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L’autunno e l’inverno rappresentano un periodo in cui il ciclismo off-road vede un aumento del numero di praticanti grazie anche ai molti stradisti che, sempre più, si avvicinano a questa specialità per diversificare l’attività allenante nel periodo invernale.

 

Negli ultimi anni abbiamo assistito però a qualche stravolgimento tecnico che ha imposto e impone alcune considerazioni. Ci riferiamo alle dimensioni dei telai MTB che hanno visto l’entrata delle nuove geometrie 27,5” e 29”  affiancare le tradizionali 26”.

 

I valori, 26”,27,5” e 29”, indicano il diametro delle ruote espresso in pollici e, come diretta conseguenza, quella di un telaio la cui geometria è dedicata a una specifica ruota, con variazione di alcuni parametri dimensionali con relazioni dirette sul rendimento meccanico e sull’assetto biomeccanico del ciclista.

In questo articolo approfondiamo le implicazioni esistenti fra le tre tipologie di telaio e l’assetto del ciclista.

L’entrata sul mercato dei telai MTB a geometria 29” ha rappresentato uno stravolgimento tecnico molto forte che ha permesso ai praticanti di apprezzare molti vantaggi rispetto ai 26” ma anche alcuni svantaggi.

 

I vantaggi apprezzati della 29’ sono la maggior stabilità in salita  e, soprattutto, in discesa, correlata ad un passo totale maggiore nonché  ad una maggiore scorrevolezza sul piano favorita da un maggior accumulo di energia cinetica della ruota 29’; altri, meno agonisti, ne hanno apprezzato un maggior comfort per il manubrio più alto e più largo imposto dalla geometria stessa.

 

A fronte di questi vantaggi sono stati evidenziati alcuni svantaggi. Fra questi il maggior peso correlato alle dimensioni di telaio, forcella e ruote che ha imposto il passaggio anche ad uno standard qualitativo dei materiali più elevato al fine di mantenere un peso simile alla 26”. Altro aspetto poco apprezzato è stata una riduzione della agilità di guida in condizioni di single track su particolari percorsi tecnici.

Altra caratteristica direttamente correlata con l’assetto biomeccanico che ha portato qualche disagio a molti praticanti è stata la gestione della posizione manubrio, per molti troppo alta e lontana con conseguente ricerca di attacchi manubri ad angolo negativo e corti e a manubri flat.

 

Sull’assetto biomeccanico del mountain biker quali riflessi possono indurre le tre differenti geometrie sui quattro principali parametri di regolazione: altezza sella, arretramento sella, scarto sella manubrio e distanza sella manubrio?

L’altezza della sella, ovvero la distanza della seduta rispetto al centro del movimento centrale deve rimanere inalterata ed è strettamente correlata con la lunghezza di gamba e piede e non vi sono motivazioni, in termini biomeccanici valide che impongano una variazione di tale parametro.

 

L’arretramento della sella, ovvero la posizione della sella rispetto alla verticale del movimento centrale, può ragionevolmente essere ridotto di alcuni millimetri (2-4mm) sulla 27,5 rispetto alla 26 e così sulla 29 rispetto alla 27,5; ciò per contrastare lo spostamento verso dietro del baricentro dovuto alla maggior altezza della serie sterzo. Tale compenso ha l’obiettivo di meglio bilanciare il baricentro corporeo nei percorsi in salita.

 

Lo scarto sella manubrio, ovvero il dislivello fra la sella e il manubrio rappresenta l’elemento più critico sotto il profilo della regolazione di assetto. La maggiore dimensione delle ruote 27,5 e 29 rispetto alla tradizionale 26 pollici ha imposto un innalzamento della serie sterzo e conseguentemente del manubrio.

Ciò a comportato una forte riduzione dello scarto sella manubrio soprattutto sulle mtb allestite con manubrio rizer; non è raro oggi trovare mtb 29” con scarto sella manubrio negativo ovvero con l’appoggio alle manopole più alto rispetto alla sella. In termini pratici una eccessiva altezza del manubrio può portare vantaggi in caso di discesa ma non sui percorsi in salita. Per affrontare pendente impegnative infatti, il biker ha una doppia esigenza: bilanciare il carico sulla ruota anteriore, e contrastare con il proprio baricentro corporeo la fase di spinta sul pedale. Un’altezza eccessiva del manubrio limita queste due funzioni, imponendo come compenso un avanzamento di tutto il corpo verso l’avanti e una conseguente “pedalata stretta”.

 

Per sopperire a questo aspetto molti bikers passati alla 29” hanno optato per attacchi manubrio ad angolo negativo (-15°) a volte abbinati a manubri flat con conseguente recupero di alcuni centimetri (4-6 cm) sull’altezza del manubrio.

La distanza sella manubrio, essendo legata alla dimensione del tronco e delle braccia del ciclista, deve mantenersi di entità simile su tutte le tre tipologie di telaio. La maggiore lunghezza del telaio imposta dalle ruote 29” ha comportato in alcuni casi l’utilizzo di attacchi manubrio di lunghezza estremamente contenuta (80-90mm) anche su taglie medie o grandi.

Conseguente possiamo affermare che il parametro distanza sella manubrio va gestito mantenendo simile il valore nelle tre geometrie MTB. Per realizzare ciò occorre intervenire sulla dimensione degli attacchi manubri che vedranno ridurre la lunghezza dalla 26” alla 27,5” alla 29”.

 

 

fonte Fabrizio Fagioli _ LabVelò – Cesenatico – FC

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