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Il trucco c’è ma non si vede


Nei primi giorni di aprile è giunta in redazione l’e-mail di un lettore che, con dovizia di particolari, ci ha raccontato cosa sta succedendo sempre più spesso nel mondo delle biciclette elettriche a pedalata assistita.

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Mario, nome di fantasia che gli abbiamo assegnato, essendo un appassionato e contemporaneamente un addetto ai lavori (gestisce un piccolo punto vendita di bici e servizi inerenti alle due ruote) ha voluto raccontarci come da diverso tempo, gli organizzatori di alcuni campionati di e-Enduro dell’FCI (Federazione Ciclistica Italiana), stanno combattendo per cercare di fermare un problema di doping meccanico che spopola nelle competizioni ufficiali, ovvero le e-MTB modificate.

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Tutto parte dal grande successo che sta riscuotendo la bici elettrica, al momento attuale unico segmento in positivo di un mercato del ciclo che – dopo i fasti del post Covid – si trova in una preoccupante fase di stallo. Proprio nel settore dell’e-bike sono nate delle gare di e-Enduro dove la partecipazione a questa tipologia di eventi ha richiamato un gran numero di iscritti, la popolarità è sicuramente cresciuta in modo esponenziale e con essa è aumentata anche la visibilità delle gare stesse.

photo Askoll-Focarini

Quindi, alla luce di tutto ciò, dove sta il problema?
Semplice: “fatta la legge, trovato l’inganno”; è un detto comune sempre in voga da rispolverare in ogni occasione; un modo per indicare chi, furbescamente, cerca sotterfugi legali per non rispettare le regole e, nello stesso tempo, proverà a trovare il modo di aggirarle. Ed è proprio quello che ci racconta Mario nella sua accorata disanima di un neonato movimento agonistico – appunto quello dell’e-Enduro – affascinante, impegnativo, coinvolgente e tecnicamente completo ma purtroppo già malato per colpa dei soliti furbetti…

Mario ci scrive così: “Per regolamento europeo e per il codice della strada le e-bike che circolano fuori dai terreni privati devono essere limitate a 25km/h. Questo vale anche per le gare trattandosi di eventi non disputati, appunto, in circuiti privati o sulle piste a circuito chiuso.
Si vedono sempre più spesso, purtroppo non solo in fondo alla classifica, delle anomalie che riguardano le velocità in alcune prove speciali. Tratti pianeggianti o in leggera salita in cui le e-bike arrivano a toccare i 40 km/h e anche di più… Se Lei (riferendosi a noi di iNBiCi) ha mai avuto modo di guidarne una potrà rendersi conto di quanto sia difficile, se non impossibile, questa performance. Questi dati sono visibili grazie ai device GPS utilizzati da alcuni concorrenti che monitorano costantemente velocità, pendenze e altri dati utili durante la competizione”.

Ma gli organizzatori e l’FCI cosa fanno?
Sempre Mario ci spiega: ”Come accennato in precedenza, gli organizzatori da diverso tempo sono al corrente di questo problema, ma non possono fare più di tanto per la questione che l’FCI non ha ancora regolamentato l’utilizzo delle e-bike nei circuiti di gara. E’ vero che è una disciplina che nata da poco e sta avendo il suo sviluppo soprattutto negli ultimi anni.
Ormai, però, è talmente diffusa che bisognerebbe – per non rovinare le ambizioni degli sportivi veri – andare a tutelare i concorrenti onesti con un regolamento ad hoc che permetta, come per il doping, dei controlli a sorpresa sulle biciclette degli atleti. E’ già stato chiesto diverse volte da parte di chi organizza un’attenzione maggiore su certi argomenti ma sono sempre stati rimbalzati. Non pretendo che io, al contrario di loro, possa arrivare a qualche risultato migliore ma da amante dello sport, della sfida umana, del lavoro duro e dell’onestà mi sembrava assurdo rimanere a guardare. Tutto ciò è un’ ingiustizia nei confronti dei valori sportivi in cui così tanto credo.

photo Alessio Buttazzoni

Rileggendo l’e-mail di Mario traspare il dispiacere di una persona corretta che ancora una volta deve confrontarsi con chi non lo è. Personalmente, mi faccio una domanda: “perché bisogna arrivare a tanta bassezza? Perché bisogna truccare il motore o la centralina di un’e-bike per andare più forte e rischiare anche di farsi molto male, oltre che di rovinare la componentistica o la drive unit stessa della bici stressandola al di sopra delle proprie capacità?
A tutto questo non riesco davvero dare una risposta e immagino che anche voi, da veri sportivi, facciate fatica a giustificare simili vergognosi comportamenti.
Dobbiamo solo augurarci che presto gli organi federali preposti mettano un freno alla piaga del doping, non solo chimico ma anche di quello tecnologico scoprendo, denunciando, punendo e squalificando i colpevoli.
Lo devono a noi che – come il nostro lettore Mario – crediamo nella legalità, che abbiamo sempre fatto del ciclismo e della bicicletta uno stile di vita, una vera passione e un modo di condividere la sana fatica di pedalare in compagnia.

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A cura della redazione di Inbici News24 e Roberto Zanetti
Copyright © Riproduzione Riservata Inbici Media Group

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