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Paolo Bettini (Bettiniphoto)

L’INTERVISTA: BETTINI E UN FUTURO DA F1


La nuova vita del Grillo: “Il progetto di un nuovo team con Fernando Alonso si è chiuso, ma non definitivamente. Tafi? Il ritorno è un errore. E condivido in pieno la scelta del Tour de France di vietare l’uso dei misuratori di potenza”

Paolo Bettini, toscano classe ’74, è sicuramente un personaggio che ha lasciato un segno indelebile nella storia del ciclismo italiano e mondiale.

Per elencare le sue innumerevoli vittorie ci vorrebbe un libro intero: una Milano Sanremo, due Liegi, due Lombardia, due mondiali e soprattutto l’oro olimpico ad Atene 2004, i successi più rilevanti.

Dopo il ritiro dalle corse, avvenuto nel 2008,  per tre anni è stato commissario tecnico della nazionale italiana e – grazie all’esperienza acquisita – ancora oggi si impegna per la promozione del ciclismo. Lo abbiamo intervistato per scoprire i pensieri e gli impegni di un campione del suo calibro.

Paolo, di cosa ti occupi in particolare oggi?

“Il mio lavoro principale è quello di seguire alcune aziende come testimonial e consulente di supporto allo sviluppo di nuovi materiali, mettendo a disposizione la mia esperienza. In particolare collaboro con Sidi, Sportful e da quasi un anno con la Titici Bike, azienda che produce artigianalmente tutto in Italia. Quest’ultima la sento molto mia perché Matteo Pedrazzani e il suo staff mi hanno accolto come uno di famiglia. Ricordo ancora che la loro bicicletta, esposta in fiera a Londra, mi ha colpito per il disegno innovativo. Da lì è iniziato tutto, ci siamo scambiati i contatti e, nel giro di qualche mese, abbiamo avviato questa cooperazione che dura tutt’oggi”.

Oltre a questo anche la Green Fondo Paolo Bettini che fa parte del circuito Inbici Top Challenge. Come è nata questa iniziativa?

“Sono orgoglioso di abbinare il mio nome a questa manifestazione anche perché alcuni dei ragazzi del Velo Etruria Pomarance erano molto amici di mio fratello. Mi ricordo che già quando passai professionista loro mi chiesero di associare Bettini alla gara, accettai soprattutto per mettere in relazione delle realtà ciclistiche vicine sul territorio, come il mio fan club. Negli anni, anche con il rinnovamento di alcuni enti come Enel Green Power, abbiamo voluto promuovere la bici come mezzo ecologico, nel pieno rispetto dell’ambiente. Abbiamo riscosso molto successo anche grazie al recente inserimento nel circuito di Inbici. Ora l’obiettivo è migliorare sempre più, non aumentando le iscrizioni ma la qualità”.

Paolo Bettini al Velodromo Vigorelli con la sua bici Titici

 

Vista la tua esperienza da C.T. della nazionale, cosa pensi della situazione attuale?

“Se arrivano le medaglie son tutti bravi, se non arrivano son tutti da cambiare. Quest’anno è stata una stagione particolare, dove però Davide Cassani è riuscito a portare a casa, con il successo di Matteo Trentin, un titolo europeo. Al mondiale è mancato Vincenzo Nibali, ma son sicuro che se fosse stato in condizione sarebbe stato li davanti. Gianni Moscon invece è giovane, è giusto che sbagli e acquisisca esperienza ma ha disputato comunque una buona prova. Bisogna puntare sui giovani e penso che la presenza della nazionale nelle gare del calendario italiano sia importante. Abbiamo bisogno di visibilità anche se si corre il rischio opposto di svalutare i colori azzurri, cercando in alcuni casi di trovare i corridori liberi in un determinato periodo”.

Ritieni che il commissario tecnico sia esposto a troppa pressione mediatica?

