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BARDIANI



La settima tappa del Giro d’Italia è stato il battesimo della fuga per l’abruzzese Giulio Ciccone che, con i suoi 21, è il corridore italiano più giovane al via.

 

“Oggi volevo la fuga e con i direttori avevamo deciso che avrei provato. L’obiettivo del team era aiutare Ruffoni in volata, io ho giocato il ruolo del battitore libero. La tappa è stata intensa e già sul primo GPM c’è stata grande bagarre. Il gruppo si è frazionato, davanti siamo rimasti una trentina di corridori. Riassorbita la prima fuga ho iniziato una serie di attacchi per portarne via un’altra. Ne avrò provati una decina, all’ultimo ce ne siamo andati in sei. Purtroppo sapevamo di avere il destino segnato, ma era giusto provarci. I gesti di Martinez dopo l’ultimo GPM? Si è risentito del mio scatto, ma onestamente non mi spiego il perchè”.

 

Da applausi, infine, il pensiero che l’ha spinto a sprintare e vincere il traguardo volante posto a L’Aquila al km 60.

 

“Per noi abruzzesi è da sempre un simbolo, a maggior ragione dopo il terremoto che l’ha colpita. Aveva solo un significato sentimentale, ma per me importantissimo”.

 

Dopo la fuga di Ciccone, la Bardiani-CSF ha raccolto un nono posto in volata con Nicola Ruffoni.

 

“Non è andata come volevo. Prima del Valico della Somma ho forato e sono rientrato insieme a Kittel ai – 25 km, spendendo più del previsto. Ho ripreso fiato, grazie ad Andreetta e Boem sono risalito nelle prime posizioni. Al momento dello sprint ero però troppo dietro e, come spesso capita in volate così trafficate, sono rimasto chiuso. Un nono posto non è da buttare, ma sentivo di poter fare meglio”.

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