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SICUREZZA IN GARA 11

SICUREZZA IN GARA



Sostituire Chip o pettorali durante o prima della gara può costar caro. In ballo, oltre all’etica sportiva, c’è la sicurezza. Ecco perché certi espedienti possono diventare materia penale

 

Una pratica utilizzata per migliorare il proprio risultato, specie nelle classifiche di circuito: dalla semplice sostituzione del chip a quella del numero, fino all’avvicendamento della persona stessa. Questi i “malcostumi” più frequenti, che tuttavia potrebbero rivelarsi fatali.

Ebbene sì, in questo numero di “Sicurezza in Gara”, siamo andati a sviscerare un tema di cui tutti parlano, ma che nessuno (o pochi) ha mai avuto il coraggio di esaminare fino in fondo: quello dei “furbetti in gara”, ovvero lo scambio del chip o del numero di gara.

Comportamenti che, sul fronte della sicurezza, mettono a rischio molte figure che ruotano attorno alla gara stessa: gli atleti, gli organizzatori, gli operatori sanitari ecc., mettendoli in difficoltà nell’intervento, nonché nel post gara in caso di incidenti gravi o decessi.

 

Premesso che lo scambio o il trasporto di un chip di un compagno di gara, magari assente, o addirittura lo scambio del numero di gara (vedi sistemi con chip sul numero), va contro ogni etica sportiva, gli aspetti più gravi da analizzare sono essenzialmente due: il primo è quello sanitario ed organizzativo, il secondo è quello giuridico.

Si provi a pensare cosa potrebbe accadere nel caso in cui un atleta venisse coinvolto in un incidente e perdesse coscienza: l’apparato sanitario e l’organizzazione tutta, non avendo l’incidentato in tasca documenti d’identità, potrà riconoscere questo atleta solo dal numero di gara: bene, ma se vi fosse bisogno di una trasfusione? O se il quadro clinico richiederebbe un’immediata somministrazione di farmaci? In questi casi – secondo i protocolli medici – verrebbe tirata fuori la cartella sanitaria dell’atleta; e se questo fosse allergico a certi farmaci?

Altra ipotesi: provate a pensare ad un decesso di un atleta e che questo venga riconosciuto dal numero di gara. L’organizzazione è tenuta ad informare i famigliari, tutti i media partirebbero con la notizia e poi, guarda caso, si scoprirebbe che l’atleta non è quello abbinato al numero…

 

Altro esempio: il chip spesso, specie nelle granfondo di montagna, serve all’organizzatore per capire se l’atleta è transitato in un certo punto, per capire poi, in caso vi fossero segnalazioni di “scomparsa” della persona, da dove iniziare le ricerche. E mettiamo che un atleta porti anche un chip di un amico in tasca e questo se ne stia tranquillamente a casa: dai controlli potrebbe risultare che, oltre a quell’atleta, manca all’appello anche l’amico, quello che se ne sta a casa…

 

Questi sono solo alcuni esempi che si possono ipotizzare, ma ce ne sono una miriade. Oltre all’aspetto sanitario ed organizzativo, passiamo all’aspetto giuridico, grazie al supporto del Dottor Giorgio Roman del Team Estebike Zordan, appassionato di mtb e di diritto sportivo.

“Importante è il valore del documento amministrativo, da cui parte l’analisi ed a cui viene associato il numero: se già si presenta alle iscrizioni con un documento falso, o comunque presentando quello di altri, si rientra nelle varie ipotesi di falso prescritte e punite dal codice penale. La mera sostituzione del numero avviene presentando lo stesso documento ed associando quest’ultimo al codice interno del sistema di registrazione o rilevazione cronometrica, ad un altro numero, circostanza che parrebbe una mera assegnazione, senza alcuna pretesa di sconfinare nei documenti personali di identificazione ufficiali dello Stato, ma che così non è. Viene infatti gestita  dal punto di vista disciplinare, cioè dal punto di vista delle sanzioni dell’Ente (in generale, facciamo riferimento al CONI) e a causa di questa viene infatti resa illegittima, “falsata radicalmente” la gara. Questo senza però escludere altre ipotesi penali, nel caso in cui si produca un danno – ad esempio economico – per effetto di una condotta volutamente decettiva (o “truffaldina”, senza volersi spingere oltre).

 

Su questo punto, che magari desta maggiori preoccupazioni stante il maggior rischio sanzionatorio (il “penale”), si deve partire dal concetto di falsificazione materiale o ideologica del numero, con conseguente danno ad altri partecipanti: qui è il punctum pruriens dell’articolo, il nodo cruciale del comportamento riscontrato e denunciato dalla sede sportiva ad altri ambiti (Procura della Repubblica).

