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LOCCHIO DI MAGRINI 1

L’OCCHIO DI MAGRINI



“Questo Tour de France non c’entra nulla con la sua tradizione. Poca cronometro, strane salite ed una bestia di montagna come l’Izoard. Una corsa che sembra disegnata apposta per i francesi Pinot e Bardet…”

 

3516 chilometri da Dusseldorf a Parigi, dal 1 al 23 luglio. Si parte dalla Germania con una crono individuale, ce n’è un’altra al penultimo giorno, ma manca la cronosquadre (secondo anno di fila) e sono pochi – appena 36 – i chilometri contro il tempo. Decideranno in buona parte le grandi montagne, probabilmente l’Izoard, terzo e ultimo arrivo in salita. Le prime da scalare saranno i Vosgi, poi il Massiccio del Giura, i Pirenei, quello Centrale e le Alpi in chiusura. Complessivamente è un Tour poco tradizionale. Un esempio è la tappa regina (dislivello di 4600 metri) posta al nono giorno e senza finale all’insù. Strane anche le due tappe pirenaiche, diverse per fisionomia (la prima di 214 km, l’altra di 100) e non mancano quelle per inventare. Passiamo in rassegna questa Boucle con chi le deve il giorno che valse una carriera, ad Ile d’Oleron anno 1983.

 

Riccardo Magrini, oggi voce del Tour Eurosport, quel giorno implacabile finisseur, ma non per caso, o no?

“In effetti avevo la cosiddetta ‘sparata’ e, con un po’ più di fortuna, avrei vinto qualche corsa in più. Non è che avessi troppe occasioni per provarla, ero comunque in genere un gregario, lavoravo per i capitani che ogni tanto mi davano via libera. Ogni tanto un colpo giusto l’ho piazzato, come in Francia”.

 

Passiamo a questo Tour 2017: come lo vedi nell’insieme?

“Certamente diverso rispetto alla sua tradizione. E’ la Grande Boucle ma di ricciolo ha poco. Parte dalla Germania, viene giù dal Belgio e dal Lussemburgo. Nel complesso mi sembra duro ma non durissimo. Farà male il primo arrivo in salita, ‘dalle belle figliole’ (Planches des Belle Filles), una salita non troppo lunga ma la parte conclusiva, si è visto in passato, fa male. Faranno male anche i trasferimenti, non pochi. Renderanno la corsa più impegnativa, più stancante e stressante di quanto dica il profilo”.

 

 

 

Le prime tappe, che portano in Francia, non sembrano troppo insidiose…

“In effetti è un inizio che, almeno sulla carta, non dice granché. Ma ricordiamoci solo che tutto dipende dai corridori. Se avranno voglia di fare corsa dura, diventeranno difficili anche le prime giornate.

 

Una prima “stranezza”, la tappa regina, dislivello alla mano (4600 metri e arrivo a Chambery). Senza arrivo in salita e molto presto, al nono giorno…

“Penso che inciderà poco e che farà decisamente più male Planches des Belle Filles, lì ci sarà il primo stacco della classifica. A Chambery non credo, può anche andar via una fuga”.

 

36 km a cronometro sono pochi per il Tour o sono giusti?

“Pochi per la tradizione del Tour, ma è una scelta ponderata degli organizzatori. Per strizzare un po’ più l’occhio, rispetto agli anni scorsi, a corridori non fortissimi a crono, penso soprattutto a Quintana e Chaves, che però magari non farà il Tour. Più lo scorro e più penso che questo Tour non favorisca nessuno in particolare tra i cosiddetti big. Ha pensato un po’ a tutti, almeno a quelli che avranno voglia di essere protagonisti”.

 

 

 

Altra stranezza le tappe pirenaiche: la prima, con arrivo in salita, è di 214 km. La seconda sarà la più breve in linea negli ultimi 30 anni (100 km da Saint Girons a Foix), ma con tre salite, brevi ripide e poco conosciute…

Non mi fanno impazzire queste due giornate sui Pirenei. Sono due tappe completamente diverse tra loro, in effetti con ascese particolari e poco conosciute. Potevano essere disegnate meglio, determineranno poco e nulla, almeno secondo me”.

 

Decide l’Izoard ?

“Sì. E’ talmente dura come salita che potrebbe anche stravolgere tutto. E’ una bestia di montagna, da qualunque versante lo prendi. Una tappa molto buona per uno, ad esempio, come Pinot. E’ un Tour che può stuzzicare molto, sia lui che Bardet. Nel disegnarlo ASO si è ricordata dei suoi galletti. Anzi, è proprio a loro principalmente, Pinot e Bardet, che penso quali possibili grandissimi protagonisti, oltre ai soliti noti”.

 

Insomma, per chi è questo Tour ?

“Per i francesi innanzitutto. Non succedeva da un po’, ma vedo che gli organizzatori del Tour, come era normale ai miei tempi, sono diventati di nuovo nazionalisti. Oltre a loro, ci saranno i soliti protagonisti: Froome su tutti che anche nel 2017 farà del Tour l’obiettivo primo. Poi Quintana e tutti gli altri. Quintana è agevolato dai pochi km a crono, ma una salita come l’Izoard non sembra ideale per le sue caratteristiche. Ripeto, Pinot e soprattutto Bardet possono davvero dire la loro, molto più che in passato, su un percorso così”.

 

Nibali pensa di fare Giro e Tour: Riccardo Magrini che ne pensa?

“Perché no? Si può fare Tour e Vuelta ed essere protagonisti in entrambe, guarda Valverde e non solo lui. Non vedo per quale ragioni non si possa correre Giro e Tour, cercando di fare bene in entrambi.  Vincerli tutti e due è difficilissimo, si sa. Però si può provare e, se Vincenzo decide così, perché no, mi va benissimo”.

 

 

Riccardo Magrini

 

a cura di Fabio Panchetti Copyright © Inbici Magazine

foto Credit Bettiniphoto

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