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PIERO FISCHI

PIERO FISCHI



ARRIVA DALLA LIGURIA E AHA UN PASSATO DI ALTO LIVELLO NEI DILETTANTI. ECCO LA SINGOLARE STORIA DI PIERO FISCHI, DAPPRIMA CICLISTA TRA I DILETTANTI, POI OTTIMO CICLOAMATORE E OGGI QUOTATO PREPARATORE. E QUEL RECORD DI 30 ANNI FA, L’ORA DI PIERO.

 

Buongiorno Piero, benvenuto da tutta la redazione di INBICI. La bicicletta fa parte della sua vita, vuole spiegarci come ha incominciato ad appassionarsi alle due ruote?

Buongiorno a voi, ho iniziato da giovane quando andavo in vacanza in Toscana. Poi incominciai a pedalare nelle mie zone in un gruppetto di agonisti, passai dilettante e ottenni le mie prime vittorie.

 

Ha mai pensato di poter diventare un professionista?

Io avevo la possibilità di esserlo nel 1985. Purtroppo mi mancava un esame universitario e la tesi per laurearmi. Scelsi la scuola e non passai tra i professionisti.

 

Ha vinto qualche corsa tra i dilettanti?

Si, la Coppa Poggeto di Salsomaggiore Terme, una classica che si svolgeva il 25 aprile. La vinsi due volte consecutive. Era la corsa su misura per me. Vinsi una gara in Piemonte con 100 km di fuga. In pista vinsi l’italiano OMNIUM, al palasport di Milano e anche qualche gara di ciclo cross. Il totale delle vittorie fa 17.

 

Che corridore era?

A parte la salita, che non amavo, andavo forte in pianura, ero discretamente veloce, tanto da vincere a Nizza una bella corsa grazie al mio spunto. Non facevo le volate di gruppo e andavo forte in discesa.

 

Lei è stato anche uno dei primi gran fondisti evoluti, quelli dei primi anni 90 per intenderci. Quanto è cambiato il movimento in Italia da quegli anni?

E’ cambiato totalmente: quando iniziarono le gran fondo, c’erano, alle partenze, dei ciclisti molto preparati e c’erano anche coloro meno preparati magari con fisici non troppo allenati. Adesso sono tutti molto preparati e tutto si è evoluto. Poca gente oggi va piano. Quando io correvo da amatore, io mi allenavo quattro volte a settimana e gli altri tre andavo al mare. Facendo così, la domenica vincevo, al giorno d’oggi facendo così sarebbe difficile tenere le ruote del gruppo.

 

 

Nel 1985 lei ha fatto il record dell’ora nella categoria dilettanti: da dove arrivarono le motivazioni?

Il record fu di 43,784 km/h. e ci fu la grande spinta di Moser. Quando fece il record in Messico lo seguii come preparazione poiché collaboravo con Enervit.Da li nacque tutta la mia voglia di performance, anche perché era l’ultima annata tra i dilettanti ed ero fortemente motivato a lasciare il segno. Il sogno ovviamente nacque nel 1984 e lo realizzai nel 1985. Feci gli ultimi due mesi prima del record dedicati esclusivamente alla preparazione del record, che realizzai il 7 settembre 1985.

 

Vuole raccontarci in modo si svolse la sua preparazione?

Durò 75 giorni e ricalcava lo schema seguito da Moser. Era divisa in tre blocchi, forza, resistenza e soglia. Gli ultimi sette giorni di rifinitura e poi, ovviamente la performance in pista. Fu la nona prestazione assoluta tra i dilettanti di tutti i tempi italiana e la ventisettesima mondiale di tutti i tempi. Ovviamente riferita a quei tempi. Fu anche record regionale e italiano dei cosiddetti “tempi moderni”.

 

Tecnicamente che bicicletta utilizzò?

