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PAOLO COLONNA

PAOLO COLONNA



Fin da ragazzino ha girato in lungo e in largo lo Stivale inseguendo il suo sogno: diventare un ciclista professionista. Dopo aver centrato l’obiettivo, la scelta di passare al fuoristrada. Storia di un pugliese tenace che al Nord ha trovato la sua dimensione.

 

Quella di Paolo Colonna è la storia di un ragazzo del sud che ha coronato, seppur per poco tempo, il sogno di diventare professionista. Una vita sempre in viaggio, tra Altamura e Bergamo, nel segno del ciclismo. Da ottimo stradista si è trasformato in validissimo mountain biker. E le idee per il futuro non gli mancano affatto.

 

Paolo, partiamo dal 2013, da quella incredibile vittoria al Campionato Italiano Elite. Fu il suo ultimo anno da dilettante e forse la sua ultima occasione per strappare un contratto nella categoria dei professionisti: che cosa ricorda di quel giorno e che significato ha quella vittoria?

Quella vittoria al campionato italiano fu un evento incredibile che cambiò la mia carriera. Fu ovviamente determinante per il mio passaggio al professionismo. Devo però dire che ero convinto di meritare il professionismo anche senza dover “vincere” quel titolo. La mia vita è cambiata in meglio perché ho realizzato un sogno. Un sogno difficile perché, quando arrivi dal sud, è tutto molto più complicato. Nella mia carriera ho avuto momenti molto difficili, per esempio nei primi anni da Under 23, quando a causa di problemi in famiglia, dovetti addirittura interrompere l’attività sportiva. Riprendere da Elite, nel ciclismo moderno, è stato molto, ma molto difficile.

 

Del resto, non fu l’unica affermazione. Il Giro del Friuli, le regalò comunque grandi gioie…

Nell’anno da Elite, vinsi in effetti anche una tappa al Giro del Friuli. Centrai la vittoria anche a Osimo in una gara nazionale. In totale feci cinque secondi posti e diversi piazzamenti che, insieme al titolo italiano, mi permisero di passare tra i professionisti.

 

 

 

Paolo Colonna in azione con la maglia della Bardiani Csf – foto by Bettiniphoto

 

Ci racconti l’inizio della sua carriera, non così semplice per un ragazzo del sud…

L’inizio risale a molti anni fa. Incominciai nella categoria allievi di secondo anno. La passione l’ho ereditata da mio zio, che però abitava a Bergamo. Io in estate andavo a trovarlo in treno, rimanevo su tre mesi e, in quel periodo, rimasi folgorato dalla bici. Una volta rientrato partecipai alle gare coi colori del Leonessa di Puglia, da allievo. Poi mi trasferii in una squadra del nord, a Trento, prima di correre per un team piacentino. Poi passai alla Delio Gallina e poi la squadra di Luca Scinto. Per un ragazzo del sud, come detto, non fu per niente facile. D’altro canto tutto questo mondo, tutti questi viaggi, forse mi hanno maturato più velocemente come uomo.

 

Parliamo ora del suo passaggio alla Bardiani doge, forse, non ha ottenuto ciò che avrebbe voluto nella categoria maggiore. Perché?

Nella Bardiani feci tutto quello che mi dissero di fare. Credo di essere anche andato abbastanza forte. Finivo comunque le corse, che non è poco. Alle Strade Bianche chiusi nei quaranta. Al Giro di Turchia non andai male. Penso che avrei meritato di partecipare al Giro d’Italia. Feci un buon Tour de Panne, però come tutti sanno queste squadre cercano i giovani e non fu facile continuare. Non ho comunque rimpianti perché, in quell’esperienza, ho dato sempre il massimo.

 

Dalla Bardiani al Team Scott il passo è stato naturale. Perché la scelta di trasferirsi sulle strade sterrate?

Sono passato al fuoristrada perché comunque questo mondo mi ha sempre affascinato, sin da bambino. Mario Noris mi ha dato la possibilità di far parte di questo team, che più che una squadra è una bellissima famiglia. Non manca mai la serenità e soprattutto mi diverto. Spero di ripagarli già dal 2017 perché loro hanno fatto tanto per me.

 

 

 

Paolo durante una gara in MTB – Foto Michele Carobbio

 

Difficile ambientarsi nel settore fuoristrada?

No, perché se uno apprende la tecnica e di suo ha già il motore, piano piano inevitabilmente migliora. Bisogna soffrire, come in tutte le cose. Non sono certo Sagan, ma piano piano spero di togliermi le mie soddisfazioni.

 

Ad oggi il suo bottino in MTB conta ben 8 affermazioni. Non male per uno che ha iniziato da poco. Dove può arrivare nel fuoristrada Paolo Colonna?

Il mio obiettivo è andare più avanti possibile. Mi piace anche aiutare i più giovani e credo che per farlo è importante aver corso ad alti livelli.

 

Lei ha una vita sempre in movimento, tra la sua Puglia e Bergamo. Si sente più pugliese o bergamasco?

Bella domanda! Quando sono a Bergamo mi sento bergamasco e quando sono in Puglia, pugliese. Vado fiero della mia terra, ma al nord sto benissimo e ho tanti amici. Forse ho seminato bene, sono una persona seria.

 

La sua vita non è solo bicicletta. Ha una progetto importante al quale sta lavorando da tempo…

Il mio progetto è di trasferire la mia esperienza tecnica e agonistica alla gente. Adoro trasmettere la mia passione soprattutto ai ragazzi. Proprio adesso sta nascendo, in collaborazione con Scott, al Sud, “Scott Lab Colonna”, un centro di biomeccanica, ovviamente in collaborazione con Scott. Faremo test di valutazione. Sono poi fortemente convinto che prima di tutto sia necessario lavorare sulla testa e poi sulla biomeccanica. Sono motivato e credo di aver fatto una buona gavetta. Il mio motto non è solo pedalare e seguire tabelle, ma usare la testa. Chissà che poi più avanti non mi venga in mente di fare un team tutto mio nella categoria Junior.

 

Nella foto di testa 

Paolo Colonna a braccia alzate con la maglia di campione Italiano Elite 2013- foto by Bettiniphoto

 

a cura di Paolo Mei Copyright © INBICI MAGAZINE

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