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L’INTERVISTA A PAOLO SAVOLDELLI: I PRONOSTICI DEL FALCO


Sospesa l’attività da cronista tv, Paolo Savoldelli non lavora più stabilmente nel mondo delle due ruote, ma resta comunque uno dei più acuti opinionisti del ciclismo moderno: “L’accoppiata Giro-Tour? Serve un fuoriclasse assoluto…”

 

Quando si parla di discesa non si può non pensare a lui: il “Falco”, uno dei migliori discesisti nella storia del ciclismo. Sono già passati dieci anni dal giorno in cui Paolo Savoldelli ha appeso la bicicletta al chiodo eppure i tifosi non l’hanno mai dimenticato.

Bergamasco della Val Seriana, nel corso della sua lunga carriera ha conquistato molti successi, tra i quali due Giri d’Italia, nel 2002 e nel 2005. Indimenticabile, in particolare, la tappa del Colle delle Finestre che l’ha consacrato anche come un campione dotato di una capacità tattica fuori dal comune.

Per anni apprezzato commentatore televisivo, Paolo oggi dedica la maggior parte del tempo alle sue attività, non accantonando però la sua grande passione per la bicicletta. Lo abbiamo intervistato per scoprire anche la sua opinione sul ciclismo moderno.

Paolo, come sono organizzate oggi le tue giornate?

“Attualmente sono molto impegnato. Prima di tutto continuo con il mio progetto immobiliare, compro terreni e costruisco case, anche se ultimamente il mercato non è dei migliori in questo settore. Poi sto aiutando la mia compagna che gestisce un ostello situato a Valzurio, un luogo molto suggestivo e adatto ai ciclisti che amano pedalare immersi nella natura. Per arrivare al paesino bisogna percorrere una bella salita di circa sei chilometri. Collaboro anche con Colnago e quando ho tempo partecipo alle manifestazioni ciclistiche”.

Non ti manca commentare le gare di ciclismo?

“Mi piaceva parecchio commentare, soprattutto quando ero affiancato da Gian Luca Giardini. Eravamo una coppia affiatata e in sintonia, tanto che ci veniva semplice parlare della corsa in modo molto spontaneo. Fortunatamente non sono uno che senza il mondo del ciclismo si sente sperduto, anche perché ho molti interessi, ma se mi dovesse capitare l’opportunità di poter rifare il commentatore non mi tirerei indietro”.

Vista la tua capacità di lettura delle corse, non hai mai pensato a fare il direttore sportivo?

“Sinceramente non ho mai preso in considerazione questa possibilità, anche perché quando ho smesso di pedalare avevo già in mente altri progetti. Ora son passati un po’ di anni e il ciclismo, soprattutto in queste ultime stagioni, è continuamente cambiato. Penso di non essere più aggiornato come una volta e oltretutto dovrei dedicare più tempo del solito, visto che non ho mai fatto il corso da direttore sportivo”.

Paolo Savoldelli con il campionissimo Eddy Merckx alla Pedalata col il Campione 2018 ( foto Bettiniphoto)

In cosa, in particolare, è “continuamente cambiato” il ciclismo?

“Sono cambiate tante cose. È mutato soprattutto il modo di preparare le corse, dall’alimentazione ai test, con tutti gli strumenti utili a misurare le prestazioni. Il ciclismo attuale, per certi punti di vista, è molto bello perché nelle competizioni emergono sempre i capitani o i migliori, mentre per altri, è meno spettacolare perché c’è meno spazio per la fantasia. Questo penso sia dovuto soprattutto allo sviluppo scientifico e il Team Sky ne è l’esempio. Nessuno più scatta perché sanno che non servirebbe a nulla, tutto viene calcolato nei minimi dettagli e gli altri riescono a mettere in crisi le squadre più forti solo quando queste sbagliano a far i conti o quando, durante la corsa, avviene un imprevisto”.

Pensi che oggi ci sia un corridore che ti somiglia?

