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VIVO, DI NUOVO


La terza settimana, quella decisiva. Puoi far saltare il banco o saltare tu stesso. E’ il rischio, l’incertezza, il trovarsi in bilico, che il ciclista accetta non appena prende il via. E che non lo fa riposare bene la notte.

 

Perché l’incertezza può venire a svegliarti nel bel mezzo di un sogno perfetto. Ed è quello che tutti temevano. Che la cronometro da Treno a Rovereto potesse rivelarsi quell’incertezza che potesse spezzare i desideri. Perché il favorito è sempre stato Tom Dumoulin, che è il Campione del Mondo. Eppure, la vita, e il ciclismo di conseguenza, non sa mai stare troppo alle regole. E’ ribelle, senza fingere di esserlo. Lo è, e basta. E lo dimostra, ogni giorno.

E’ vivo, ancora, Simon Yates, che ha ancora addosso la sua Maglia Rosa. Ha superato il mostro più spaventoso che abitava nei suoi sogni da un po’ di tempo. Sapete, come quel nemico che si incontra nei videogiochi e che, per sconfiggerlo, devi per forza arrivare con tutta la barra dell’energia al massimo, altrimenti non puoi nemmeno pretendere di scalfirlo. Ebbene, la sua barra dell’energia l’ha scaricata quasi tutta, per conservare i preziosi secondi di vantaggio all’ingresso dell’ultima parte del Giro. Ma superato il livello, l’energia si ricarica. E il duro comincia giovedì. Il bello venerdì. Il conto, l’oste, lo porterà sabato. Simon, che soprannomi non ne ha e non interessa averne, è vivo, ancora. Continua a provarci, continua a riuscirci.

Non è rinato, Fabio Aru, lungo i trentaquattro chilometri della Trento-Rovereto, una tappa dal nome magicamente orecchiabile, come un tormentone radiofonico. Come il gorgoglio del fiume Adige, che ha accompagnato i corridori per la parte centrale del percorso. Dicevo, non è rinato Fabio Aru. Ma è vivo di nuovo, che non è la stessa cosa.

E’ vivo, di nuovo, dopo quelle ore passate a tremare dal freddo e dalla rabbia lungo i chilometri verso Sappada, domenica scorsa. Minuti di inqualificabile dolore, fisico e psicologico, in cui solo l’affetto e l’aiuto dei suoi compagni, i buffetti e gli abbracci di Diego Ulissi sulla schiena e le parole di conforto degli altri, hanno saputo portarlo al traguardo. Secondi in cui le gambe di Fabio non sapevano bene dov’erano, e cosa fosse giusto fare. Fermarsi? No, non sarebbe stato giusto. Eppure, il bordo strada è allettante certe volte, quando proprio hai il vuoto dentro e non sai fare altro che continuare a respirare per cercare di rimanere, almeno un po’, incollato alla terra ferma. Alla realtà, che fa così male. Eppure, Fabio, al traguardo è arrivato. Fabio, che dopo aver percorso la strada da Trento a Rovereto, è vivo di nuovo.

Siamo qui per provarci una volta in più. Siamo su questo mondo per vivere due volte contemporaneamente, perché una volta sola non è sufficiente. Siamo qui, al mondo, per vivere e rinascere, ogni giorno sempre di più.

 

A cura di Giulia Scala per InBici Magazine

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