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RICHMOND 2015



C’erano tutte le premesse per un risultato storico: la forma, la stagione brillante, il trend positivo agli eventi iridati. C’erano tutte le premesse per riportare l’Italia sul podio della cronometro maschile élite, ventun anni dopo Andrea Chiurato: Adriano Malori ha centrato in pieno l’obiettivo.

 

E pazienza se nove secondi lo dividono dall’oro. Una beffa? No, perché davanti a lui c’è un atleta degnissimo, certamente non il favorito della vigilia, ma comunque un ragazzo che ha sempre saputo unire, seppur con una clamorosa irregolarità, straordinarie prestazioni sul passo a guizzi in alta montagna. Malori, invece, ha costruito il suo piccolo miracolo con costanza e determinazione: iniziando a collezionare titoli italiani, medaglie nelle categorie giovanili (sì, a volte capita che chi vince a livello giovanile si sappia confermare anche tra i più grandi), successi in corse del panorama internazionale, a partire da quella crono di Crevalcore alla Settimana Internazionale di Coppi e Bartali 2011. Da lì un passo in avanti ogni anno: nel 2012 il decimo posto iridato, nel 2013 la vittoria alla Bayern Rundfahrt e l’ottavo posto ai Mondiali fiorentini, poi la doppietta di tappe tra Tirreno-Adriatico e Vuelta col sesto posto alla prova di Ponferrada. E poi il 2015, appunto: una tappa al San Luis, il prologo della Tirreno, una frazione a testa al Circuit de la Sarthe e al Poitou-Charentes inframmezzate dal terzo tricolore. Ecco, forse proprio a Loudon, nella piccola corsa a tappe francese, battendo per l’ennesima volta Tony Martin il ventisettenne emiliano si è reso definitivamente conto del suo valore.

 

Lo ha confermato ieri, nella serata italiana, in uno splendido pomeriggio della Virginia. Argento, argento mondiale a cronometro, quella disciplina che – non a torto, visti i risultati – è sempre stata definita la pecora nera dell’altrimenti florido movimento ciclistico nazionale. Un argento da godersi pienamente, senza improbabili trasposizioni su scala olimpica o proiezioni futuribili: cosa si può volere di più di una medaglia ai Mondiali?

 

Infine, un plauso anche a Davide Cassani. La prima medaglia della sua gestione arriva al termine di un lavoro certosino e meticoloso, studiato di volta con gli atleti e con le squadre. Nella gara odierna risalta anche il decimo posto di Moreno Moser: alzi la mano chi ci avrebbe scommesso anche solo poche ore fa. Da un piazzamento del genere può rinascere un talento che, a fronte di 25 anni non ancora compiuti, non può certo essere etichettato come “bruciato”. E da un secondo posto, da una medaglia d’argento, ci si può godere un grande atleta che ha finalmente raggiunto la vetta più bella.

 

Fonte www.oasport.it

marco.regazzoni@oasport.it

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