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MARCO VELO

MARCO VELO



E’ stato uno dei professionisti più longevi (quindici anni di attività); ha “protetto” Marco Pantani sulle salite ed ha aperto la strada alle volate trionfali di Petacchi. Tre lustri di esperienza e poliedricità oggi messi a disposizione di Rcs e Federazione

 

 

Marco, partiamo dall’inizio: chi l’ha messa in bici?

Sembrerà strano, ma sono salito in bici quando ho capito che non sarei diventato un buon calciatore! Come tanti ho iniziato con il calcio, ma ho capito in fretta che non faceva per me. A quel punto ho provato con il ciclismo nella squadra del paese, avevo 11 anni.

 

Quattro titoli di campione italiano a cronometro. Ma nel palmares anche un 11° posto in classifica generale al Giro d’Italia nel 2001. E allora che corridore è stato Marco Velo?

Ritengo di essere stato un corridore completo: andavo piano ovunque! A parte gli scherzi, mi adattavo velocemente al ruolo che dovevo ricoprire. E’ accaduto con Pantani per il quale lavoravo duro in salita ed è stato lo stesso con Petacchi, quando sono diventato l’ultimo uomo del celebre “treno” che doveva lanciarlo in volata. Le cronometro mi hanno sempre affascinato, da juniores ho vinto il mondiale quartetto 70km e ho poi ho continuato a coltivare questa specialità. Prima di andare alla Fassa Bortolo guardavo con ammirazione quei pazzi che si buttavano nella mischia per tirare volate ai propri capitani, mai avrei pensato un giorno di trovarmi là in mezzo. E’ capitato a volte di chiudere addirittura gli occhi sperando di passarla liscia senza cascare, questo tipo di ruolo mi stimolava moltissimo anche perché mi accorgevo che, giorno dopo giorno, volata dopo volata, acquisivo sempre più esperienza. Questo mi ha permesso di gestire certe situazioni più con la testa che con le gambe, pur sapendo che se io avessi sbagliato qualcosa, al 90%, il mio capitano avrebbe perso la volata.

 

Esordio tra i “pro” alla Brescialat, poi la Mercatone Uno di un certo Marco Pantani. Quattro anni al fianco del personaggio che ha (ri)avvicinato la gente al ciclismo. Un Giro e un Tour nello stesso anno, il 1998. Che ricordi ha di quel periodo?

Beh, i ricordi più belli li ho vissuti stando al fianco di Pantani. Lui mi ha voluto in squadra e, al primo anno al suo fianco, abbiamo vinto il Giro d’Italia. Ricordo che, quando staccò Tonkov a Montecampione, ipotecando quindi la vittoria finale al Giro, mentre stava salendo le scale del podio per la premiazione, mi vide tagliare il traguardo, fermò tutto per venirmi ad abbracciare e mi disse che un bel po’ di centimetri di quella maglia rosa erano anche miei! Questo era il Panta!

 

Pantani: l’ultimo corridore moderno capace davvero di emozionare. Chi era Marco, lontano dalle telecamere?

Lontano dalle telecamere era una persona normalissima alla quale piaceva stare in compagnia e divertirsi. Ci teneva a ‘fare gruppo’, soprattutto con i suoi gregari più fedeli. Era una persona generosa e di cuore, voleva sempre che noi fossimo tranquilli in tutto per poi dare il 100% in gara. Uno di poche parole, ma con un carisma impressionante. Con gli sguardi ci trasmetteva in un istante ciò che provava e ciò che aveva intenzione di fare. Una persona unica, Marco.

 

 

Poi un altro Giro vissuto da gregario di lusso per Stefano Garzelli…

Sì, il Giro vinto da Stefano non sono riuscito a portarlo a termine, mi dovetti infatti ritirare una settimana dalla fine per problemi fisici, ma fino a quel momento anche per Stefano abbiamo dato il massimo. Lui è stato bravissimo a sfruttare il momento, a non farsi condizionare dal fatto che Marco non fosse in condizione. Fece la sua corsa e, giorno dopo giorno, si guadagnò i gradi di capitano ed ebbe il lusso di avere addirittura un gregario come Pantani.

 

Dal 2002 tutto cambia. Da uno scalatore, Pantani, a uno sprinter, Petacchi. Con lei Alessandro vinse le famose nove tappe al Giro del 2004. Dalla fatica pura all’adrenalina, il passo fu breve…

Breve non direi, ma diciamo che in un annetto ho migliorato anche in quello. Per caso, in una corsa a tappe di inizio stagione, mi trovai in un finale di corsa con Alessandro presente in un gruppo non folto. A quel punto provai ad aiutarlo per lo sprint, lui si trovò subito bene con me, per il mio modo di preparare la volata e da lì iniziarono 7 anni di sprint vincenti, ovviamente con l’aiuto di tutti gli altri compagni del “treno” e di chi lavorava, durante tutta la gara, per far sì che si potesse arrivare in volata. Parlando proprio con Ferretti al raduno della nazionale a Camaiore, spiegammo ad alcuni papabili azzurri il funzionamento di quella macchina perfetta chiamata “il treno della Fassa”, dove ognuno sapeva ciò che doveva fare e decideva in autonomia i tempi e i modi senza che i direttori sportivi intervenissero più di tanto.

