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Dalla strada alla Mountain Bike e viceversa

Dalla strada alla Mountain Bike (e viceversa)



Dal 1990 la Mountain Bike assegna ogni anno il titolo di campione del mondo delle varie specialità e, dal 1996 (Atlanta), ha una dimensione anche olimpica.

Da Krukenbaum a Sagan, ecco i personaggi che hanno avuto fortuna anche nella strada. Ma la storia ci insegna che, agli albori, la tendenza era diversa e molti dei big, oltre che dalla strada, provenivano da altri sport, alcuni dei quali molto distanti dal ciclismo.

 

Mountain bike in inglese, VTT (vélo tout terrain) in francese, bici da montagna in italiano. Lasciamo stare le origini, americane indubbiamente, di questo sport meraviglioso e concentriamoci invece sulla dimensione prettamente agonistica della MTB.

 

Nel 1989 la Coppa del Mondo non esiste ancora, o meglio esiste, ma allo stato sperimentale. Il suo primo vincitore è tedesco, Volker Krukenbaum: probabilmente questo personaggio mai avrebbe immaginato  l’evoluzione di questa disciplina. Inizialmente si cimentavano in queste gare atleti provenienti dal ciclismo su strada, dal ciclocross, dal bmx, dall’alpinismo, dall’atletica, dal motociclismo, dallo sci, dal Triathlon, persino dallo slittino. Insomma, non esistevano i bikers nati e cresciuti sulle ruote grasse.

 

Se per le discipline veloci, leggasi downhill, è facile immaginare che il bmx abbia sfornato campioni come Anne Caroline Chausson, oppure che dal mondo del motocross il nostro Paolo Caramellino sarebbe diventato la prima medaglia italiana a livello senior nel 1993 a Métabief.

 

Più strano immaginare che una delle più vincenti in Coppa del Mondo di Cross-Country sia stata una ex atleta della nazionale di sci alpino Usa, Juliana Furtado. Forse sembra più normale ricordare che Paola Pezzo, ex atleta di interesse nazionale dello sci nordico, abbia vinto due Olimpiadi. Dallo stesso sport proveniva anche Riccardo De Bertolis, classe 1958 e fratello di Massimo, il campione del mondo marathon 2004.

Proprio Riccardo, è stato uno dei migliori italiani a livello internazionale: fu 8° ai mondiali 1991 al Ciocco nella gara Senior. In quel periodo un ex triathleta, Giancarlo Bettin, chiuse nelle prime trenta posizioni proprio il mondiale toscano.

Altri esempi un po’ anomali arrivano da Marzio Dehògranfondista proveniente dall’alpinismo e oggi ancora protagonista a livello nazionale.

 

Completamente diversa la storia dell’unico italiano capace di vincere la classifica finale di Coppa del Mondo di downhill: Corrado Herin arrivava dallo slittino su pista naturale, disciplina nella quale vinse il mondiale del “doppio”. Dirottatosi alla mtb, vinse il titolo italiano nel 1992 a Buti e fu subito protagonista con un podio a Vail (1994) ai mondiali e poi ottenne la vittoria, appunto in coppa del mondo nel 1997.

Storia a parte, quella di Francois Gachet, un francese che vinse il mondiale downhill e arrivava dal… circo.

 

Insomma, storie bellissime, incredibili che hanno colorato la storia della bici da montagna.

 

Tra le storie più originali, a livello internazionale indubbiamente il primo nome che viene in mente è quello di John Tomac. Statunitense, classe 1967, vinse la World Cup 1991, il mondiale 1991 al Ciocco nel cross-country e addirittura l’argento nella downhill alle spalle di Albert Iten.

La sua vita potrebbe essere un film, unico al mondo ad andare a podio ai mondiali di XC e DH, per di più nello stesso anno, Tomac proveniva dalla bmx , nella cui specialità era stato campione nazionale. Correva nel Team Mongoose, squadra che lo fece esordire nella mountain bike. Nel 1990 a Durango stupì il mondo correndo XC e DH con la stessa bicicletta, una mtb Yeti con manubrio da strada. Tutto questo per mantenere la posizione da stradista, visto che nel frattempo aveva firmato un contratto con 7eleven (la futura Motorola di Armstrong) su strada. Nel 1991 corse nella Raleigh in mtb e nella Motorola al fianco di Armstrong, prese parte alla Roubaix dove chiuse 96° ed ultimo, destando grande interesse.

