da motociclista di inizio Novecento.

 

 

Ma fin dalla prima edizione è apparso subito ben chiaro che l’Eroica non era e non sarebbe mai diventata una rievocazione storica, una vuota rappresentazione in costume. La filosofia di questa gara è quella di portare ogni partecipante a misurarsi con se stesso, senza le facilitazioni della tecnologia, fino a scoprire i propri limiti e a superarli, a compiere, secondo le proprie possibilità, un’impresa come quelle dei campioni dell’epoca d’oro del pedale.

Questo approccio etico che muove chi vi prende parte è il motivo per cui quella prima pedalata, che contava novantadue “pionieri”, è diventata una delle manifestazioni più apprezzate a livello mondiale. E le migliori testimoni sono le sue “gemelle” nate in California, Giappone, Spagna, Inghilterra, Sudafrica e Uruguay.

Dal 2007 al popolo degli amatori si è affiancato anche quello dei professionisti, che con grandissima soddisfazione hanno riscoperto un modo di correre in bicicletta diverso dal solito, sia per quanto riguarda l’uso dei mezzi d’epoca, sia per le difficoltà tecniche di dover correre sullo sterrato. Per comprendere quanto sia stata qualitativamente importante la partecipazione dei Pro basti pensare che nell’albo d’oro figura per ben due volte il nome di Fabian Cancellara.

I paesaggi da cartolina illustrata che vengono attraversati dai cinque itinerari tracciati dagli organizzatori aggiungono all’Eroica un fascino intramontabile. Si scelga la Passeggiata di 46 chilometri o il percorso lungo di 209, ogni percorso porta verso luoghi di indiscussa bellezza: Siena, il Castello di Brolio, il borgo di Montalcino e i suoi filari di viti, da cui si ottiene il celebre Brunello, le vie sterrate, scrivono un racconto di incanto che sembra aver fermato il tempo.

Il prossimo due ottobre, per la ventesima edizione, saranno in cinquemila ad alzare nuvole di polvere sulle strade bianche del Chianti, in una grande festa in cui ognuno è protagonista e dove l’ordine d’arrivo non è importante tanto quanto il viaggio che viene compiuto per arrivare al traguardo, sfidando se stessi e tutti gli imprevisti lungo il percorso.

 

a cura di GIANLUCA COMANDINI Copyright © INBICI MAGAZINE

ph Giordano Cioli

 

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