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GIRO D’ITALIA – OPINIONI A CONFRONTO

GIRO D’ITALIA – OPINIONI A CONFRONTO



Se l’arrivo ad Oropa poteva rappresentare un appuntamento importante da un punto di vista emozionale, con i ricordi legati soprattutto all’impresa di Marco Pantani del 1999, erano altrettanto legittime le attese riposte nella 14a tappa che proponeva l’arrivo al Santuario che sovrasta la città di Biella, dopo aver affrontato altri due Gran Premi della Montagna.

 

 

 

Una frazione che ha regalato intense emozioni: il recupero in extremis di Enrico Battaglin, la scarsa reazione della maglia rosa Rigoberto Uran (che erano in molti a sostenere che con la eccezionale performance nella crono dei vini avesse ormai ipotecato il successo) all’attacco di Domenico Pozzovivo; la rinascita e la scarsa collaborazione di Nairo Quintana, oltre alla determinazione di un mai domo Cadel Evans. Tutti argomenti interessanti ma che nell’economia spicciola, fa limitare il bilancio a poche manciate di secondi. Anche se nessuno, a cominciare da tecnici e corridori, potrà sottovalutare i segnali espressi da questa frazione.   

Logico altresì che agli occhi del tifoso e dell’appassionato, possa sorgere il dubbio sulla quantità di coraggio presente nel cuore e nella testa dei corridori. Sempre più propensi ormai da qualche anno, a lasciare che le logiche di attendismo prevalgano alla fantasia e all’audacia.

 

Una domanda che ha rappresentato il tema centrale della puntata di “Velodrome, opinioni  a confronto”. Un argomento che è stato trattato con due ex corridori nei cui palmares figurano complessivamente ben 3 successi nella corsa rosa.

 

Il primo a intervenire è stato Eugenio Berzin, il cui nome di battesimo è stato deciso di naturalizzare alla nostra lingua, con l’opportuno consenso del diretto interessato. Come ha ricordato il vincitore del Giro di vent’anni fa, lo stesso Indurain, che aveva già alle spalle i successi delle edizioni 1992 e 1993, non si aspettava di trovarsi di fronte due giovani così “irriverenti” come furono appunto Berzin e Pantani. Capaci entrambi di precederlo nella classifica generale finale, riservando al navarro, soltanto il gradino più basso del podio. «Si trattò di un cambiamento generazionale.

Indurain vinceva Giro e Tour grazie soprattutto alle prove a cronometro. Non si aspettava di trovare un avversario che potesse batterlo sul suo stesso terreno». Alla domanda di quanto il ciclismo sia cambiato negli ultimi anni e se ci sia in gruppo scarsa propensione ad osare, Berzin ha posto un’analisi basandosi soprattutto su quello che si è visto fino ad oggi e su quanto ci sia effettivamente da aspettarsi da questo Giro d’Italia: «C’è un forte controllo attuato un po’ da tutte le squadre. Adesso però arriveranno le grandi salite. Non ci si potrà nascondere nella tappa che proporrà Gavia e Stelvio. In effetti, ai miei tempi c’era forse più coraggio. In una tappa come quella di Oropa che proponeva una salita impegnativa a metà percorso, qualcuno ci avrebbe provato. Marco (Pantani, ndr), di sicuro».

 

Con Ivan Gotti, il secondo interlocutore, vincitore del Giro delle edizioni 1997 e 1999, si è incominciato proprio con i ricordi legati all’impresa del “Pirata”, che scaturirono poi una settimana più tardi, a seguito delle vicende di Madonna di Campiglio, alla realizzazione del bis da parte del corridore bergamasco. «Ricordo bene quel giorno. Su quella salita feci una fatica incredibile. Si arrivava dalla difficile tappa del Fauniera dove avvenne quel famoso battibecco tra me e Marco. Nonostante fossi un po’ cotto, riuscii a difendermi bene». Il confronto è poi susseguito sull’argomento portante, legato all’eccessiva prudenza che domina sempre lo spirito agonistico dei protagonisti più attesi.

 

Atteggiamento che Ivan Gotti sembra comunque condividere, rimandando alle prossime e ormai imminenti occasioni, le reazioni più temerarie: «Fino ad oggi non ci sono state grandissime salite ed era logico che si aspettasse l’ultima asperità. Nei prossimi giorni mi aspetto invece attacchi anche da lontano. Non tanto iniziative individuali, quanto logiche di squadra che potranno attuare soprattutto i colombiani, sempre con l’indole rivolta all’attacco e molto coesi tra di loro. Un atteggiamento che Beppe Martinelli potrebbe far svolgere anche al giovane Fabio Aru. Approfittando della presenza in squadra di figure esperte quali Scarponi e Tiralongo».

 

www.velobike.it

 

Anche la puntata odierna di “Velodrome, opinioni  a confronto”, approfittando dell’arrivo del Giro sulla salita di Montecampione, accoglierà due ospiti all’insegna dell’amarcord. Una salita che oltre al testa a testa tra Pantani e Tonkov, si porta alle spalle la grandissima impresa di Bernard Hinault, legata all’edizione del 1982, quando il fuoriclasse bretone, alla sua seconda discesa in Italia, seppe rovesciare le sorti della corsa e bissare il successo ottenuto due anni prima. Ne parleremo insieme a Silvano Contini (al quale Hinault sfilò di dosso la maglia rosa) e Roberto Poggiali che dall’ammiraglia dirigeva il gruppo della Metauro Mobili-Pinarello, nel quale militava Lucien Van Impe, l’unico che fu capace di tenere le ruote dell’indomito campione transalpino.

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