 

Per quanto riguarda invece il solo settore cross-country ad alto livello, potremmo dividere la storia in tre parti, o meglio quattro correnti: gli ex stradisti, passati alla MTB; i ciclocrossisti, abili anche in MTB, i bikers che dalle ruote grasse sono passati alla strada e ovviamente i bikers puri.

 

Tra gli ex stradisti, a livello femminile, Maria Canins dopo vittorie al Tour e al Giro , vinse il mondiale veterani al Ciocco 1991, mentre Jeannie Longo fece la stessa cosa nel 1993 in Francia. Maria Paola Turcutto, ottenne il bronzo al mondiale 1996 in Australia.

In campo maschile, a livello internazionale tre fratelli Grewal, statunitensi, furono tra i pionieri ad alto livello, con uno dei tre, Rishi, che riuscì a ottenere dei podi in coppa del mondo. Ci provò anche Bob Roll, ma i risultati non furono eccelsi.

 

Nel 1991, il team Red Bull fece scalpore ed ingaggiò Gherard Zadrobilek, austriaco che fu discreto professionista. Pochi mesi e fu acquistato dal team GT, ma non fu capace di vincere il mondiale.

Altro straniero proveniente dal bitume fu un danese, Jan Ostergaard, che riuscì a centrare due bronzi mondiali nel cross-country, nel 1993 e nel 1995. Fu il primo, da biker, a portare sul podio mondiale le coperture semislicks.

E gli italiani? Furono in molti a passare dalla strada alla mtb.

 

Alessandro Paganessi, vincitore sul Gavia al Giro 1985, fu forse il primo a dominare la scena del fuoristrada nazionale. A livello internazionale però, non raccolse le vittorie sperate, forse frenato da una tecnica poco evoluta.

Mario Noris, bergamasco divenne uno dei primi prof italiani in mtb dopo una carriera su strada, con vittoria al Giro di puglia. Noris chiuse al 7° posto il primo mondiale, quello di Durango nel 1990.

L’olimpionico della 100 km a squadre, Claudio Vandelli, vinse titoli italiani, tra cui anche quello di “velocità”, una sorta di cronometro in mtb nel 1990. Egli vinse il tricolore al Bondone nel 1992, davanti a Daniele Bruschi e Walter Magnano (altri due ex prof della strada). Bruschi ottenne un argento europeo e un podio in Coppa del Mondo in Ungheria.

 

Un altro Bruschi, Mirko, vinse l’Italiano 1993 a Pila, dopo un titolo italiano dilettanti su strada.

Paolo Rosola, lo sprinter bergamasco, vinse il mondiale, addirittura di downhill al Ciocco, categoria veterani.

Danilo Gioia, Luigi Bielli e Stefano Tomasini furono altri ottimi bikers dopo la carriera stradale.

 

Stefano Giuliani, gregario di Moser, passò alla mtb nel 1993, vinse un europeo veterani, ma soprattutto portò al successo in Italia, tappa di Italian Cup 1993, la prima bicicletta biammortizzata, la Proflex.

Tra i ciclocrossisti, il migliore fu senza dubbio Thomas Frisckhnecht, classe 1970, vincitore del primo mondiale marathon nel 2003, oltre che del mondiale 1996 a Cairns (titolo attribuitogli tanti anni dopo, vista la squalifica del francese Chiotti, altro crossista, positivo all’epo).

 

Se “Frischi” vinse due mondiali e innumerevoli medaglie, anche olimpiche, un danese, Henryk Djernis, vinse tre mondiali di fila: 1992-93-94.

Ex azzurri del ciclocross di livello assoluto furono Luca Bramati, 8° alle Olimpiadi 1996 e podio ai mondiali vinti da Pallhuber, quelli del 1997. Sfiorò il mondiale 1995, persi a causa della rottura del cambio e vinse due prove di coppa del mondo.

Daniele Pontoni, chiuse 4° i mondiali di Vail 1994 e fu 5° alle Olimpiadi di Atlanta. Per lui anche alcuni podi in coppa del mondo.

Fabrizio Margon fu un ottimo biker, correndo spesso col manubrio stradale alla “Tomac”, mentre Alessandro Fontana, trevigiano, vinse la pre-olimpica di Atlanta nel 1995.

Tra gli altri crossisti, uno svizzero vinse una prova di Coppa del Mondo nel 1993, MENTRE Adrie Van Der Poel ottenne alcuni podi internazionali.

 

Ed ora, parliamo di bikers che sono passati alla strada.

