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PROTAGONISTI

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Sembrava un predestinato e, invece, qualcosa si è inceppato nella carriera del grimpeur bresciano. Che dice: “Riparto inseguendo il mio sogno: una tappa al Giro”

 

 

Questa è la storia particolare, un po’ avvincente e un po’ deludente, di uno scalatore umilissimo nato nel 1985 e capace di dominare, a soli 21 anni, una delle corse più dure del mondo: il Giro Ciclistico Internazionale della Valle d’Aosta. Sembrava un predestinato, ma purtroppo qualcosa non ha girato nel verso giusto. Grinta e carattere non mancano di certo all’esile scalatore bresciano che nel 2014 è rientrato tra i professionisti dopo un’annata di stop.

 

 

Alessandro Bisolti, nato a Gavardo 29 anni orsono: chi l’ha messa sul sellino e quando?

 

Ho iniziato da esordiente secondo anno, solo per poche corse alla fine della stagione. Un amico mi chiese di provare a correre e accettai. Mi dissero che per le corse sarebbe stato meglio aspettare l’anno successivo, ma mi invitarono comunque ad un allenamento. Durante uno strappo (che allora era una salita durissima!) rimasi da solo e cambiarono i programmi: ragazzo – mi dissero –  domenica tu corri! Fino alla soglia del dilettantismo, per me la bici era comunque un gioco: sempre prima la scuola poi, nel tempo libero, sci in inverno e bici d’estate, magari con qualche partita ai giardinetti a calcio con gli amici. Una cosa molto tranquilla insomma!

 

Alessandro Bisolti, 176 cm di altezza per poco meno di 55 kg: facile capire da questi dati le sue caratteristiche tecniche: scalatore. Ci parli di lei tecnicamente.

 

Peso poco e me la cavo in salita o nelle corse più impegnative. Diciamo che mi piace pedalare quando la strada s’impenna, mi dà più soddisfazione. Credo di aver sempre avuto un buon recupero e di essere stato sempre molto regolare. Infatti sono sempre andato bene nelle corse a tappe.

 

Ripercorrendo la sua carriera, le vittorie ottenute sono poche, ma una in particolare, ottenuta otto anni fa al Giro della Valle d’Aosta, sembrava poter rappresentare la rampa di lancio di una carriera che, di fatto, non le ha regalato quello che prometteva. Giusto?

 

Non ho mai vinto molto, ma davanti, soprattutto da dilettante, ci arrivavo quasi sempre, di piazzamenti ne ho sempre fatti un’infinità. Il Giro della Valle d’Aosta 2006 mi prospettava un futuro roseo e molte porte aperte. Poi purtroppo qualcosa non è andato nel verso giusto da professionista.

 

In quell’anno, il 2006, l’asso della Palazzago, Bisolti precedette in classifica un irlandese, un certo Daniel Martin (nipote di Stephen Roche, n.d.r.), che avrebbe poi vinto una tappa al Tour de France e la Liegi Bastogne Liegi. La classifica dei traguardi volanti andò a un giovanissimo belga: Greg Van Avermaet, che avrebbe poi vinto la classifica a punti alla Vuelta e un podio al Fiandre. Non le sale il nervoso solo a pensarci?

 

Eh già! C’erano tanti altri nomi di altissimo livello. A dire la verità un po’ sì, all’inizio mi innervosivo, però vedo anche il lato positivo: io li ho battuti e ne sono orgoglioso, e la mia vittoria con loro dietro vale molto di più. Poi comunque è nato anche un bel rapporto con loro, quando li incontro ci salutiamo ed ora, quando vedo che i miei avversari di allora arrivano davanti, la cosa mi stimola a cercare di arrivare ai loro livelli e, magari, di ritornare ai miei.

 

 

 

Dilettante di classe alla Palazzago, appunto. Le veniva tutto facile in quel periodo. I risultati le permisero di sognare in grande: cosa sognava il giovane Alessandro?

 

Sognava di diventare un bel corridore, magari un campione e di vincere il Giro d’Italia. In fondo sognare non è mai costato nulla a nessuno.

 

Un anno da stagista alla Tinkoff per “assaggiare” il mondo del ciclismo professionistico. Poi, finalmente, nel 2009 l’esordio “vero”. Come fu l’impatto?

