Parla la responsabile dei contatti internazionali che tiene il prezioso fil rouge tra i team e l’organizzazione.
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Con un’esperienza di oltre trent’anni nel ciclismo professionistico, Ursula Riha-Kocher è una vera stella polare per le squadre che partecipano al Tour de Pologne. Raccontando la sua passione per le relazioni umane, spiega qual è la vera sfida del suo lavoro e l’impegno che comporta il pianificare la partecipazione dei team nei minimi dettagli, affinchè possano sentirsi a loro agio ovunque.
Spiegaci il tuo ruolo all’interno dell’organizzazione del Tour de Pologne.
Sono responsabile delle squadre e dei contatti internazionali. Dato che lavoro nel ciclismo da più di trentacinque anni, ogni giorno cerco di mettere a disposizione la mia esperienza e la mia rete di contatti. Spesso il mio lavoro necessita una buona mediazione e la capacità di trovare soluzioni.
Qual è la parte più impegnativa del tuo lavoro?
La logistica è senza dubbio una grande sfida. Durante tutta la durata della corsa, solo le squadre necessitano di circa 4.000 pernottamenti. In ogni location è necessario predisporre di un vasto spazio per parcheggiare i veicoli e collegamenti per l’acqua e l’elettricità, indispensabili per il funzionamento delle lavatrici e delle varie attrezzature per la pulizia delle bici e delle auto. Il tutto senza sottovalutare l’accoglienza, fondamentale per un team impegnato in una competizione.
La pandemia ha reso le ultime due edizioni particolarmente impegnative, rispetto a come eravamo abituati in passato. In ogni hotel si dovevano prevedere sale da pranzo e buffet separati per ogni squadra. Le camere non potevano essere utilizzate nelle 24 ore che precedevano l’arrivo degli atleti e solo una squadra poteva alloggiare su ciascun piano dell’hotel.
Per mia fortuna, collaboro con un team fantastico. Anna Winogrońska e la sua collega Katarzyna Lulka lavorano ventiquattro ore su ventiquattro per darci il supporto necessario e sono l’esempio concreto di quello che chiamano “girl power”.
Come viene percepito il Tour de Pologne a livello internazionale?
Oltre ai tre Grandi Giri, questa corsa di una settimana è una delle più importanti nel calendario internazionale World Tour. È stata la prima corsa a tappe che si è tenuta nel 2020 durante la pandemia ed è stata un esempio da seguire per le gare successive, suggerendo come affrontare la nuova situazione e le condizioni difficili – ma ovviamente necessarie – da adottare.
Quali sono, secondo te, le più grandi qualità di questa corsa?
Il più grande valore risiede nell’esperienza familiare dell’organizzazione. Tutta la famiglia Lang è strettamente legata a questo sport da moltissimi anni. Czesław Lang è una medaglia d’argento olimpica nel ciclismo su strada e ancora oggi usa quotidianamente la bicicletta. Sua figlia Agata è cresciuta nel mondo del ciclismo professionistico ed è attiva in molti organismi internazionali, come il direttivo dell’UCI. Questo fa davvero la differenza, sia nella modalità di approccio che nell’autentica comprensione delle necessità di una competizione di questo calibro.
Qual è il tuo ricordo più bello del Tour de Pologne?
Ci sono molti bei ricordi! Ma la solidarietà e la disponibilità tra le squadre è qualcosa di unico, che mi stupisce ogni volta. In gara naturalmente lottano gli uni contro gli altri per la vittoria della propria squadra, ma se è necessario si passano una borraccia così come i meccanici aiutano con eventuale materiale mancante dopo la tappa. L’organizzazione del Tour de Pologne alloggia negli stessi hotel delle squadre per rimanere in contatto e scambiarsi informazioni e ho assistito a moltissime interazioni tra i team che dimostrano come questo sia uno sport umanamente meraviglioso.
Non vedo l’ora che finisca la pandemia, quando non ci saranno più bolle da considerare e si potrà ritrovarsi di nuovo ad un tavolo tutti insieme la sera, dopo la tappa, a ridere e scherzare, condividendo questa grande avventura.
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