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Roberto Sgalla Direttore delle specialità della Polizia di Stato e Presidente della Commissione Nazionale dei direttori di corsa e sicurezza della FCI

SPECIALE SICUREZZA: “FASCE RIFLETTENTI OBBLIGATORIE SULLE DIVISE DEI CICLISTI”


Dopo l’annus horribilis del ciclismo italiano, il Prefetto Roberto Sgalla indica le priorità a tutela dell’utenza debole: “La visibilità di chi pedala è un tema centrale almeno come quello del casco. E ai granfondisti dico: partecipate solo a quelle manifestazioni che garantiscono elevati standard di sicurezza”

 

Quando si parla di sicurezza sulle strade, il Prefetto Roberto Sgalla – credenziali alla mano – è oggi la voce più autorevole e credibile delle istituzioni italiane. Una conoscenza che, al di là della preparazione accademica, affonda saldamente le radici nel suo solido percorso professionale che, negli anni, l’hanno sempre visto in prima linea contro le criticità endemiche delle nostre strade.

Nella duplice veste di Direttore delle specialità della Polizia di Stato e Presidente della Commissione Nazionale dei direttori di corsa e sicurezza della FCI, il Prefetto Sgalla si batte da sempre per la modifica del Codice della Strada, ma soprattutto è ormai considerato “ad honorem” l’ispiratore di una rivoluzione culturale che oggi, finalmente – nel paese più indisciplinato del mondo – sta diventando virale.

Prefetto Sgalla, sbaglio o il tema della sicurezza sulle strade, anche in Italia, sta diventando finalmente una priorità?

“Non sbaglia. Grazie ad una massiccia campagna di sensibilizzazione, che ha investito tutti i livelli delle istituzioni e della società civile, mi pare che, sul piano culturale, questo Paese stia facendo qualche passo avanti”.

Dunque le strade non sono più un Far West?

“Andiamoci piano. Abbiamo fatto tanto, ma tantissimo resta ancora da fare sul piano dell’informazione e delle politiche educative, soprattutto se ci paragoniamo ai paesi del nord Europa dove il rispetto e la tolleranza, diciamo la verità, sono concetti assai più radicati”.

Col massimo del pragmatismo, qual è la prima cosa da fare per migliorare la sicurezza di chi va in bicicletta?

“Quello della visibilità del ciclista mi pare un tema centrale perché molti sinistri sulle strade sono provocati dagli automobilisti che, per qualche ragione, non si accorgono del transito della bicicletta. Per questo lancio un appello alle aziende che producono divise tecniche per ciclisti: cucite sui capi d’abbigliamento delle fasce riflettenti per aumentare al massimo la visibilità di chi pedala. E’ un provvedimento semplice che, mi auguro, possa diventare in futuro anche una norma del nostro codice”.

Lei si è già detto favorevole anche all’obbligatorietà del casco per i ciclisti…

“Ed è una posizione che ribadisco perché con un casco omologato in testa, in caso di caduta, ci sono molte meno probabilità di farsi male”.

In Italia però esiste anche il problema delle infrastrutture…

“Abbiamo delle ciclabili che, in molti casi, peggiorano il livello di sicurezza perché si interrompono bruscamente o sono disegnate in maniera sbagliata o approssimativa. Bisogna elevare il livello delle nostre infrastrutture soprattutto adesso che, sulle strade, circola un po’ di tutto…”.

A cosa si riferisce?

“In primis alle biciclette elettriche che, sul piano normativo, impongono nuove riflessioni. So che il mercato delle e-bike è ormai partito e dunque, come istituzioni, non dobbiamo farci trovare impreparati”.

Lei è anche un discreto ciclo-amatore. Come valuta il livello di sicurezza delle granfondo italiane?

“Impossibile generalizzare. C’è chi, con grande scrupolo e competenza, rispetta tutti gli standard di sicurezza e chi, al contrario, lavora con una pericolosa facilonerìa. Io credo che non ci si possa improvvisare ‘organizzatori di corse’ perché con l’incolumità dei ciclisti non si scherza. In questo senso, la Federazione e gli enti di promozione dovrebbero utilizzare dei protocolli più rigidi, limitandosi a sostenere solo quelle manifestazioni che rispettano tutti le norme logistiche a tutela dei partecipanti”.

a cura di Mario Pugliese Copyright © INBICI MAGAZINE

 

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