“Attualmente non vedo nessun ciclista con le mie caratteristiche. Io ero un passista scalatore che andava parecchio bene in discesa. Proprio quest’ultima caratteristica mi ha permesso, in molte occasioni, di ribaltare la situazione in corsa. Non penso che esista oggi un corridore in grado di lottare per la vittoria di un Giro d’Italia capace allo stesso tempo di ottenere i distacchi che riuscivo ad avere io proprio sfruttando la discesa. Vincenzo Nibali è sicuramente in gamba e più di una volta si è messo in luce scendendo a tutta velocità, ma correndo spesso molti rischi e, in fin dei conti, senza raccogliere un vantaggio determinante. C’è da dire che anche i mezzi sono cambiati molto e forse c’è meno spazio di una volta per gli errori”.

Quando ti sei accorto di avere questa dote nell’affrontare le discese?

“Fin da piccolo, quando giravo con la mia bmx in Val Seriana, mi piaceva andare a pedalare tra i boschi con gli amici e spesso mi toccava, dopo aver fatto la discesa, star fermo minuti ad aspettarli. Inizialmente era solo un divertimento poi, quando ho iniziato a correre, soprattutto da juniores in poi, ho capito che questa mia dote poteva diventare un’arma utile per conquistare le vittorie. Ovviamente l’ho fatto solo quando ne valeva la pena, senza mai correre rischi eccessivi. Per allenarmi e migliorare, quando ero a casa, partivo con la mia bicicletta e scendevo verso Lovere, cercando di fare i due tornanti, posti poco prima del lago, senza toccare i freni. Raggiungere certe velocità non è mai semplice e ricordo ancora che in una gara da dilettante ho visto sul mio contachilometri i 111 km/h, anche se penso di aver raggiunto velocità superiori”.

Ripensando alla tua carriera invece, quale è stato il tuo più grande trionfo?

“Sicuramente il Giro d’Italia del 2005. Prima di tutto perché quel successo è stato una conferma della vittoria di tre anni prima e poi perché è giunto dopo due stagioni difficili dove, a causa degli infortuni, avevo corso poco. Ho vestito otto giorni la maglia rosa e abbiamo affrontato la tappa del Colle delle Finestre, risultata decisiva ai fini della classifica. Una grandissima soddisfazione, che ricordo con gioia, è stata anche terminare il Tour de France al mio primo anno da professionista. Poi, per assurdo, mi ricordo di più le corse vinte da dilettante, quando sognavo di passare nella massima categoria e mi immedesimavo nei miei idoli Miguel Indurain, Francesco Moser e Gianni Bugno”.

Paolo Savoldelli in maglia rosa al Giro d’Italia 2005 – Photo : Yuzuru SUNADA

 

Spesso hai fatto nello stesso anno Giro e Tour. Secondo te oggi è possibile conquistarli entrambi nello stesso anno?

“Può succedere, ma sarà sicuramente un fuoriclasse assoluto a riuscire nell’impresa e dovrà essere anche molto fortunato, perché intervengono sempre molti fattori o imprevisti in una gara a tappe. Sono pochissimi i corridori che possono puntare alla doppietta, ma in questo 2018 sia Chris Froome che Tom Dumoulin ci sono andati molto vicino. Io ho sempre corso il Giro da leader e al Tour partecipavo per conquistare una tappa e dar una mano alla squadra. Mi ricordo però che arrivavo all’ultima settimana molto stanco. Mi sarebbe piaciuto correre in Francia da capitano, anche perché il percorso si adattava di più alle mie caratteristiche, ma a quel tempo c’erano Jan Ullrich e Lance Armstrong che erano imbattibili”.

Cosa pensi del percorso del prossimo Giro d’Italia?

“Mi sembra ben disegnato e abbastanza bello. Personalmente sono molto contento che passerà vicino casa mia. La sedicesima frazione, da Lovere a Ponte di Legno, si preannuncia come la tappa regina per due motivi: la lunghezza e il fatto che si affronteranno due montagne sacre del ciclismo come il Gavia e il Mortirolo. Sarà una giornata molto difficile perché ci saranno più sfide: quelli che vorranno andare in fuga, quelli che lotteranno per la generale e quelli che dovranno rimanere entro il tempo massimo. Credo che attualmente Froome, Dumoulin e Nibali siano i tre corridori migliori nelle corse a tappe. Se, come ipotizzato, il primo andrà al Tour allora il siciliano e l’olandese potrebbero essere gli uomini da battere al prossimo Giro d’Italia”.

 

di Davide Pegurri Copyright © INBICI MAGAZINE

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