 

Petacchi e Pantani, caratteristiche diverse, caratteri opposti?

Totalmente diversi, non solo per caratteristiche ma soprattutto per carattere. Marco era molto più determinato e grintoso, Alessandro si demoralizzava con poco. Se Ale-Jet avesse avuto almeno un terzo della grinta del Pirata avrebbe potuto vincere, a mio avviso, per esempio, il mondiale.

 

Il suo più bel ricordo da corridore?

Ne ho due: uno già ve l’ho raccontato, ovvero l’episodio di Montecampione. L’altro risale al 2003, al Giro d’Italia, per il modo col quale riuscii a mettere Petacchi in condizione di poter fare lo sprint: vinse davanti a Cipollini (che vestiva l’iride) e prese la maglia rosa. Emozioni che porterò sempre con me.

 

Veniamo ai giorni nostri: appesa la bici al chiodo, lei ha intrapreso la carriera del direttore sportivo in seno alla QuickStep. L’esperimento durò poco, RCS Sport aveva bisogno di un uomo di ciclismo, fine esperto, conoscitore delle dinamiche del gruppo. Lei, che è stato l’ultimo uomo di Ale-Jet, pare essere tagliato per questa mansione. Che cosa fa il “regulateur”?

Il mio ruolo è quello di gestire il “traffico in corsa”. Spesso ci sono situazioni in cui ci si trova a regolare 20 moto tra fotografi e tv , auto-invitati, auto cambio ruote e altro ancora. Ai ciclisti va sempre garantita la massima sicurezza e, per questo, serve una o più persone che, davanti al cuore della gara, facciano da filtro e rendano tutto possibilmente fluido senza che la gara venga falsata. Questo è molto importante e il fatto di poterlo fare su una moto ti permette di essere presente e agire più tempestivamente rispetto a chi, invece, segue la corsa in auto. Praticamente per tutta la durata della gara mi trovo nel cuore della corsa e detto i tempi ai fotografi indicando loro i tempi per potersi avvicinare ai ciclisti e controllo che le moto tv svolgano in sicurezza il loro lavoro. Tutto questo rimanendo in contatto con radio corsa, direzione e giuria. Insomma, ho sotto controllo la situazione della gara con i vari tempi per eventuali distacchi, in modo da gestire al meglio i momenti critici per far sì che non si creino mai problemi o potenziali pericoli. Tutto ciò ovviamente in collaborazione con i direttori di corsa, le motostaffette e gli ispettori di percorso che mi precedono e che prontamente mi avvisano via radio su eventuali criticità sul percorso.

 

 

Da pochi mesi, Paolo Bettini è uscito di scena e il nuovo commissario tecnico della nazionale professionisti è Davide Cassani. L’ex telecronista RAI ha voluto attorno a sé uomini di esperienza, come un certo Giancarlo Ferretti (suo ex d.s. alla Fassa Bortolo, n.d.r.), ma soprattutto ha designato proprio lei nel ruolo di vice Cittì. Con un occhio di riguardo alle cronometro, il suo pane.

Mi ha fatto veramente piacere il fatto che Davide Cassani e la Federazione mi abbiano chiesto di far parte del gruppo. In questi giorni mi sto sentendo con Davide per programmare al meglio l’avvicinamento al campionato del mondo di Ponferrada.

Un po’ di esperienza nelle crono me la sono fatta correndo e sicuramente mi concentrerò maggiormente sui nostri specialisti. Ci sono ragazzi veramente interessanti che stanno “investendo” su questa specialità. La strada per mettersi al pari con altre realtà è ancora lunga, ma il centro studi della FCI sta lavorando nella giusta direzione.

 

A proposito di prove contro il tempo, se il buongiorno si vede dal mattino, Adriano Malori (vincitore alla Tirreno Adriatico davanti a Cancellara, Wiggins e Martin, n.d.r.) potrebbe portare in alto il tricolore ai prossimi mondiali. Cosa ne pensa?

Adriano anno dopo anno ha dimostrato di esser sempre più competitivo. La vittoria alla Tirreno Adriatico, visto l’ordine d’arrivo, è veramente di spessore. È uno che tiene tantissimo alle prove contro il tempo, i risultati lo dimostrano e credo che su un percorso come quello dei prossimi mondiali, se la condizione lo sorreggerà, potrà sicuramente far bene.

 

Lei ha realizzato molti dei suoi sogni. Ha ancora qualche desiderio da inseguire?

Diciamo che mi sono tolto parecchie soddisfazioni, ma i desideri preferirei tenerli per me.

 

 

FONTE  PAOLO MEI  Copyright © INBICI MAGAZINE

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