 

Con la Tinkoff ho fatto le mie prime due corse da professionista: furono emozionanti! Alll’inizio mi sentivo un poco timoroso, catapultato in un mondo che guardavo solo da fuori e in TV. Poi, ascoltando il parere delle persone che mi seguivano, abbiamo deciso di rimandare il mio passaggio al professionismo che è poi avvenuto nel 2009. Avendo iniziato tardi a fare sul serio effettivamente avevo ancora molto da imparare. Dovessi tornare indietro però deciderei di passare subito e crescere tra i professionisti.

 

Furono anni importanti, tanto che nel 2010 partecipò al Giro d’Italia (74° in classifica generale, n.d.r.). Che esperienza fu, per un ragazzo semplice come lei, affrontare una corsa così complessa?

 

Già il fatto di esserci fu una soddisfazione enorme. Poi sono riuscito a farmi vedere con qualche bella azione, soprattutto grazie ad una fuga nella 14esima tappa vinta da NIbali, quella con il Monte Grappa da scalare. Mi trovai solitario al comando in diretta TV, con la gente che mi chiamava per nome, io con l’elicottero sopra la testa e le moto RAI, pensavo alla gente del mio paese a casa e nei bar davanti al televisore. E’ stata una giornata indimenticabile e magari con un po’ di fortuna avrei vinto una tappa e oggi staremmo facendo un altro tipo di intervista.

 

 

ALESSANDRO BISOLTI

 

Dal 2011 passò con Scinto alla Farnese, quindi al Team Idea, per concludersi con un anno “nero”, fuori dalle corse. Cosa successe?

 

Con Scinto e Citracca non saprei, credo di essere andato bene. Dovevamo fare un bel Giro d’Italia poi, all’ultimo momento, hanno fatto altre scelte così come anche a fine stagione. Nel ciclismo ci sta, fa parte del gioco. Con il Team Idea invece ero allettato da un bel progetto presentatomi da Davide Boifava che però non si è concretizzato e anzi è finito con la chiusura della squadra per quanto riguarda il mondo prof a fine stagione. Cosi non ho trovato un team per la stagione 2013 e ho smesso di correre. Però questo anno nero dal punto di vista sportivo mi è servito molto. Mi sono rimboccato le maniche ed ho imparato a lavorare, con mio padre, facendo il lattoniere. Poi ho ripreso in mano i libri e preso l’abilitazione alla professione di geometra che mi mancava dopo il diploma. Sono andato anche a convivere con la mia ragazza Sara ed abbiamo messo in cantiere il nostro capolavoro: Victoria, arrivata a gennaio!

 

Dopo il temporale arriva sempre il sole e quest’anno la Vini Fantini Nippo le ha dato una grossa possibilità, ovvero quella di rientrare tra i professionisti. Nel frattempo è anche diventato papà. Una seconda chance, una seconda vita e soprattutto tanta responsabilità in più. Cosa chiediamo a questo 2014?

 

Ho conosciuto Stefano Giuliani alla Farnese nel 2011, abbiamo instaurato subito un bellissimo rapporto, che è sempre continuato. Lui ha sempre creduto in me e, appena ne ha avuto la possibilità, mi ha chiesto se avevo voglia di scendere dai tetti e tornare a pedalare. Al 2014 chiediamo di recuperare il tempo perso, di ripartire con questo nuovo e ambizioso progetto e magari di vincere la mia prima corsa da professionista.

 

Ora risponda in maniera sintetica e decisa. Il giorno più bello della sua vita?

 

Sportivamente: la fuga al Giro 2010; in assoluto il 14 gennaio 2014: è nata Victoria.

 

Il suo sogno nel cassetto?

 

Stare bene con la mia famiglia, in serenità e tranquillità, regalando a familiari e amici qualche emozione in bici.

 

La sua corsa ideale?

 

Il Giro d’Italia.

 

La corsa che proprio non ama?

 

Tutte quelle in cui vado piano.

 

Il rimpianto più grande?

 

Direi non essere salito su qualcuno dei treni importanti che sono passati. Solo nella “vita sportiva” si intende.

 

Per uno scalatore come lei, forse il Giro rimane la corsa dei sogni. Noi le auguriamo naturalmente di poterlo riassaporare, come successe nel 2010. Quante probabilità ci sono di rivederla al via della corsa rosa?

 

Non saprei, io ce la metterò tutta, ci spero e sono ripartito per tornarci.

 

Fonte  PAOLO MEI Copyright © INBICI MAGAZINE

 

 

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