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UNA SFIDA IN BICICLETTA



Cycloscope, viaggio in bicicletta dalla foce del Danubio attraverso l’Asia centrale.

 

 

 

Siamo Elena e Daniele, una coppia di trentenni come tante ed il nostro progetto,Cycloscope,nasce dall’idea di un “ciclo di cicli”, nell’ottica che questo sia solo il primo di lunga serie! Si tratta di un viaggio in bicicletta dalla foce del Danubio attraverso l’Asia Centrale alla ricerca di immagini, suoni e parole: una serie di reportage che racconteranno contraddizioni e conflitti, tradizioni ed evoluzioni culturali, meraviglie naturali e rischi ambientali delle ex Repubbliche Sovietiche.

 

Durante il viaggio gireremo dieci reportage, ognuno dei quali tratterà un tema specifico, legato al territorio che attraverseremo.

Partiremo con una Koga Myata Leisure Lady e con una meno convenzionale bicicletta degli anni ’30, ilPresident, un telaio belga dellaRoyal Nord. Ora sono nella nostra officina di fiducia,Pedalando, che ci sponsorizzerà preparando le bici per il viaggio. Altri importantissimi sponsor sonoextrawheel, che ci ha fornito i rimorchi per le biciclette e TigrLock che ci hanno fornito i bicycle locks. Ma la realizzazione di questo progetto non è semplice, richiede molto lavoro di documentazione e anche un po’ di risorse economiche. Per chiunque volesse contribuire alla nostra avventura c’è la nostra pagina di crowdfunding.

Ma parliamo del viaggio!

 

Inizieremo dalla Romania, qui circa il 10 % della popolazione è composta da cittadini rom. Rom e Sinti sono la più numerosa minoranza europea, tra i 10 e i 12 milioni di persone. Sono un popolo transnazionale composto da cinque gruppi fondamentali: Rom, Sinti, Kalè, Manouches e Romanichals. Non hanno uno stato. Non ne hanno mai voluto uno. La loro storia, o meglio la loro diaspora, ha avuto origine in India intorno all’anno 1000: è stata ed è ancora un continuo susseguirsi di rifiuto e persecuzioni. Una volta arrivati in Europa ha avuto inizio una lunga serie di violenze legalizzate (in tutti i paesi europei, nessuno escluso): venivano marchiati a fuoco, impiccati, “uccidere uno zingaro” non implicava nessuna sanzione ed anzi, si veniva incoraggiati a farlo. Fino ad arrivare al Porrajmos, il “divoramento”, il genocidio compiuto nei campi di concentramento della seconda guerra mondiale che si concluse con lo sterminio di un numero imprecisato di Rom e e Sinti, dai 500.000 a 1.500.000.

 

 

In Romania la condizione di vita dei Rom non è molto cambiata, continuano a vivere ai margini della società, molti dei crimini compiuti verso di loro rimangono impuniti. Oltre alla situazione vissuta dai rom “classici” siamo curiosi anche di incontrare  i rom di Buzescu, un piccolo paesino di 4.500 abitanti nella regione della Valacchia, 100 km ad est di Bucarest. Chiamato palatul tiganilor (palazzi zingareschi). Qui vivono quasi solo Rom ricchi (quindi in realtà non molti) , Buzescu viene descritto un po’ da tutti come il regno del kitsch anche se in realtà le case sì, sono kitsch, ma mettono allegria. Del resto in molte città europea ci siamo abituati a vedere costruzioni molto più brutte e/o kitsch.

 

Ma dopo la descrizione del paese quello che tutti si chiedono (dandosi implicitamente la risposta) è come mai questi zingari sono ricchi, come mai hanno macchine costose o i denti d’oro.

                       

Sembra che un rom non possa essere ricco. Se chiede l’elemosina lo si disprezza perché vive alle spalle della nostra società ben costruita. Non ha dignità. Ma se è ricco lo è di sicuro perché ha rubato.

Lo zingaro deve corrispondere al nostro stereotipo. Innanzitutto deve essere vestito di stracci, deve puzzare, rubare, e ovviamente nascondere una Ferrari in garage.

 

Per quanto riguarda, invece, le tematiche ambientali ci occuperemo dellevaporazione del Lago Aral, una delle più grandi tragedie ambientali del pianeta, ma della quale, la maggior parte delle persone, è all’oscuro. Il lago Aral è stato, da tempo immemorabile e fino a pochi anno addietro, il quarto lago del mondo per superficie (68.000 km quadrati), adesso è quasi uno stagno. Negli anni ’40 il governo sovietico decise di deviare i suoi principali affluenti, l’Amu Darya e il Syr Darya allo scopo di irrigare la circostante regione desertica nel tentativo di incrementare la coltivazione di riso, cereali e cotone. Il lago Aral cominciò ad evaporare negli anni ’60 perdendo una media di 50 cm di acqua all’anno. Questo imprudente esperimento ha generato negli anni inaspettati cambiamenti climatici, gravi problemi per la salute della popolazione e devastato la robusta economia della regione, basata sulla pesca.

