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LUKAS KOHL, UNA VITA IN BILICO SOGNANDO LE OLIMPIADI


Un po’ ciclista e un po’ artista, Lukas Kohl – tedesco di Bavaria – è un campione del mondo Uci un po’ sui generis. La sua ossessione non è andare più forte degli avversari, ma restare in bilico sulle ruote, disegnare affreschi nell’aria, diventare con la bicicletta una sinfonia unica.

Lo chiamano il “Van Gogh” delle due ruote per quella naturale capacità di diventare lui stesso un quadro, una coreografia, un’emozione cristallizzata nell’aria.

Lukas Kohl, campione del mondo per quattro volte di ciclismo artistico (Stoccarda 2016, Dornbirn 2017, Luttich 2018 e Basilea 2019), è uno di quei personaggi che meritano di essere raccontati.

Lukas, che effetto fa salire (in bicicletta) per quattro volte sul tetto del mondo?

“Un effetto inebriante. Già riuscire a partecipare ad un mondiale è una grandissima impresa. Riuscire poi a vincerlo e a ripetersi è davvero pazzesco. Peccato solo che la mia specialità non sia disciplina olimpica…”.

Perché ti esibisci in smoking?

“E’ un capo coreografico che mi piace e che mi fa sentire più leggero. Ma il mio sport è anche fatica, allenamento e sacrifici. Per altro, bisogna avere una tenuta mentale molto forte perché, in cinque minuti di esibizione, ti giochi tutto e se fai un errore non c’è tempo per rimediare”.

Perché il ciclismo artistico?

“Perché è una combinazione perfetta di abilità, danza e tecnica. Io vorrei che questa disciplina diventasse molto più conosciuta. Di solito, mi invitano nelle televisioni o alle manifestazioni dal vivo, ma io pratico uno sport in piena regola e vorrei che il ciclismo artistico venisse trattato dai media con la stessa attenzione che di solito viene riservata alle altre discipline”.

Che effetto fa la maglia di campione del mondo?

“E’ una sensazione particolare, uno status che ti dà grande fiducia. Capisci i tuoi mezzi e ti rendi conto di essere arrivato al top”. 

L’emozione più grande?

“Mi sono esibito alla Brose Arena di Bamberg in Germania durante l’intervallo di una partita di basket. Ho portato la mia bici davanti a migliaia di persone e ho cercato di dare il meglio di me provando a dialogare con un pubblico che non mi conosceva. Ricordo spesso quel giorno, è un po’ come ricordare il primo mondiale”.

a cura di di Leonardo Serra ©Riproduzione Riservata Copyright© InBici Magazine

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