Feci miliardi di test prima di arrivare alla decisione inerente il mezzo e i rapporti. Alla fine scelsi di privilegiare l’agilità e feci benissimo. Usai un rapporto agilissimo, il 52×15, telaio da crono con ruota anteriore da 24 pollici. Ancora oggi sono certo che fu la scelta giusta. Fui penalizzato dal vento e dovete pensare che il vento in pista è sempre un fenomeno negativo. E’ sbagliato pensare al fatto che se da un lato ce l’hai a favore, dall’altro lato ce l’hai contro. In pista il vento è sempre un grosso problema, anche e soprattutto per le ruote, che erano nel mio caso lenticolari e dunque difficili da guidare. Insomma, mi salvai con l’agilità,  ma non riuscii a fare quanto mi ero prefissato, cioè i 45 km/h a causa proprio del vento.

 

 

 

Chris Boardman al termine del record dell’ora disse: “è la fatica più grande che abbia mai fatto”. Ecco, forse lei può aiutarci meglio a capire questa affermazione.

Dice il vero! L’ora è durissima e lunghissima. Lo stesso Eddy Merckx, il più grande di sempre ebbe difficoltà a camminare dopo il suo record. Io feci diverse cronometro ma questa specialità è completamente diversa. Pensate che chiesi al mio staff, durante il record, di darmi il riferimento dopo i primi venti minuti. Quando mi informarono del riferimento al ventesimo minuto, mi sembrava di girare da una vita, mancavano ancora 40 minuti di sofferenza! La concentrazione e la difficoltà nel mantenere quella benedetta “riga” della pista sono logoranti.

 

Negli ultimi anni il record dell’ora è tornato in voga. Tanti campioni si sono messi alla prova, Wiggins, ha segnato un limite che sarà difficile da superare. Perché questa voglia di record secondo lei?

A mio avviso il record dell’ora è stato maltrattato dalle federazioni ciclistiche, in primis l’UCI. C’è stata la divisione tra livello del mare e altura. Poi l’obbligo di usare bici normali e non da crono, cosa che assolutamente non condivido. Infine si è ritornati alle bici da crono. Insomma c’è stata moltissima confusione in questo senso e questa situazione non ha favorito certamente i tentativi. La normativa attuale tutto sommato sta aiutando e le aziende sono invogliate nuovamente a investire sui materiali, invogliando a loro volta i corridori. Diciamo che “l’ora” è un ottimo laboratorio tecnico e fisiologico per le crono. Tra l’altro, con un amico ingegnere abbiamo calcolato che se avessi fatto il record con le bici attuali, avrei guadagnato 2,5 km. Questa evoluzione tecnica è stata notevole. La soglia di Wiggins è altissima. Superare i 54 km/h è mostruoso. Arrivare a 55 km/h sarà molto difficile, credo che però corridori come Tony Martin potrebbero alzare l’asticella. Forse l’unico modo sarebbe “crescere” i giovani in pista, abituandoli a questa disciplina da giovanissimi.

 

Piero Fischi oggi: cosa fa attualmente ?

Oggi mi occupo di preparazione atletica, faccio test di valutazione, collaboro con la compagnia editoriale di Bici Sport, collaboro con l’università e col centro di medicina dello sport. Sono rimasto nel mio ambiente e questo mi fa molto piacere, sono contentissimo. Avrei potuto pensare anche ad un’evoluzione diversa della mia professione ma mi ritengo fortunato.

 

Preparatore di qualche corridore?

Si, sono preparatore di alcuni corridori professionisti stranieri e la cosa mi riempie di orgoglio.

 

Che ruolo occupa nella sua vita oggi il ciclismo pedalato?

Un bel ruolo: faccio 8000 km all’anno. Pedalo con gli amici, non ho ambizioni ma partecipo ancora a qualche corsa amatoriale (pochi giorni fa Piero ha vinto una crono, n.d.r.) senza pressioni e senza aspettative. Sto bene e continuo a farlo per mantenermi in salute.

 

Grazie Piero, è stato davvero un piacere aver parlato con lei.

Grazie a voi, un saluto ai lettori di INBICI!

 

nella foto Piero Fischi sorridente dopo la conquista del record dell’ora 1985 nella categoria dilettanti

 

Fonte PAOLO MEI Copyright © INBICI MAGAZINE

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