Ci si potrebbe spingere infatti sino all’analisi del reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.: risponde di tale reato “chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, attribuendo a sé o ad altri un falso nome, un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, sempre che il fatto non costituisca un altro delitto contro la fede pubblica).

 

Dall’associazione dei concetti di documenti, falsità e reati passiamo all’aspetto più “sportivo” della vicenda in esame, ossia di come l’Ordinamento inquadra questi eventuali illeciti. La gravità penale potrebbe ricorrere allorché si consideri che il numero venga associato al documento di riconoscimento, a sua volta presentato personalmente dall’atleta all’iscrizione dell’evento, dichiarando contestualmente le proprie generalità. Queste risultano così associate ad un criterio identificativo “interno” all’organizzazione, rilevante come detto in primis dal punto di vista amministrativo quindi disciplinare, ma con eventuali profili delittuosi.

 

Questo articolo non deve enucleare e specificare il concetto di frode sportiva, non essendo espressamente tipizzato l’artifizio o il raggiro sportivo in esame, in ambito penale. Essa però ricorre, ahi noi, molto spesso: sono sufficienti una serie di condotte, atti od omissioni, elusive di norme, atte ad alterare il corso della competizione o assicurare un vantaggio indebito. Più ampiamente, rileviamo come il tesseramento mira all’identificazione istantanea o comunque contenuta nel ristretto arco temporale della gara, dell’atleta concorrente; con riflessi però anche nei più ampi eventi collegati (es. circuiti con più gare, che risulterebbero conseguentemente viziati in termini di punteggio complessivo). La sostituzione del numero è una evidente violazione di regole basate sulla lealtà e correttezza reciproca.

Nel caso della sostituzione dei numeri, posto che l’atleta mira ad una sostituzione soggettiva, si ravviserebbe facilmente il vulnus tanto al corretto svolgimento della competizione, quanto a interessi e/o beni di natura patrimoniale. Spieghiamo meglio anche con un esempio:

 

Tizio scambia il proprio numero con Caio, atleta ben più preparato, che ottiene un piazzamento migliore a fine gara, con indubbio vantaggio di colui che risulta essere transitato con il numero relativo – secondo le iscrizioni – a Tizio. Sempronio, concorrente della categoria di Tizio, nota che lo stesso gli è sempre stato dietro nel percorso, ma che il suo numero risulta in posizione migliore di quella da lui occupata. Denuncia il tutto, e si accerta che non vi sono difetti nel sistema di cronometraggio; attuato per tutte le gare del circuito, il “giochetto” ha pesantemente condizionato gli esiti sportivi dell’evento. Certo è che il danno “esistenziale” e/o “curricolare” patito da chi veda ridotta ingiustamente il proprio palmares o le proprie partecipazioni a gare agonistiche, a causa di illegittime qualificazioni di soggetti estranei o sostituiti, va tenuto in debito conto: esso potrebbe tipicamente rappresentare un danno da truffa (in via generale, prevista e punita dall’art. 640 del codice penale). Insomma, va tenuto conto del danno che si va ad arrecare agli altri concorrenti (nonché il danno d’immagine eventualmente patito dagli organizzatori) con comportamenti mistificatori e falsi, penalmente rilevanti (oltre alla truffa, ricordiamo che vi potrebbero essere eventi patologici e drammatici, come sinistri occorsi a Tizio in gara, che verrebbe – sulla sola base del numero – identificato come Caio dagli operatori sanitari!) ma azionabili pure in sede risarcitoria civile.

 

 

Un accenno a questo ultimo ampio aspetto: anzitutto si dovrebbe distinguere l’ambito amatoriale da quello professionistico per quanto riguarda la responsabilità civile che dovesse in qualsiasi modo verificarsi. Nel primo, la responsabilità civile è solamente extracontrattuale; nel secondo, potrebbe configurarsi anche la responsabilità contrattuale nei confronti della società professionistica, se non anche quella risarcitoria (cioè nel caso di danni) verso gli altri atleti, verso gli spettatori intervenuti (paganti, di regola, negli eventi professionistici) se non addirittura verso gli organizzatori di manifestazioni sportive ed i gestori di impianti sportivi (gli stessi che, insomma, risponderebbero dei danni causati AGLI atleti, di regola negli eventi dannosi).

