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ORO Italiano Rodman Team



LA PASSIONE CHE NASCE, CRESCE E POI VIENE STOPPATA. UNA CARRIERA FINITA? NO, UNA CARRIERA DA REINVENTARE CON ORO ITALIANO-RODMAN TEAM.

 

Il protagonista di una storia di andate e ritorni è Mirco Merlo, oggi elemento di spicco della società Oro Italiano-Rodman Team, classe 1966, originario di Novi Ligure (AL).

 

Quando inizia la tua carriera ciclistica?

«A dieci anni nei giovanissimi, giusto per giocare un po’ con la bici.»

 

Poi la solita “trafila” esordienti, allievi, juniores?

«Come fanno un po’ tutti, con una media di due-tre vittorie a stagione, pagando sempre il fatto di non essere molto veloce. Quindi il passaggio nel ciclismo che conta, cioè tra i dilettanti: la Pontecurone fu la mia prima società e poi andai alla Tortonese.»

 

Raccontaci qualche bel ricordo di quel periodo.

«Con personaggi di spicco quali Bugno e Fondriest c’era poco da fare, ma molto da imparare e quindi cercavo di apprendere tutto ciò che mi potesse essere utile.»

 

Ed il ricordo più bello?

«Sicuramente la partecipazione al Giro d’Italia, un secondo posto a Felino – una gara classica dei dilettanti – e l’ottavo posto alla Milano-Rapallo, anche questa una gara importante e che supera i duecento chilometri.»

 

Poi lo stop obbligato. Come ti sei riavvicinato alla bicicletta?

«Ho smesso di correre e consideravo la mia carriera finita; per due anni sono andato avanti così, fino al momento in cui mi sono rotto un piede.»

 

E qui entriamo in un altro schema classico: riabilitazione in bici e quindi si ricomincia.

«È stato un po’ come iniziare per la seconda volta, con tutte le difficoltà e le paure del caso, ma questa volta avevo un bagaglio di esperienza molto importante dalla mia parte e che mi ha permesso di velocizzare il mio rientro.»

 

Sei tornato alle gare ed è arrivata anche qualche vittoria.

«Il modo di correre degli amatori è molto diverso da quello dei dilettanti ed ancora oggi mi arrabbio se vedo delle cose clamorosamente sbagliate e che la gente fa con superficialità; penso sempre che tutti ci lamentiamo quando si cade, ma bisogna anche comportarsi in modo da prevenire da lontano le cadute stesse.»

 

Poi incontri Marco Fertonani e vai a correre nel suo team.

«Marco è stato un riferimento per noi quando correva e sono stato veramente onorato di entrare a far parte del suo gruppo.»

 

E qui hai assunto il ruolo di uomo-squadra.

«In tanti mi definiscono così ed è vero che mi capita spesso di dare consigli o di stabilire la strategia prima della gara e durante la stessa, ma si tratta solo di mettere a frutto l’esperienza maturata in anni di competizioni. Se poi uomo-squadra vuol dire che sono contentissimo se vince un mio compagno, allora è vero: è davvero come se fosse una vittoria mia.»

 

E quando si tratta di fare la corsa in prima persona, i risultati arrivano…

«Quest’anno, ad esempio, ho vinto quattro gare e quindi vuol dire che là davanti ci sono.»

 

L’anno prossimo passerai alla categoria “gentleman”.

«È un segnale positivo da un lato e negativo dall’altro visto che… gli anni passano velocemente.»

 

Però hai vinto tanto, ti mancano solo il Campionato Italiano e il Mondiale.

«Incrociamo le dita, ma sarebbe bellissimo fare un regalo del genere a me stesso ed alla società Oro Italiano-Rodman Team che ci sostiene e ci aiuta al massimo, quasi fino a farci sentire dei professionisti. Ci proveremo, l’impegno sarà massimo.»

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