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NORMA GIMONDI



Norma Gimondi prima candidata donna alla presidenza della Federciclismo

 

Norma Gimondi, la prima donna candidata alla presidenza della Federciclismo, parla in esclusiva a Datasport delle sue idee, dall’amore trasmessagli da suo padre Felice per le due ruote all’importanza del Made in Italy, passando per i progetti in vista delle Olimpiadi di Tokyo 2020 per far tornare a splendere la bandiera tricolore. Una donna sportiva che ama andare in bicicletta e punta a rilanciare il ciclismo in Italia e nel Mondo. Passione è la parola chiave del suo programma, quella che la lega da sempre ad uno sport che ha sempre amato.

 

 Partiamo dalla parola passione. Che peso ha nella sua candidatura?
“Un peso fondamentale. Io amo il ciclismo, è lo sport della mia famiglia. Oltre ad avere avuto un campione come papà Felice, ho avuto anche uno zio e un cugino che sono stati professionisti in ambito ciclistico. Dalla mia candidatura a oggi ho trovato sulla strada tante altre persone che lavorano con passione in questo sport e mi incitano quotidianamente ad andare avanti”.

– Come definirebbe il momento attuale del ciclismo italiano e da dove si parte per rilanciarlo?
“Per quanto riguarda il discorso professionistico, purtroppo oggi non abbiamo più squadre Pro Tour, i professionisti in attività si sono dimezzati rispetto al 2014 e anche il calendario delle gare, ahimé, si sta riducendo. Considerando che altri Paesi come Spagna, Francia e Olanda hanno reagito benissimo alla crisi, questo è un punto di partenza importante. Dall’altro punto di vista, quello amatoriale, i numeri sono importanti sia per quanto riguara società affiliate che tesserati. E anche le manifestazioni di carattere internazionale che si svolgono ogni anno sul nostro territorio raccolgono numerosi partecipanti di tutte le nazionalità. Quello è un bacino che senz’altro la Federazione dovrà sfruttare nei prossimi anni”.

 

Video intervista

– Secondo lei ha senso di parlare di Made in Italy in questo particolare momento storico?
“Decisamente sì. La bicicletta è nata in Italia. Noi abbiamo marchi storici, oggi come oggi, che vengono ricercati a livello internazionale. I Paesi arabi acquistano i nostri prodotti non soltanto nell’ambito delle biciclette ma in tutto quello che è la componentistica. Ed è necessario trovare delle sinergie coi produttori italiani per portare avanti la Federazione e valorizzare la maglia azzurra”.

– Spesso la vediamo in sella a una bicicletta. E’ giusto definirla una candidata legata al territorio e non – diciamo così – da poltrona?
“Assolutamente. Io in bicicletta non smetterò mai di andare. E’ fondamentale per me perché mi fa sentire bene ed entrare in contatto con altri appassionati che vivono il ciclismo come momento di aggregazione”.

– Se le dico Tokyo 2020 qual è il suo primo pensiero?
“A Tokyo mio padre ha disputato le Olimpiadi del 1964 e quindi spero di essere a Tokyo nel 2020”.

– E sempre a proposito di Olimpiadi, come ha preso il no a Roma 2024?
“Mi dispiace, è un ‘occasione perduta”.

– Una curiosità: il nome Norma da dove nasce? Le è mai stato detto?
“Sì. Mia mamma è orfana di mamma, sua mamma si chiamava Norma. Mia nonna era stata chiamata così dalla mia bisnonna Natalina che era un’amante dell’opera. Venendo a mancare lei, mio papà e mia mamma hanno deciso di dare quel nome a me quando sono nata”.

 

fonte datasport.it

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