Uno dei primi fu Valentino Fois che, dopo alcuni titoli italiani e un argento europeo di mtb a livello junior,  vinse il Giro della Valle d’Aosta da dilettante nel 1995. Divenne professionista e ottenne alcuni successi in alcune corse minori. Morì tragicamente nel 2008.

 

Passare dalla mtb alla strada sembrava follia, sino al 2000, quando Dario Cioni, tesserato alla Mapei in mtb, decise di provare la carriera stradale passando alla corazzata, sempre Mapei, ma su strada. Fu l’inizio di una nuova carriera e Dario chiuse al 4° posto il Giro del 2004.

 

Leonardo Zanotti provò ad imitarlo e chiuse nei primi 60 il Giro del 2003 dopo una bella carriera in mtb.

In campo internazionale, il primo tentativo “pesante”, fu quello di Miguel Martinez, oro ai mondiali 2000 di mtb e oro olimpico. Figlio di Mariano, maglia a pois del Tour de France, “Minimig” tentò l’avventura cercando fortuna proprio alla Grande Boucle, militò nella Mapei e nella Phonak, prima di chiudere la carriera su strada nella Amore e Vita. L’esperimento non fu fortunato e da poco Martinez è tornato al primo amore.

 

Michael Rasmussen, danese, oro ad Are 1999 nel cross – country, passò alla strada e andò vicinissimo alla vittoria nel Tour del 2007, ma fu fermato per problematiche legate alla rintracciabilità e al doping.

Poco prima ci aveva provato anche un certo Cadel Evans (5° a diciassette anni in una prova di Coppa del mondo nel 1994), per lui due Coppe del Mondo di mtb, e qui l’esperimento andò a buon fine. Passò nella Saeco, che usava le bici Cannondale, sponsor del suo team di mtb. Andò subito forte al Giro d’Austria, e poi si accasò alla Telekom. Furono periodi difficili e dunque cambiò squadra. La storia è dalla sua parte: un Tour de France, un mondiale a Mendrisio nel 2009, una Freccia Vallone e altri podi in Francia.

 

Ryder Hesjedal, dopo un podio nel cross-country junior e un argento elite ai Mondiali XC 2003, passò alla strada e ottenne il 7° posto al Tour, ma soprattutto vinse il Giro del 2012.

Jean Christophe Péraud, francese, dopo l’argento olimpico in mtb a Pechino 2008, è diventato campione francese a cronometro ed è tuttora imprgnato al Tour de France.

 

Stesso discorso per Jackob Fuglsang che corre nell’Astana.

 

Ma tra gli ex biker, il fenomeno del momento è Peter Sagan, che vinse i mondiali Junior in mtb e passò alla strada. Innumerevoli vittorie per questo fenomeno slovacco che ad oggi, rappresenta, insieme a Cancellara, il top nel settore delle classiche. Peter Sagan, dopo le tappe al Tour, alla Tirreno Adriatico, i podi alla Sanremo, al Fiandre e a tante altre classiche, è forse l’unico ciclista che potrebbe puntare a classiche come Sanremo, Liegi, Fiandre, Amstel, Lombardia, Roubaix e, chiaramente, il mondiale. Staremo a vedere.

 

L’ultima categoria è quella dei bikers puri. Insomma i corridori che attualmente stanno emozionando le folle: Nino Schurter, Julien Absalon, che per la verità è sulla breccia almeno dal 2000, ma già nel 1998 vinceva a livello giovanile. Jaroslav Kulhavy ha già vinto mondiale, coppa del mondo e Olimpiade.

Tra gli italiani, Marco Aurelio Fontana, peraltro ottimo ciclocrossista, vanta già un bronzo olimpico a Londra 2012, un 5° posto a Pechino 2008 e svariati podi in coppa del mondo.

Prima di lui, lampi di classe da parte di Marco Bui, che vinse un mondiale da Under 23 davanti ad Evans nel 1999 in Svezia, oltre alla prova di Houffalize di Coppa del Mondo, prima del terribile incidente che mise fine alla sua carriera.

Non dimentichiamoci del trentino Martino Fruet, bronzo ad Are dietro Bui ed Evans e soprattutto unico azzurro in attività a vantare un successo in Coppa ormai tredici anni fa a Mazatlan.

In campo femminile a farci sognare è Eva Lechner, che già ha vinto in Coppa del Mondo e potrebbe regalarci la tanto ambita maglia iridata.

Insomma, questa è solo una panoramica di 24 anni di Mountain Bike.

 

 

 fonte  Paolo Mei

 Copyright © INBICI Magazine

 

nelle foto:  John Tomac,Paola Pezzo,Mirko Celestino, Cadel Evans

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