 

Nel 2007 la portata del lago fu quantificata come ridotta del 90% rispetto a quella originale. Visiteremo questa regione durante il nostro viaggio, cercando di dare il nostro piccolo contributo alla visibilità di questa tragedia.

 

In Kazakhstan andremo anche alla ricerca di ciò che rimane dellasecolare cultura nomade, ormai quasi estinta. Sotto il governo di Stalin, tra il 1928 ed il 1931, i nomadi kazaki, che costituivano la maggior parte della popolazione, sono stati costretti a diventare coltivatori. Questi tentativi ebbero il solo effetto di far morire di fame il bestiame e di far scappare i nomadi. La carestia si generalizzò nell’autunno 1931, facendo iniziare le fughe di massa della popolazione verso altre regioni dell’URSS e verso la Cina. In due anni, tra 1931 e 1933 , la popolazione del Kazakhstan era diminuita di più di 2 milioni di persone (su una popolazione totale di 6,5 milioni). oggi, circa l’1% della popolazione del Kazakhstan conduce ancora uno stile di vita nomade. Indagare e comprendere le antiche tradizioni nomadi e le loro evoluzioni sarà l’obiettivo del nostro reportage.

 

In Georgia, invece, andremo a conoscere una particolare tecnica tradizionale di viticoltura. Nel 2006 il governo russo ha posto l’embargo sull’importazione dei vini georgiani e moldavi. Il mercato russo rappresentava circa l’85% dell’esportazione vinicola. L’embargo russo, che dietro futili motivazioni igieniche cela in realtà ragioni politiche, ha messo in ginocchio la produzione del più antico vino del mondo

Da qualche anno, anche grazie al presidio di Slow Food e al lavoro di diversi enti locali, si punta di nuovo sui metodi tradizionali di vinificazione, a rischio di estinzione. Principale caratteristica di questi metodi è l’utilizzo di vasi interrati in terracotta (Qvevri) nei quali viene fatta fermentare tutta la vinaccia insieme al mosto. La macerazione può arrivare fino a sei mesi. I vini georgiani così prodotti risultano tutti diversi poiché racchiudono le caratteristiche del luogo in cui sono stati prodotti. Oltre al vino, cercheremo di approfondire un un altro tema dal forte impatto ambientale, la produzione di energia idroelettrica. La Georgia, infatti, è tra i primi cinque paesi al mondo in termini di risorse idriche pro-capite, è uno dei paesi che investito di più nell’idroelettrico, arrivando a soddisfare l’80 % della sua domanda energetica unicamente da questa fonte. Ora il governo progetta la costruzione della diga Khudoni HPP che incrementerebbe del 20%la produzione elettrica del paese, per un costo di circa 1,2 miliardi di dollari ed una durata dei lavori di 5-6 anni. Sembra un progetto impressionante che potrebbe produrre letteralmente tonnellate di energia pulita, ma è questa energia davvero pulita? Qual è il prezzo e chi lo pagherà ?

Il progetto Khudoni non è una idea nuova. Fu bloccato dalle ONG nei primi anni 1990, tra questi un ruolo importante è stato giocato da Green Alternative. Secondo questa seria e competente associazione il progetto Khudoni:”È stato dimostrato essere un’opera ad alto rischio di disastro ecologico, intensificando la devastazione di foreste e di habitat della fauna selvatica, la perdita di popolazioni di specie fluviali e il degrado dei bacini imbriferi a monte, a causa della inondazione della zona serbatoio in una delle regioni montuose più straordinarie della Georgia. La parte superiore del bacino del fiume Enguri combina foreste sub-alpine e praterie, ambienti rocciosi e tundra alpina. La zona è ben conosciuta per la sua fauna endemica. Questa include diverse specie forestali di uccelli, una comunità di grandi rapaci (aquila reale, grifone e gipeto), e uccelli endemici tra cui il fagiano del Caucaso, il tetraogallo del Caucaso e il luì piccolo caucasico. Stambecchi, camosci, orsi bruni, lupi, linci, caprioli e cinghiali sono abbastanza comuni. L’impatto cumulativo delle centrali Khudoni, Enguri e Tobari avrà effetti negativi sulla qualità delle acque, sulle esondazioni naturali e sulla composizione della fauna fluviale”. Se questo non fosse ancora abbastanza, il progetto “richiede il reinsediamento di un certo numero di villaggi unici (tra cui Chaishi), il sito di Khudoni si trova a Zemo Svaneti (Alta Svanezia), una zona di bellezza unica. Preservata dal suo lungo isolamento, la regione caucasica dell’Alta Svanezia è un eccezionale esempio di paesaggio montano, constellato da decine di villaggi medievali e case-torri. Il villaggio di Chaishi comprende ancora più di 200 delle proprie rinomate ed inusuali costruzioni, utilizzate nella storia sia come abitazioni, che come postazioni di difesa contro gli invasori che hanno afflitto la regione in epoca medievale e precedenti. La regione Zemo Svaneti è entrata a far parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 1996.”