“Quando mi chiedono se il ruolo di CT è esposto a molte pressioni rispondo sempre usando le parole che mi disse un allenatore molto più blasonato di me, Marcello Lippi: Paolo, ricordati che in Italia siamo 60 milioni e 40 milioni sono commissari tecnici, per cui sono cavoli tuoi! Io ho fatto la mia esperienza, al momento non sento il bisogno di aver ancora un compito simile nel ciclismo però reputo un onore allenare la nazionale, anche se non è semplice costruire una squadra senza avere sempre i ciclisti a disposizione”.

Sono molte le voci anche sul famoso progetto con Fernando Alonso… 

“Di vero c’è che io ho lavorato una stagione intera per lui. Il 2014 l’ho completamente dedicato a costruire una squadra e al 70% era tutto fatto, avevamo già concordato anche l’ingaggio di alcuni ciclisti. Purtroppo abbiamo scelto l’anno sbagliato perché Fernando è rimasto a piedi dalla Ferrari e ha dovuto concentrare tutte le risorse sulla ricerca di una nuova scuderia. Io mi sono reso conto che da maggio il progetto ciclismo veniva accantonato, ma non reputo il periodo dedicato una perdita di tempo perché ho scoperto l’approccio al lavoro da parte dei piloti. Ho capito che il nostro sport può essere paragonato alla Formula Uno e alla MotoGp. In tutti c’è l’atleta, il mezzo e la telemetria che, nel caso del ciclismo, sono i dati relativi ai Watt, alla Vam e tutto il resto”.

Paolo Bettini alla partenza della sua Granfondo

 

È definitivamente tramontata quest’idea? 

“Io e Fernando abbiamo accomunato le nostre passioni. Lui ama il ciclismo, segue sui social tutti i migliori ciclisti ed è anche innamorato del nostro paese. Ricordo ancora quando venne al mondiale di Firenze e al mattino, tra tutti, salì proprio sul pullman della nazionale italiana. A fine anno lui smette con la Formula Uno, si è prefissato ancora come obiettivo conquistare la triplice corona, però, per come lo conosco, penso che a Nando non sia passata la voglia di fare una squadra. È ancora giovane e non escludo che tra qualche anno possa riprendere in mano il progetto per il quale abbiamo lavorato per un anno”.

Non hai voglia di tornare a correre tra i professionisti come ha dichiarato recentemente Tafi?

“Ho fatto il mio tempo da ciclista ormai. Andrea è un amico e per questo mi sento libero di dire quello che penso. Ritengo che, anche se trovasse una squadra che lo ingaggi per correre la Parigi Roubaix, sarebbe un errore tornare soprattutto perché si toglie un posto a un giovane. Oggi, per i nostri atleti è più difficile di una volta passare professionisti e dobbiamo cercar di tutelarli”.

A proposito di giovani, c’è un nuovo Grillo in gruppo?

“L’ho detto anche a Davide Bramati, suo d.s. alla Quick Step Floors, io mi rivedo in Julian Alaphilippe. Devo essere sincero, al mondiale mi ha deluso, anche se io dissi che il percorso di Innsbruck sarebbe stato duro anche per uno con le mie caratteristiche, pertanto questo paragone ha una sua logica. Sono curioso di vedere cosa farà la prossima stagione, soprattutto perché penso che vada un po’ più forte di me in salita e al Tour di quest’anno l’ha dimostrato”.

Concludendo, ritieni che il ciclismo oggi sia cambiato perdendo la fantasia che c’era quando correvi tu?

“Ai miei tempi si andava più d’istinto. Oggi il ciclismo è sicuramente variato e forse è condizionato molto da tutte le tecnologie, come i potenziometri. Il fatto di pedalare seguendo tutti i dati forniti permette all’atleta di rendere al massimo senza fare ‘fuori giri’ inutili, tuttavia questo viene percepito dallo spettatore a casa come mancanza di fantasia. Condivido in pieno la recente scelta da parte del Tour de France di richiedere il divieto dell’uso dei misuratori di potenza. Lascerei solo il cardio-frequenzimetro perché è uno strumento che tutela la salute del ciclista”.

A cura di Davide Pegurri – Copyright © INBICI MAGAZINE

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