 

L’oggetto di questo articolo è importante quindi ai fini sportivi in generale, ma con alcune peculiarità. Queste derivano e prendono forma essenzialmente dai casi concreti cui ci si trova (purtroppo) ad assistere, o che potenzialmente potrebbero accadere: ricordiamo come simili casi potrebbero rilevare ai fini assicurativi (qui si potrebbero svelarsi pesanti retroscena in termini penali, nel caso di comportamenti falsificatori). Inoltre, la stessa consegna di un documento personale è associata – nella preliminare fase del rilascio – all’attestazione, vigente dal 2014, relativa al doping, ed ai certificati medici che obbligatoriamente ricorrono.

 

Rimanendo nell’ambito del (grave) illecito sportivo, demandando – come detto – agli organi giurisdizionali competenti ogni forma di repressione di tali pratiche, ci troviamo a cavallo tra il sistema penale e quello amministrativo/disciplinare. C’è infatti un sottile limite tra truffa e frode sportiva: la FCI ne da alcuni criteri interpretativi, anche mediante uno specifico articolo nel Regolamento di Giustizia e Disciplina (art. 2, co.1, recante disposizioni su Illecito sportivo) ove si stabilisce che “rispondono di illecito sportivo le società e i loro dirigenti, i soci e i tesserati in genere i quali compiano o consentano che altri a loro nome e nel loro interesse. compiano con qualsiasi mezzo atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara, ovvero ad assicurare a chicchessia un vantaggio agonistico, nonché l’uso di sostanze e metodi vietati dalle Norme Sportive  Antidoping). Di tale concetto vi è analoga traccia anche nel Codice di Giustizia sportiva adottato dalla FIGC per il calcio (art. 7).

 

La prevalente tutela penale incontra comunque dei limiti giuridici (clausola arbitrale, ad esempio) e temporali-organizzativi; accade spesso che ci si limiti, infatti, ai provvedimenti disciplinari irrogati dall’Ente (riconosciuto dal CONI, o in ambito federale). Qui emerge il ruolo dei Giudici disciplinari: essi hanno facoltà di trattenere tessere al fine di farle esaminare in sede di reclamo, per i conseguenti provvedimenti sanzionatori. Altre irregolarità eventualmente ravvisate saranno fatte valere dal CONI, in sede di esposto, per ulteriori opportuni accertamenti. Di essi, nella giurisprudenza – ossia nel costante vaglio dei Giudici ordinari od amministrativi – vi è poca traccia, e comunque si tratta di analisi che esula dal ristretto ambito sportivo qui considerato.

Anche nelle norme federali non ci sono casi specifici, ragion per cui si è resa necessaria questa analisi (approfondita, ma limitata ad alcuni aspetti).

Infatti, nelle Norme Attuative 2014 della FCI, Testo approvato dal Consiglio Federale FCI nella riunione del 6.12.2013, all’art. 3.2.08 ritroviamo la seguente norma: “Numeri di Gara: Nelle Gran Fondo Amatoriali è obbligatorio l’uso dei numeri dorsali, da applicarsi sul dorso secondo le indicazioni del Giudice di Partenza; essi vanno indicati nelle classifiche individuali ed inoltre consentono il riconoscimento in caso di situazioni di emergenza o disciplinari. I numeri da applicare sul casco e/o sulla bicicletta devono considerarsi aggiuntivi e non sostitutivi dei numeri dorsali, che sono obbligatori per motivi tecnici e di sicurezza. La dimensione dei numeri dorsali è indicata nel Regolamento Tecnico. E’ ammessa la pubblicità sui numeri, senza penalizzare la loro dimensione.”

 

Nulla più. Si capisce così come i principi sportivi siano improntati anzitutto ed essenzialmente ai canoni di correttezza, diligenza e lealtà, ma rivestano un ruolo fondamentale i “motivi tecnici e di sicurezza” che accompagnano il buon organizzatore diligente nel suo operato, e – possiamo sbilanciarci – di cui la Federazione o l’Ente, richiedono l’osservanza anche in capo a coloro che siano i destinatari degli sforzi profusi dagli stessi comitati organizzatori, quindi in capo agli atleti ed alle relative associazioni/società. Per questo il sistema sanzionatorio da spazio ad un provvedimento disciplinare, associato eventualmente (nei casi più gravi) ad esposti alle Autorità per i predetti profili penali.”

Speriamo che quanto scritto serva prima di tutto agli atleti, come insegnamento di vita e di etica sportiva, ma anche a chi – fin’ora – è stato danneggiato da certi comportamenti. E ricordiamo che queste abitudini, assieme al doping, sono espressione della massima “bassezza sportiva” di un atleta.

 

Fonte  Gianluca Barbieri  Copyright © INBICI MAGAZINE

 

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