 

Il numero di villaggi da inondare sarebbe 14, patrie di 769 persone, 524 ettari di terreno, mentre in uno studio preliminare banca mondiale le persone da “ricollocare” sarebbero più di 1600.

Il processo di reinsediamento è legato ad un altro problema, la controversia sulla proprietà della terra.

Secondo la burocrazia georgiana la maggior parte di queste terre non appartengono ufficialmente a nessuno, il governo ne ha quindi disposto il trasferimento agli investitori per la cifra simbolica di 1 USD. Si tratta di più di 1500 ettari di terreno, tra cui terreni agricoli, boschi, strade, infrastrutture, eccetera. Secondo Tabula “Dopo aver raggiunto un accordo con il governo della Georgia, Trans Electricaha deciso di restituire queste terre alla popolazione, aiuterà la gente del posto a registrarle, a spese della società stessa, e solo allora inizierà con l’acquisizione dei terreni. A tal fine, la società ha assunto una società canadese , RePlan”.Ad oggi tutto questo è ancora allo stadio di buone intenzioni sulla carta.

Infine ilKyrgyzstan, uno dei paesi meno noti dell’Asia centrale. Qui si trovano molti dei vecchi siti sovietici di estrazione dell’uranio, la maggior parte dei quali collocati attorno alla valle di Fergana, una vasta pianura triangolare che costituisce una delle zone più fertili e densamente popolate di questa parta dell’Asia centrale. Per secoli rimasta pacificamente un’ unità territoriale, la valle di Fergana è oggi assurdamente suddivisa tra Kyrgyzstan, Uzbekistan e Tajikistan. Con una popolazione eterogenea, ma pacificata da secoli di commistioni e matrimoni misti, la tensione è principalmente causata dall’approvvigionamento delle risorse idriche. Organizzata su scala regionale nell’epoca sovietica, la gestione di tali risorse è oggi appannaggio dei singoli stati, con il Kyrgyzstan ad avere il coltello dalla parte del manico. Il fiume Syr Darya ed i suoi principali affluenti originano per la maggior parte in territorio Kyrgyzo ed il governo ne fa spesso uso per la produzione di energia idro-elettrica, lasciando all’asciutto le porzioni della valle appartenenti a Tajikistan e Uzbekistan. La tensione resta altissima oggigiorno, con truppe schierate sul confine, continue scaramucce inter-etniche ed una crescente presenza di gruppi islamici fondamentalisti. Ma che ruolo hanno in tutto questo i giacimenti di uranio abbandonati?

Un ruolo triste e molto critico, vista la pericolosa prossimità del sito di Mailuu-Suu al bacino del fiume Syr Darya.

 

Dal 1946 al 1968 la Zapadnyi Mining and Chemical Combine ha prodotto e lavorato più di 10.000 tonnellate di uranio a Mailuu-Suu, gran parte del quale è stato utilizzato per il programma nucleare dell’URSS, “La prima bomba atomica sovietica è stata creata dall’uranio di Mailuu-Suu”, ha detto Torgoev Isakbek Asangalievich, ricercatore presso l’Accademia Nazionale di scienze Kyrgyza. Le scorie radioattive furono scaricate intorno alla città, vicino faglie geologiche, senza considerazione per le condizioni idrogeologiche o per la salute dei residenti locali. Oggi, 36 discariche sono sparse in tutta l’area, che contiene un totale di 1.960.000 m³ di rifiuti minerari radioattivi. Secondo uno studio del 2006 pubblicato dal Blacksmith Institute, una ONG ambientalista, Mailuu-Suu è risultato essere il terzo luogo più inquinato del mondo.

 

Frane, terremoti o alluvioni si verificano regolarmente nella regione e possono causare la grave contaminazione radioattiva del fiume Mailuu-Suu, che affluisce nel grande fiume Syr Darya. Una frana nel 1958 ha causato il rilascio di più di 500.000 m³ di rifiuti radioattivi e la contaminazione di vaste aree della valle di Fergana.

 

Questi sono solo alcuni dei luoghi che visiteremo e delle tematiche che affronteremo, potrete trovare tutti gli altri argomenti dei quali ci occuperemo sul nostro sito (itcycloscope.weebly.com).

 

 

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